La strana storia del Liceo Marconi
La strana storia del Liceo Marconi
di arch. Giuseppe Di Giampietro (digiampietro@webstrade.it)
1. Una strana storia. C’è un Liceo a Pescara, costruito negli anni 70, che si è continuato ad espandere con nuovi blocchi, fino al 2003. Ora conta nove blocchi collegati, intorno a cortili alberati e siepi. È in buone condizioni, pulito, senza umidità né degrado, luminoso, immerso nel verde, dotato di attrezzature ed impianti, tra le migliori scuole di Pescara. È il Liceo Marconi, linguistico, scienze umane, ed economico sociale. Frequentato da 1.500 alunni, in maggioranza ragazze, che vengono da tutta la provincia, oltre a 200 addetti tra docenti e altro personale. Una piccola città. Non si capisce perché una tale buona scuola, tra le migliori di Pescara, su cui si è investito per anni, di oltre 9.500 mq di aule e laboratori, del valore di oltre 19 milioni di euro, debba oggi essere demolita e ricostruita ex-novo, per realizzare una serie di nuovi capannoni industriali, in buona parte prefabbricati, di ampie dimensioni, di forma compatta, ma bui, con concentrazione di accessi e servizi, e nuovi fattori di rischio. Una scuola nuova che non si avvicina minimamente alla qualità della scuola attuale che si vuole demolire, fatta, quest’ultima, di corpi aperti alla luce, all’aria e al verde.
2. Il progetto e gli appalti, una “Blitzkrieg” evanescente. Dopo il progetto del 2014, che prevedeva l’adeguamento della scuola esistente, ed il finanziamento, nel 2018, della prima versione del progetto di riqualificazione, partono una serie di scelte tecniche e procedurali che ne sconvolgono il destino. Il 22 Ottobre 2020 la Provincia di Pescara, a seguito di una procedura di gara particolarmente esclusiva, che pare vada deserta, dà l’incarico di progettazione ad un nuovo gruppo di tecnici torinesi specialisti del settore. Il 10 Novembre 2020 (19 giorni dopo l’incarico) i tecnici rimettono uno studio di fattibilità che propone la demolizione totale del
Marconi e la sua ricostruzione, facendo passare il budget da 7,8 Mln a 15,2 Mln di euro. Il 26 Novembre (16 giorni dopo) essi presentano il progetto definitivo per i primi 2 dei 4 nuovi corpi di fabbrica. Costano 7,8 Mln di euro, come il finanziamento ottenuto, ma ospiteranno solo 1000 dei 1500 alunni. Per gli altri 500 non ci sono né i finanziamenti, né il progetto definitivo. Ma intanto questo progetto prevede, da subito, la demolizione totale dell’intera scuola e la delocalizzazione di 1700 persone, senza alcuna indicazione sulla loro destinazione. Ciò nonostante, il progetto definitivo del primo lotto viene approvato dalla Provincia il 30 Novembre, senza nemmeno attendere il Nulla Osta della Regione Abruzzo, per cambiare l’oggetto del finanziamento, da adeguamento a demolizione e ricostruzione. Il
Nulla Osta arriverà 4 giorni dopo, a fatto compiuto, il 4 Dicembre 2020. Pilatescamente, la Regione autorizza il cambiamento ma si lava le mani dagli esiti e dalle conseguenze future della scelta. Autorizza il cambiamento, “ma a condizione che
rimanga invariato l’ammontare degli importi a suo tempo ammessi a finanziamento”.
Come se non avessero capito che il progetto stava passando da 7,8 a 15,2 Mln di euro e non stava riqualificando la scuola esistente, ma ne avviava la completa demolizione per una ricostruzione parziale.
3. Le decisioni operative condizionate da indiscusse scelte tecniche. Il progetto di ammodernamento era nato nel 2014, come adeguamento sismico, antincendio e infrastrutturale da 7.8 Mln di euro. Si trattava di adeguare la scuola, alle esigenze di sicurezza e dotazione di reti e servizi. Non di demolirla. Viene finanziato nel 2018 per quella cifra ed ottiene anche un secondo finanziamento da 400mila euro per la progettazione definitiva ed esecutiva. Il procedimento rimane inattivo fino ad Ottobre 2020, e da quel momento subisce un’accelerazione inattesa, bruciante, irragionevole, inappellabile, condotta da un limitato gruppo di tecnici, che hanno il monopolio dei dati e delle certezze, prendono la direzione della demolizione e nuova costruzione, senza contraddittorio, senza valutazione di alternative, senza confronto e trasparenza, ed impongono il proprio diktat a politici, decisori, docenti e utenti della scuola, condizionandolo con affermazioni perentorie e unidirezionali sulla sicurezza sismica e l’impossibilità di alternative di azione.
3. Una serie di paradossi. Secondo i tecnici, “non è economicamente sostenibile” riqualificare la scuola. Costa troppo adeguarla dal punto di vista sismico, antincendio, delle reti. Meglio demolire e ricostruire.
