Una giornata troppo particolare (seconda e ultima parte)
(..continua..) Entrò nella mia camera mia cugina Silvia con il vestito, era proprio bello, di seta avorio, semplice ma molto raffinato. Lo infilai emozionata ma subito mi resi conto che c’era qualcosa che non andava, mi guardai allo specchio, il bustino era tutto storto, la sarta aveva cucito una coppa reggiseno in verticale e una in orizzontale! Imbestialita cominciai ad inveire «Zitta, devi fare la comunione!» Mia madre cercava di calmarmi. Mia cugina con attenzione e con l’abilità di un chirurgo, riuscì a scucire e a ricucire nel verso giusto la coppa, senza che mi sfilassi l’abito, dall’apertura laterale della lampo. Silvia, dopo l’operazione, grondava sudore da tutti i pori, anch’io avrei avuto bisogno di un’altra doccia! Guardavo con terrore la lancetta dell’orologio che scorreva troppo velocemente. I contrattempi si moltiplicavano. Ero forse la prima sposa ad “acconciarsi” i capelli da sola, il mio parrucchiere “snob” si era rifiutato di venire a pettinarmi a casa. Passai spazzola e phon per allisciare i capelli e poi ingaggiai una lotta furibonda con la gigantesca orchidea rosa. «Come faccio a sistemarmi questo carciofo in testa! Ha il gambo troppo largo, non ho fermacapelli adatti. Dovrò infilarmi almeno dieci forcine!» Mentre continuavo a rendermi presentabile, come la consuetudine richiedeva, arrivavano notizie poco rassicuranti ed esclamazioni di disappunto. «Dannazione, si è allagata la strada!» «Hanno telefonato gli zii di Vasto da una stazione di servizio in autostrada, non possono proseguire, manca la visibilità per la pioggia sferzante!» «Accidenti, mi hanno messo nella scatola due scarpe destre!» «Maledizione, il sarto mi ha accorciato troppo i pantaloni, sembro Jaque Tatis!» «Dov’è il fondotinta, mi si sta spellando il viso, che mi ha combinato l’estetista!» Il povero fotografo, fradicio di pioggia, si aggirava nel bel mezzo di un “vero e proprio manicomio” con l’intenzione di immortalarmi prima che uscissi di casa, ma non gli diedi questa soddisfazione! Odiavo le pose convenzionali e poi ero in ritardo, dovevamo partire per Roseto. Mi affacciai alla finestra, Via Mazzini era invasa da un fiume, più che di una macchina avrei avuto bisogno di un motoscafo! Per grazia ricevuta, l’auto da cerimonia che avevamo noleggiato, riuscì a “navigare” fin sotto casa. La portiera del palazzo, bontà sua, aveva allestito un camminamento con delle cassette di frutta capovolte, dal portone fino alla macchina per non farmi bagnare l’abito. Fu una vera e propria impresa percorrere indenne con i miei trampoli quella provvidenziale passerella! Un fratello di mia madre, con la famiglia, non sapendo dov’era la chiesa, ci avrebbe aspettati lungo la riviera per accodarsi al corteo nuziale. Mio cugino, il testimone, salì, insieme al fotografo, in macchina di una mia amica. Di questi due equipaggi si erano perse le tracce, arrivarono a destinazione alla fine della cerimonia. Mio zio, a causa della pioggia che appannava i vetri delle auto, si accodò ad un altro corteo nuziale, ma se ne rese conto solo quando, arrivato a destinazione, andò a salutare la sposa! Mio cugino e il fotografo, particolare non trascurabile, furono dirottati dalla mia amica, poco esperta di autostrade, nella direzione opposta a quella della chiesa. Arrivai a Santa Maria di Propezzano con trenta minuti di ritardo, come per incanto aveva smesso di piovere però non si poteva ancora entrare in chiesa perché il fioraio aveva iniziato da poco ad addobbarla a causa del violento acquazzone che gli aveva impedito di prelevare le composizioni floreali dal furgone. Ansioso di diventare mio marito e, preoccupato per il ritardo, Giorgio corse ad aprirmi la portiera dell’auto, fu in quel preciso istante che esclamai «Le mie orchidee!» Erano lì, in bella mostra, appuntate sul taschino del mezzo tait di Giorgio e di suo padre! Avrei voluto dirgli quello che stavo pensando in quel momento, ma la saggezza di mia madre ebbe il sopravvento. «Voleva acconciarsi anche lui, è proprio bello, dopo la cerimonia farete a scambio, ora però