Quali ricordi!
di Vittorina Castellano
(… continua…) A pochi metri dalla fonte c’era un rigoglioso albero su cui avevo imparato ad arrampicarmi, mi mettevo a cavalcioni su di un ramo e mi deliziavo saziandomi dei suoi frutti con compulsiva voracità, ornavo anche le orecchie con le ciliegie, sfere melliflue di impareggiabile sapore. La signora Anna, una gentile donna di una certa età, si precipitava dalla scalinata esterna della sua casetta, tutta trafelata, arrivava sotto il frondoso ciliegio quasi urlando:
«Attenta, scendi subito, ti verrà un gran mal di pancia!».
L’immancabile fetta di crostata, seminascosta tra le sue mani mi aspettava appena fossi scesa dall’albero. Quella dolce signora non mi faceva molte domande e non mi parlava di lei, della sua solitudine, della sua vita ormai passata. I bianchi capelli raccolti a treccia dietro la nuca, gli occhi colore del cielo, il viso segnato dal sole e dal tempo, sono il solo ricordo che ho dell’amica discreta. Coglievo i grappoli più succosi e dolci, li mettevo nelle tasche del grembiule per lei, per ringraziarla della deliziosa fetta di dolce. Le nostre mani si incrociavano, si sfioravano nello scambio: quel semplice gesto valeva più di mille parole. Un reciproco dono di cuore. Mi chiedo ancora adesso come mai Anna non mi avesse mai invitato a entrare nella sua casetta, circondata da castagni secolari, imponenti, una solida barriera per la furia del vento. La musica dell’aria che scuoteva i rami come fossero canne d’organo mi affascinava, mi trasportava in mondi paralleli in una atmosfera surreale.
Delle gocce stanno bagnando le mie mani, una melanconica commozione tradisce le mie emozioni, frugo nervosamente nella borsa alla ricerca di un fazzoletto: «Scende la sera, il sole si nasconde», il bianco fazzoletto della mamma è un segno del destino. Si sovrappongono immagini ed emozioni, percepisco gli accordi della pioggia sulle foglie, armonizzate dal sibilo del vento. La mia opera prima si svelerà tra qualche istante al pubblico che attende in sala. Sono tesa come una corda di violino e ansiosa per la mia prima direzione d’orchestra, il mio debutto. Ancora pochi istanti per prendere coraggio. Per esorcizzare la paura mi ripeto che quella bambina impavida che dirigeva sicura la sinfonia della pioggia ero io, sì, proprio io, allora già sognavo il magico momento di salire sul podio davanti a una vera orchestra, abbattendo ostilità e pregiudizi. Una giovane donna direttore d’orchestra, era quasi impossibile anche solo immaginarlo. Nel silenzio del teatro percepisco la presenza dei miei anziani nonni che non hanno voluto e potuto rinunciare a presenziare al debutto della loro amata nipote, quella bimba che avevano cresciuto tra filari lussureggianti, tra echi di riti e miti campestri, ma che recondite armonie avevano spinto verso la sublime arte della musica.
«Nonno caro, quando fai roteare il vino nel bicchiere per percepirne le sue caratteristiche, quel suono impercettibile è musica per le tue orecchie! Non è forse così? Ti prego, lasciami andare, devo agire con la testa e seguire il mio cuore».
Così ribattei alle sue parole di dissenso che miravano a dissuadermi dal partire alla volta di Roma per frequentare il Conservatorio.
«Bambina mia, ti avevo plasmato inculcandoti l’amore per queste terre, ora conosci tutti i segreti o quasi che ci tramandiamo di padre in figlio e tu per me sei la figlia che non ho più. Ti ho sempre considerata assai capace di apprendere per poi mettere in pratica il tuo sapere, se vai via che ne sarà dei nostri vigneti e dei nostri vini, tutto finirà in mano a estranei, non sarà più la stessa cosa, finirà la continuità della memoria storica».
No, non finirà, come tutte le cose belle e irrinunciabili ci sarà sempre continuità. Due giovani agronomi affiancano i nonni nella conduzione dell’azienda dove le nuove tecnologie hanno snellito i lavori pesanti ma ridotto il personale.
Passo pochi giorni di vacanza all’anno a Velletri, la mia musica mi porta in giro per il mondo, ma non posso rinunciare a rivivere le emozioni che hanno forgiato la mia sensibilità artistica. Ritorno alla fonte dove l’acqua scorre ancora, mi rivedo sull’albero ad assaporare ciliegie. Sento ancora la voce della signora Anna. Rivedo i castagni scossi dal vento.
Al solo pensiero di quei ricordi percepisco ancora oggi quei suoni quasi spettrali. Forse erano solo frutto della mia immaginazione o forse no. Dopo tutti questi anni confondo la realtà con la fantasia, i sogni con i ricordi. Quella casetta, che forse nascondeva un segreto, ormai è un rudere, i rovi ne ostruiscono gli accessi. Mani sconsiderate hanno abbattuto i castagni. Il mio ciliegio, un tempo carico di dolci frutti e ricordi, è solo un tronco rinsecchito!
Dedicherò la mia vita alla musica ma quando non sarò più in grado di esprimermi artisticamente vorrò finire i miei giorni a contemplare tramonti tra i filari che da sempre si rincorrono a perdita d’occhio su per le colline della mia infanzia. (fine)