Il delitto d’onore e il matrimonio riparatore (seconda parte)

   di Avv. Dario Antonacci (Cultore della Materia in Diritto Notarile nell’Università degli Studi di Bologna)

(continua) Ebbene, tutte le norme che sanzionavano i delitti appena sopra citati per i quali poteva operare la speciale causa di estinzione del reato del matrimonio riparatore venivano abrogate dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 recante “Norme contro la violenza sessuale” provvedimento normativo che ha, contestualmente, introdotto le nuove e più recenti forme delittuose relative alla violenza sessuale, ricomprendendole nella sezione “Dei delitti contro la libertà personale”, vale a dire dall’art. 609 bis c.p. e seguenti.

Indicativo appare che i delitti per i quali operava la causa di estinzione del matrimonio riparatore e, in particolare, il delitto di violenza carnale, allora erano previsti e puniti ai sensi dell’art. 519 c.p. e seguenti.

Difatti, questi erano inseriti all’interno del codice penale, come detto, nel capo dedicato ai delitti contro la moralità pubblica e il buon costume e, dunque, non venivano considerati come delitti contro la persona. Solo con l’approvazione della legge n. 66 del 1996 il delitto di violenza sessuale verrà inserito nella parte del codice penale dedicata ai reati contro la persona così da trovare il giusto collocamento all’interno del codice penale medesimo.

Al fine di meglio comprendere le tipologie delittuose in ordine alle quali era potenzialmente operativa la causa di estinzione del reato per l’intervento del matrimonio riparatore pare doveroso specificare come il legislatore con il termine “ratto” voleva indicare l’azione tramite la quale un soggetto sottraeva o tratteneva presso di sé un altro soggetto.

Per contro, costituisce “atto di libine” qualsiasi atto di manomissione del corpo altrui, non già soltanto nelle parti intime, diverso dalla congiunzione carnale e suscettibile di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione, che il soggetto attivo abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica1.

Nella sostanza, con la previsione di cui all’art. 544 c.p., oggi abrogato, veniva prevista la possibilità per il soggetto che poneva in essere la violenza carnale o le ulteriori ipotesi delittuose come sopra meglio detto, di restituire, alla donna che aveva subito la violenza, l’onore di cui questa era stata privata con la violenza medesima, sposandola.

Sempre nell’ottica del concetto di onore, come sopra passato in rassegna, paradossalmente, l’unico modo di riappropriarsi del proprio onore per la donna violata era quello di acconsentire al matrimonio con il proprio violentatore, addivenendo, così, al matrimonio riparatore.

La legge, con tale previsione, se è vero, come detto, che, da un lato, consentiva in un certo qual modo alla donna violentata e alla famiglia di ella di riappropriarsi, seppur solo idealmente, del proprio onore, dall’altro, consentiva al violentatore di estinguere il reato e, qualora, medio tempore, fosse intervenuta sentenza di condanna, il matrimonio riparatore faceva cessare l’esecuzione della pena e tutti i conseguenti effetti penali della condanna stessa.

Addirittura, l’intervento del matrimonio riparatore tra la vittima della violenza e il suo stupratore estingueva il reato anche nei confronti di eventuali ulteriori soggetti che avevano concorso nel reato medesimo con il coniuge stupratore.

La percezione della vergogna per la perdita dell’onore non riguardava solo la diretta interessata che, nella pluralità dei casi, era minorenne, bensì anche i familiari di questa, i quali sollecitavano quanto più possibile il matrimonio riparatore nei confronti del quale riponevano le proprie uniche speranze di ripristinare il proprio onore e quello della loro familiare vittima della violenza.

Segnatamente, la condotta sessuale della donna risultava determinante affinché venisse garantito anche l’onore della famiglia.

Questo anche perché, sempre per via della mentalità tipica di quel periodo, non essendo più la ragazza illibata, la stessa sicuramente avrebbe incontrato non poche difficoltà a trovare un uomo disposto a sposarla, dopo la violenza subita.

Ovviamente la concezione della donna, purtroppo, non era la stessa dei giorni nostri.

Fermo restando quanto sopra, sebbene già nel 1930, anno di adozione del vigente codice penale e, nello specifico, dell’art. 587 c.p. che disciplinava il delitto d’onore nonché dell’art. 544 che disciplinava il cosiddetto matrimonio riparatore, le dette norme non venivano viste di buon occhio e nonostante i molteplici tentativi di abrogazione, tanto del delitto d’onore quanto delle ulteriori norme sempre connesse all’onore, nel corso degli anni non andati a buon fine, solo nel 1981 venivano giuridicamente abrogate le norme in parola e, quindi, a distanza di oltre 50 anni dall’adozione del codice Rocco.

Ordunque, l’abrogazione venne determinata a seguito dell’approvazione della legge 5 agosto 1981, n. 442 recante norme in materia di “Abrogazione della rilevanza penale della causa d’onore”, pubblicata nella G.U. n. 218 del 10 agosto 1981.

Giustappunto il provvedimento normativo abrogativo, come emerge dal nomen iuris si poneva come obiettivo quello di abrogare tutte quelle norme che, a vario titolo, nel tempo avevano giustificato la commissione di determinati delitti e che, in qualche modo, avevano permesso di beneficiare di pene più lievi e, quindi, più miti solo ed esclusivamente perché il soggetto aveva agito per difendere il proprio onore o l’onore della sua famiglia.

Dalla lettura della legge da ultima menzionata testualmente emerge l’abrogazione dell’art. 544 c.p. disciplinante la “Causa speciale di estinzione del reato”, vale a dire il matrimonio riparatore, dell’art. 587 disciplinante, come visto, i delitti di “Omicidio e lesione personale a causa di onore”, ossia il delitto d’onore e, infine, veniva abrogato anche l’art. 592 c.p. disciplinante, a sua volta, il delitto di “Abbandono di un neonato per causa di onore” delitto che sanzionava, con pene più lievi, colui il quale, per motivi di onore, suo o di un proprio congiunto, abbandonava un neonato, subito dopo la nascita.

In altri termini, con l’entrata in vigore della legge 5 agosto 1981, n. 442 e con la conseguente abrogazione della rilevanza penale della causa d’onore veniva definitivamente escluso, dall’ordinamento giuridico italiano, un trattamento di favore, quantomeno sotto il profilo sanzionatorio, al reo che commetteva tutta una serie di delitti per difendere l’onore suo o di un di lui familiare.

Invero, non essendo più contemplata dall’ordinamento giuridico nostrano la causa d’onore il soggetto che commette un determinano delitto dall’entrata in vigore della legge n. 442 del 1981 non può più beneficiare dell’applicazione del regime sanzionatorio favorevole anche se questi è stato mosso, nella commissione del delitto, da causa di onore.

La coscienza e le esigenze sociali hanno indotto il legislatore a propendere per una scelta nella direzione in cui la causa d’onore non trovasse più spazio, quale scusante e quale motivo di applicazione di pene più lievi, nel nostro ordinamento giuridico, segnando un’evoluzione giuridica sperata e desiderata da lungo tempo. (fine)

1° cfr. Corte di Cassazione, Sez. III, 30 settembre 1986, Torelli in Cass. Pen. 1988, 250.

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