La tutela dei diritti dei consumatori (prima parte)
del Dott. Dario Antonacci
(Giurista e Cultore della Materia
in Diritto Notarile nell’Università
degli Studi di Bologna)
I consumatori rappresentano quella categoria di soggetti che, nel loro complesso, come si evince dal nome stesso, sono dediti al consumo di beni e servizi.
Nell’ordinamento giuridico italiano, il primo provvedimento normativo a carattere unitario che si è occupato dalla disciplina dei negozi giuridici che rientrano nell’alveo dei contratti dei consumatori e, in particolare, di fornire una apposita tutela alla figura del consumatore stesso si rinviene nel Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206, anche conosciuto come “Codice del consumo”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 235 del 8 ottobre 2005 ed entrato in vigore quindici giorni dopo la sua pubblicazione, vale a dire il 23 ottobre 2005.
L’emanazione del Codice del consumo si è resa possibile grazie all’art. 7 della legge 29 luglio 2003 n. 229, concernente il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori, in attuazione di una serie di direttive dell’Unione Europea volte alla protezione del consumatore.
Tra le ragioni che hanno portato il legislatore nostrano all’adozione del Codice del consumo, oltre agli obblighi derivanti, come visto, dalla partecipazione all’Unione Europea, sono da annoverare, in primo luogo, l’affermarsi sempre maggiore della figura del consumatore in un contesto commerciale sempre più globalizzato e volto all’acquisto a distanza di beni e servizi. In secondo luogo, attesa la strutturale e fisiologica debolezza contrattuale del consumatore rispetto al professionista, ulteriore elemento che ha indotto all’adozione del provvedimento normativo de quo è costituito dalla necessità, quindi, di fornire una tutela al consumatore in tutte le fasi del ciclo del consumo, ossia nelle fasi di persuasione, di negoziazione e di fruizione.
Dunque, in definitiva, la ratio del legislatore si può pacificamente riassumere nella necessità di riequilibrare le posizioni contrattuali delle parti coinvolte nei negozi giuridici soggetti alla disciplina del Codice in oggetto, ponendo su un piano di forza quanto più equiparato le varie parti del contratto.
Tra le innovazioni sicuramente più rilevanti introdotte dal Codice del consumo occorre segnalarne tre su tutte, di cui si dirà meglio in appresso, ossia la disciplina delle clausole vessatorie, ai sensi degli artt. 33 e ss., la nullità di protezione ai sensi dell’art. 36 ed il diritto di recesso ex art. 52.
Il provvedimento normativo in analisi, oltre a porre in capo al professionista oneri ben più gravosi rispetto alla situazione ante Codice del consumo, risulta essere rivoluzionario dal punto di vista giuridico.
Ed invero, prima dell’entrata in vigore del Codice del consumo non vi era alcuna disciplina unitaria in merito alla tutela del consumatore e le uniche e sporadiche norme che si occupavano della trattazione della materia de qua, peraltro in maniera indiretta, si rinvenivano all’interno del Codice civile che, come noto, veniva adottato nel 1942, seppur modificato a più riprese nel corso degli anni.
Gli articoli del Codice civile da annoverare quali primordiali fonti di tutela per i consumatori sono il 1370, il 1341, il 1342 e gli artt. 1469 bis e ss.
L’art. 1370 del Codice civile, che disciplina l’interpretazione contro l’autore della clausola, detta tuttora il principio ermeneutico di interpretatio contra stipulatorem in virtù del quale “le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro”. Sebbene tal norma ha una valenza particolarmente rilevante, può essere applicata solo in caso di ragionevole dubbio interpretativo e, dunque, solo una volta adottati tutti gli altri canoni ermeneutici contenuti dal Codice civile, in favore della parte che non ha predisposto il contratto, modulo o formulario.
L’art. 1341 del Codice civile, per contro, il quale ad oggi disciplina le condizioni generali di contratto e, in particolare, fornisce la disciplina delle clausole vessatorie che per le ragioni di effettiva tutela è stata ritenuta inadeguata, dispone che risulta essere sufficiente la doppia firma dell’aderente per
rendere la clausola, benché vessatoria, inoppugnabile. Inoltre, la conseguenza dell’accertamento della vessatorietà della clausola comporta, ai sensi della norma de qua, semplicemente la sua inefficacia.
