La Dichiarazione dei diritti del fanciullo (seconda parte)
a cura del Dott. Dario Antonacci
(continua) Il secondo principio, invece, è del seguente tenore: il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione godendo di possibilità e facilitazioni, anche in base alle leggi o in base ad altri provvedimenti, di modo che il fanciullo stesso sia in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale, sociale e in condizioni di libertà e di dignità. In tal senso, nell’adozione delle leggi, a tal fine previste, la considerazione determinante deve essere del fanciullo.
Segnatamente, il terzo principio, sebbene risulta particolarmente conciso, prevede un imprescindibile diritto. Difatti, viene previsto che il fanciullo ha diritto, sin dalla sua nascita, sia ad un nome che ad una nazionalità.
In riferimento al quarto principio, l’Assemblea Generale dell’ONU, ha deliberato che il fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale. Il fanciullo, inoltre, deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. La stessa deliberante, a tal fine, ha previsto che devono essere assicurate, al fanciullo medesimo ed alla madre dello stesso, le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita. Parimenti, al fanciullo è riconosciuto il diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi ed a cure mediche adeguate.
In merito al quinto principio viene stabilito che il fanciullo, il quale si trova in una situazione di minorazione fisica, mentale o sociale, ha diritto di ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui abbisogna per via del suo stato o della sua condizione.
Mediante il sesto principio, diversamente, posto a tutela dello sviluppo armonioso della personalità del fanciullo, si sottolinea il bisogno di amore e comprensione. Il fanciullo, infatti, deve, per quanto possibile, crescere sotto le cure e le responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in una atmosfera d’affetto e di sicurezza tanto materiale quanto morale. Alla stessa stregua e salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. A ciò si aggiunga che la società ed i pubblici poteri hanno il dovere di cura particolare dei fanciulli senza famiglia e di quelli che non hanno sufficienti mezzi di sussistenza. Sempre relativamente al sesto principio, viene evidenziata la necessità che alle famiglie numerose siano concessi sussidi statali o altre provvidenze per il mantenimento dei figli.
Quanto al settimo principio, pare doveroso precisare che mediante tale previsione viene enucleato il diritto del fanciullo ad una educazione che, almeno a livello elementare, deve essere gratuita e obbligatoria. Il riconoscimento del diritto testé menzionato deve contribuire alla formazione della cultura generale consentendo, al fanciullo stesso, in una situazione di eguaglianza sotto il profilo delle possibilità, di sviluppo delle sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, affinché questi diventi un membro utile alla società.
A conferma di ciò, il superiore interesse del fanciullo deve fungere da guida per coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento. In primo luogo, le menzionata responsabilità incombe sui genitori del fanciullo.
In conclusione, mediante il principio de quo, viene riconosciuto al fanciullo il diritto di avere tutte le possibilità di dedicarsi ai giochi ed alle attività ricreative che devono essere comunque orientate a fini educativi, invocando ogni sforzo per favorire tal diritto da parte della società e dei pubblici poteri.
Nondimeno, con l’ottavo principio viene posta l’attenzione sulla preminenza che con la Dichiarazione in parola viene riconosciuta al fanciullo. Invero, viene deliberato che il fanciullo, in tutte le circostanze, deve essere tra i primi a ricevere protezione e soccorso.
Parimenti, il nono principio, prevede che il fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà o di sfruttamento. Nondimeno, esso, non deve essere sottoposto a nessuna forma di tratta e, allo stesso modo, non deve essere inserito nell’attività produttiva prima di aver raggiunto un’età minima adatta. Di riflesso, viene stabilito che, il fanciullo, in nessun caso deve essere costretto o autorizzato ad assumere una occupazione o un impiego che possano nuocere alla sua salute o che ostacolino il suo sviluppo fisico, mentale e morale.
L’ultimo principio, il decimo, infine, sancisce che il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa nonché ad ogni altra forma di discriminazione di qualsivoglia genere. A tal riguardo, lo stesso, deve essere educato con uno spirito di comprensione, tolleranza, amicizia fra i popoli, pace, fratellanza universale e, dunque, nella consapevolezza che il fanciullo medesimo deve consacrare la sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili.
Fermi restando, quindi, i principi sopra analizzati, la “Dichiarazione dei diritti del fanciullo” è stata revisionata a seguito della firma da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU, come da risoluzione
n. A/RES/44/25, avvenuta nel 1989, sempre in data 20 novembre -data in cui ricorre la Giornata Universale del Bambino-, della “Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” che è stata ratificata da oltre 190 nazioni, tra cui anche l’Italia, la quale ha provveduto a ciò mediante l’approvazione della legge 27 maggio 1991 n. 176.
La detta Convenzione, composta da 54 articoli e da 3 protocolli opzionali, riconosce formalmente i bambini quali soggetti titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici e ci fornisce, altresì, ex art. 1, la definizione di fanciullo, che è la seguente: “[…] ogni essere umano in età inferiore ai diciotto anni, a meno che secondo le leggi del suo Stato, sia divenuto prima maggiorenne”.