3.1 Ma, proprio con la demolizione e ricostruzione il costo dell’intervento aumenta da 7,8 a 15,25 milioni di euro, a prescindere da qualsiasi sostenibilità economica.
3.2 In poche paginette di una relazione giustificativa si sostiene che riqualificare la scuola “costerebbe troppo”, perché occorrerebbe intervenire sulle strutture, il loro collegamento, le fondazioni, l’adeguamento strutturale. Meglio demolire e ricostruire, Salvo poi ammettere che l’adeguamento, a costi parametrici, costerebbe meno che demolire e ricostruire. Ma solo poco di meno. “Il costo complessivo presunto di un intervento (di riqualificazione dell’esistente) è infatti di poco superiore ad € 12.340.000,00 per lavori, a fronte di un costo presunto di demolizione e ricostruzione di circa € 12.500.000,00 per lavori”. Solo 160mila euro in meno. Ma senza considerare gli ulteriori 566mila euro, da noi stimati, di danni al patrimonio verde distrutto dall’intervento di demolizione e ricostruzione, che da solo porterebbe il bilancio dell’operazione a 726mila euro di costo in meno dell’intervento di riqualificazione rispetto alla demolizione e ricostruzione.
3.3 L’intervento di demolizione e ricostruzione è motivato, per i progettisti, dalle nuove Norme Tecniche delle Costruzioni, del 2018, che hanno reso più severe le richieste di adeguamento sismico rispetto a quelle precedenti su cui era stata fatto il progetto di adeguamento. Dunque, oggi, le nuove NTC imporrebbero la demolizione e ricostruzione invece della riqualificazione dell’esistente, Come dire che oggi è meglio demolire tutta l’Aquila e fare delle new town, per rispondere alle nuove norme tecniche antisismiche. Infatti si è visto quanto siano migliori e affidabili i nuovi edifici industrializzati antisismici, e quanto poi fanno una città.
3.4 Secondo i rilievi e le prove di carico su campioni delle strutture esistenti, fatte nello studio del 2014 e riusate nel 2020, 3 corpi di fabbrica su 9 dell’attuale edificio, hanno materiali, cemento e ferro, di bassa qualità, con resistenza strutturale insufficiente che non possono essere recuperati. Si dovrebbero demolire. Sono 1/3 dell’intero complesso. Tanto vale demolire tutto il complesso.
3.5 Tra le affermazioni apodittiche della Relazione comparativa, che giustificano la demolizione totale e ricostruzione, ce n’è una sulle finestre a doppia altezza di una parte dell’attuale edificio. “La presenza, in zone destinate a percorsi distributivi, di pareti finestrate tipo “facciata continua” a doppia altezza, aventi caratteristiche e capacità prestazionali strutturali e di isolamento termico gravemente insufficienti, costituiscono elevato fattore di rischio in caso di azioni sismiche e consistente dispersione energetica”. Si potrebbero sostituire gli infissi esistenti con finestrate di migliore qualità. Tanto più che nel nuovo progetto si prevedono dei cavedi sepolcrali di 1,5 x 8,5 m di tripla altezza, che dovrebbero illuminare ed aerare i corpi scala interni. Ma, secondo i progettisti, non si possono sostituire gli infissi. Occorre demolire e ricostruire l’intera struttura.
3.6 Si descrivono misteriosi e terribili effetti sismici potenziali “di martellamento” dei 9 corpi di fabbrica esistenti, scollegati tra di loro, escludendo la possibilità di poter riconnettere con giunti strutturali a cerniera le estremità degli edifici esistenti, come ulteriore argomento per sentenziare la necessità dell’abbattimento dell’intero complesso.
3.7 In maniera terroristica e catastrofica si descrivono le strutture degli edifici esistenti come “sottoposti all’azione costante dell’aggressività ambientale”. Certo essendo gli edifici a Pescara, saranno sottoposta alla malefica azione del mare, come tutta la città e tutti gli edifici. “La quasi totalità dei calcestruzzi indagati è apparsa infatti in avanzata fase di carbonatazione”. Affermazioni terrorizzanti, anche se riutilizzano i dati degli studi fatti nel 2014, letti in una chiave nuova, di cui non c’è evidenza documentata né percezione delle condizioni degli edifici attuali.
3.8 Dall’altro canto, a fianco all’ineluttabile decadimento della struttura esistente, esiste la avvenente bellezza ed efficienza della nuova scuola proposta: sicura da un punto di vista sismico, efficiente dal punto di vista energetico, funzionale dal punto di vista morfologico, bella nella sua modernità. Salvo poi scoprire che, si costruiranno dei capannoni industriali quadrati di 27×27 m di lato, con tutta la parte centrale senza aria e luce, servita da uno scalone centrale con mini-chiostrina di 1,3×8,5 m, con una sola scala di sicurezza esterna per 375 persone per piano. In caso di incendio lo scalone centrale con chiostrina diventerebbe un camino di fumo, l’eventuale blackout elettrico la renderebbe una camera oscura piena di fumo. Non vogliamo pensare a cosa potrebbe succedere in caso di incidente con necessità di evacuazione.