Parimenti, l’art. 1342 del Codice civile, nonostante l’entrata in vigore del Codice del consumo, ancora oggi disciplina il contratto concluso mediante moduli o formulari. Nello specifico viene previsto che “[…] le clausole aggiunte nel modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se quest’ultime non siano state cancellate […]”, così da dare prevalenza alla volontà negoziale espressamente manifestata, vale a dire che la clausola aggiunta dalle parti prevale sulla clausola prestampata anche se meno favorevole all’aderente.
Infine, l’ultimo presidio di tutela primordiale fornito al consumatore è rappresentato dagli artt.
1469 bis e ss. del Codice civile.
Le norme da ultime menzionate sono state inserite all’interno Libro IV, Titolo III, Sezione III, del Codice civile, in un apposito Capo creato ad hoc, il XIV bis, “Dei contratti del consumatore”, in virtù dell’art. 25 della legge 6 febbraio 1996 n. 52. Tuttavia, il capo che tratta la disciplina dei contratti del consumatore è stato integralmente modificato a seguito dell’entrata in vigore del Codice del consumo e, attualmente, è composto esclusivamente dall’art. 1469 bis il quale disciplina in modo residuale i contratti del consumatore. All’uopo, la norma in analisi, a seguito della modifica, sancisce che le disposizioni contenute all’interno del Titolo III “Singoli Contratti”, si applicano ai contratti del consumatore, solo ove le stesse non sono derogate dal Codice del consumo o da altre disposizioni che risultano essere più favorevoli per la tutela del consumatore, palesando il carattere di norma residuale della stessa e, quindi, riconoscendo la prevalenza su di essa delle norme aventi carattere speciale.
Sebbene i summenzionati articoli ben costituivano una primordiale forma di tutela del consumatore, questi, per tutta una serie di motivi, si sono rivelati nel tempo inadeguati e insufficienti, tanto da rendersi necessaria l’emanazione di un testo normativo unitario quale il Codice del consumo.
Ciò posto, occorre segnalare come nel corso degli anni il Codice del consumo, nonostante le varie modifiche allo stesso apportate, è riuscito a conservare lo scheletro e, quindi, la struttura originaria, rimanendo nel tempo immutato, atteso che le modifiche stesse non erano dirette ad incidere sugli aspetti di primaria importanza del Codice medesimo.
Attualmente il Codice del consumo è composto da 170 articoli mentre al momento della sua entrata in vigore gli articoli che lo componevano erano 146.
Orbene, l’opera viene suddivisa in sei parti, ad ognuna delle quali viene affidata la trattazione di macro tematiche da disciplinare. La parte I, dall’art. 1 all’art. 3, “Disposizioni generali”, all’interno della quale vengono riportati la finalità e l’oggetto del Codice, i principi generali che informano l’intero provvedimento nonché le definizioni che delineano il campo di applicazione della tutela.
La parte II, invece, dall’art. 4 all’art. 32, prevede norme in materia di “Educazione, informazione, pratiche commerciali, pubblicità”. Nel dettaglio, in merito all’educazione del consumatore, come sancito dall’art. 4, viene disposto che, al fine di creare un vero e proprio percorso educativo del consumatore, l’educazione di quest’ultimo è orientata a favorire la consapevolezza dei suoi diritti e dei suoi interessi.
A ciò si aggiunga che, in ordine alle “Informazioni ai consumatori” ex Titolo II, vengono previste una serie di norme volte a disciplinare il contenuto minimo che ogni prodotto deve riportare in modo chiaro, visibile e leggibile, nonché le modalità di indicazione delle dette informazioni, quali il prezzo, le caratteristiche e i materiali utilizzati. A ciò si aggiunga che, in ordine alle “Informazioni ai consumatori” ex Titolo II, vengono previste una serie di norme volte a disciplinare il contenuto minimo che ogni prodotto deve riportare in modo chiaro, visibile e leggibile, nonché le modalità di indicazione delle dette informazioni, quali il prezzo, le caratteristiche e i materiali utilizzati.
Il Titolo III “Pratiche commerciali, pubblicità e altre comunicazioni commerciali” e il Titolo IV “Particolari modalità della comunicazione pubblicitaria” disciplinano, rispettivamente, le pratiche
commerciali sancendo il divieto di pratiche commerciali scorrette, ingannevoli e aggressive non solo per la tutela del consumatore ma anche nel rispetto della concorrenza e dei mercati nonché le modalità mediante le quali possono essere pubblicizzati i prodotti o i servizi in vendita disponendo che le pubblicità suddette debbano risultare non ingannevoli, veritiere e votate alla tutela dei minori. (…segue…)