lo sposo deve andare ad aspettarti all’altare!» Intanto l’organista, disperato, venne a comunicarci che era saltato l’impianto elettrico per il forte temporale e le musiche che avevamo accuratamente scelto per la cerimonia andavano a farsi benedire! Quasi tutti gli invitati, compreso lo sposo, avevano la radiolina all’orecchio, pronti ad esultare per eventuali goals del Pescara. Qualcuno cominciava a far notare l’assenza dei due equipaggi «Manca Sergio, il testimone, ma che fine hanno fatto, manca anche il fotografo!» «Speriamo non sia successo niente!» Mia zia, la Cassandra, sembrava una trottola impazzita, girava fra tutti gli invitati a chiedere notizie. «Avranno sbagliato strada, qualche contrattempo, non vi allarmate, le brutte notizie arrivano in fretta!» Prevalse il buonsenso, optammo per l’ipotesi dell’errore di percorso. Se ci fosse stato il cellulare, avrei sentito le imprecazioni di mio cugino che era stato portato a Chieti e insieme a lui il fotografo che non avrebbe potuto svolgere il suo lavoro. Il sacerdote, contrariato per il ritardo già accumulato, entrò in chiesa per iniziare il rito «Vuol dire che si cambia il testimone.» Lo zio Paolo si prestò alla sostituzione, ma il fotografo? «Pazienza! Se arriverà scatterà delle foto alla fine.» Sante parole! Il fotografo arrivò proprio alla fine e, come in un fotoromanzo, simulammo delle pose dello scambio degli anelli, del bacio alla sposa, della firma sul registrone. Solo l’uscita dalla chiesa fu fotografata in diretta. In quel preciso istante fu ripristinata la corrente e il “Chiaro di luna “ di Beethoven ci accompagnò verso il chiostro per le foto di gruppo. Anche il fratello di mia madre arrivò in tempo per la foto di rito con gli sposi. Il buonumore cominciò a serpeggiare tra gli invitati, il Pescara aveva vinto il primo spareggio! Gli stomaci, tenuti “leggeri” cominciavano a brontolare; tutti alla volta del ristorante. La splendida terrazza dell’Esplanade era stata devastata dal nubifragio, la cena fu allestita in una sala interna. Saluti, baci, abbracci, ma «Il padre dello sposo dov’è? Dov’è don Vittorio?» Molti invitati, a causa del maltempo ci aspettavano direttamente al ristorante. Mio suocero, “don Vittorio”, di ritorno da Roseto, afflitto da un insopportabile mal di piedi, pensò bene di fare un salto a casa per cambiarsi le scarpe, prima di raggiungerci al ristorante. «E don Vittorio?» La curiosità degli invitati era incontenibile. Un cameriere, desideroso di rendersi utile, esaudì le “richieste” degli invitati «Don Vittorio è andato a Perugia a vedere la partita del Pescara.» «Ma come, il padre dello sposso è andato a vedere….» «Chiedo scusa, si tratta di un equivoco – il cameriere imbarazzato – mi riferivo al direttore dell’albergo, don Vittorio» Risate generali, mentre dall’ascensore spuntava trafelato mio suocero. La cena nuziale andò avanti per alcune ore, non saprei dire quante e non ricordo neanche cosa fu servito, mi muovevo fra i tavoli come un automa, con un sorriso di convenienza stampato sul viso, frastornata dalle solite frasi stereotipate degli invitati. Avevo i piedi anestetizzati, i trampoli avevano sortito il loro effetto, volevo andarmene via, tutto cominciava ad infastidirmi. Sgattaiolai nella stanza dell’albergo per togliermi l’abito da sposa e infilarmi quello di seta a fiori che avevo fatto realizzare per la partenza. Ma i contrattempi non erano ancora finiti. «Ma è trasparente! La sarta non lo ha foderato, e io non ho portato il reggiseno, non posso uscire a salutare così!» Mia madre si tolse lo scialle e me lo avvolse intorno alle spalle «Non fa “pendant” ma ti salva da sguardi indiscreti!» Interminabili i convenevoli, esagerati gli abbracci e i baci, ero sfinita! Neanche dovessimo andare in guerra! Conquistammo a fatica la via d’uscita e la nostra “libertà”! Sto sfogliando il mio album fotografico semi “farlocco”, molti di quei volti sorridenti non “sorridono più”, le immagini diventano sfocate, le lacrime distorcono e offuscano i lineamenti. Solo un volto è nitido e indelebile nel mio cuore e nella mia mente, la mia dolce e saggia mamma.