3.9 In quanto a bellezza poi… Le controfacciate in alluminio traforato, per cui si vedrà l’esterno come in un carcere, con pannellature casualmente colorate, che hanno fatto dire ad uno studente “Sembra la parete della mia camera, tutta piena di post-it attaccati”. L’uso abbondante di componenti metalliche, prefabbricate, lontane dalla tradizione costruttiva locale e dall’impiego di materiali naturali, ne fanno degli edifici amorfi, senza alcun rapporto con il luogo, il sito, le tradizioni costruttive locali, che potrebbero stare indifferentemente a Bolzano, Palermo… o Pescara.
3.10 A questo si aggiunga poi che non c’è stata alcuna analisi del complesso scolastico nel contesto urbano ed ambientale attuale, tanto che non esiste alcun rilievo del verde e delle alberature esistenti, e verranno abbattuti 50 alberi di circa 40 anni di vita dei 57 esistenti, né il progetto del nuovo edificio esprime consapevolezza del sistema circolatorio e degli accessi della scuola nel quartiere attuale, tanto da concentrare tutto il traffico sull’attuale congestionata via Marino da Caramanico, e realizza una nuova strada da 5,50 m di larghezza per servire 28 parcheggi interni ma prevede nuovi marciapiedi intorno all’edificio di 1,20 m di ampiezza, che costituiranno barriera architettonica.
3.11 Diversamente, la scuola attuale, articolata in 9 blocchi, con aule e corridoi aperti alla luce e al vento, con alberi verde, cortili ombrosi e 4 scale di sicurezza esterne, appare si da adeguare, ma non da demolire. Molto migliore dei capannoni carcerari che si vogliono costruire per rispondere alle nuove norme. Dunque, perché allora spendere (tanto) di più per avere una scuola-carcere che distruggerà
la scuola vecchia ed il parco, abbattendo 50 alberi e 110 m di siepi?
3.12 Che dire poi degli aspetti procedurali, poco trasparenti e non documentati, di bandi di gara esclusivi tagliati su concorrenti preselezionati, di appalti per lavori da oltre 15 milioni di euro, da bando europeo, gestiti con procedura d’urgenza in 15 giorni, spacchettati in importi inferiori e fasi di avanzamento, vinti da un’impresa locale che subappalta poi all’esterno tutte le opere?
4. Una storia preoccupante, quella della demolizione del Liceo Marconi di Pescara. In cui un gruppo di tecnici, adducendo motivazioni indiscutibili e indiscusse, di sicurezza ed efficienza degli edifici, senza confronto e contraddittorio, senza pubblicare tutti gli atti, e quindi senza un adeguato controllo pubblico dei contenuti e delle procedure, orienta e condiziona la decisione dei politici e decisori responsabili nella direzione di un aumento della spesa, della distruzione di un patrimonio pubblico esistente, con la conversione di un progetto di riqualificazione ed adeguamento dell’esistente, in uno di demolizione totale e ricostruzione, tra l’altro, rifiutando ai responsabili della scuola, futuri utenti del servizio e delle opere, la partecipazione alla Conferenza dei Servizi istruttoria dell’8 Luglio 2021. E tutto questo per realizzare dei nuovi edifici che poco hanno della articolazione tipologica, della luminosità e apertura al verde e alla luce dell’edificio attuale, che non è un compatto edificio per uffici, ma uno spazio articolato e organico per l’educazione e l’apprendimento.
5. Da ultimo, non è possibile tacere, il legittimo sospetto che l’intero processo decisionale sia stato condizionato da una mancanza di trasparenza, controllo pubblico e partecipazione dei cittadini, in presenza di un evidente conflitto di interessi
di progettisti e tecnici dell’ente, che vengono pagati a percentuale del costo di costruzione, e nell’incapacità dei politici di assumersi la responsabilità di una proposta innovativa. Forse per la paura dei decisori di perdere i finanziamenti. Forse per il ricatto dell’accusa di non sapere rispondere al tema esclusivo della pseudo-sicurezza sismica, antincendio e infrastrutturale?
6. Ma esistevano delle soluzioni alternative. Abbiamo proposto di costruire altrove la scuola nuova e usare poi quella come scuola-parcheggio per ospitare le classi durante la riqualificazione del vecchio Marconi, e di tutte le altre scuole che si dovranno ristrutturare. È mancato finora un piano di riqualificazione delle strutture esistenti? Cambiamo i piani, a cominciare dal Marconi. Ma nessun decisore ha raccolto la proposta. Troppo difforme dalla procedura ordinaria. Ma la procedura ordinaria sta per *distruggere due scuole*: l’edificio attuale del Marconi, un’ottima scuola di soli 50 anni, e la comunità scolastica del Marconi da 1700 persone, dispersa in una diaspora decennale senza un luogo dove riconoscersi. Non possiamo accettarlo.
Read More I documenti di progetto e altri materiali si possono scaricare dal sito www.webstrade.it/marconi/ NOTA. Le considerazioni qui contenute sono state la base per un Esposto-Denuncia alla magistratura e ad altri organi di controllo, sulla vicenda, da parte di un gruppo di docenti e tecnici.