Natale in Abruzzo (seconda parte)

   di Vittorina Castellano

( continua ) Che dire poi dei Presepi, vero culto del Natale. «Nel Vermont, come in tutta l’America non c’è questa usanza, mi piacerebbe assistere e un allestimento e fotografarlo, magari quello vivente di Rivisondoli, ho letto che esiste dal 1944» disse Emily conversando con i nonni, come ogni sera, davanti al camino «Voi ci siete mai andati a vederlo?» «Na vôta sole, quande eravame cchiù ggiovane, Lu 6 gennaie fa troppe lu fredde pe’ sta ‘n mmezze a la neve!» rispose la nonna. La neve! Una variabile spettacolare del paesaggio. Emily chiuse gli occhi e provò a immaginare Pettorano e la catena dei monti circostanti imbiancati da una soffice coltre di neve. «Se vuoi ti accompagno io» intervenne Alessandro «Nel programma che ho preparato per i turisti c’è l’escursione a Rivisondoli per il Presepe vivente.» Emily avrebbe dovuto prolungare il suo soggiorno in Abruzzo di altri dieci giorni per poter documentare uno dei più famosi eventi natalizi della terra dei suoi avi. Niente più Capodanno con mamma e papà, si sarebbe interrotta una tradizione tanto consolidata e amata, ma il lavoro a volte richiede certi sacrifici. «Credo proprio che prolungherò il mio soggiorno, non posso rinunciare, le aspettative per un reportage interessante e unico, sono allettanti, grazie!» Emily, coinvolta in una magica atmosfera, di slancio corse ad abbracciare Alessandro, era raggiante come una bambina che riceve un dono tanto desiderato. Il giovane la strinse per rassicurarla, la prese per mano e insieme uscirono a passeggiare per le strette e romantiche stradine del paese. «Guarda, dietro il torrione del Castello si vede la luna piena» le indicò Alessandro «Il chiarore si rispecchia sul fiume Gizio, laggiù nella valle.» Emily era affascinata da quello spettacolo da fiaba, iniziava a sentirsi come la protagonista di una storia affascinante in un mondo incantato. Le sembrava di rivivere uno dei tanti sogni che faceva da bambina dopo aver letto le storie delle principesse. «È fantastico, grazie ancora per avermi coinvolta, questa sera avverto una strana serenità, uno stato d’animo inconsueto» disse la ragazza con voce quasi tremante per l’emozione «Sei veramente molto gentile, in questi giorni ti sei dedicato a me, magari trascurando i tuoi affetti, la tua vita quotidiana, il tuo lavoro. Te ne sono grata, non avrei potuto sperate in un’accoglienza più affettuosa» «Per me è un vero piacere, non devi ringraziarmi, la tua presenza mi rende felice. Non sto trascurando il lavoro e non ho altri affetti da coltivare. Desidero conoscerti, sei una persona speciale e sento di volerti già un gran bene.» le passò il braccio intorno alle spalle e, così, stretti l’un l’altro, rientrarono a casa. Gli ospiti si alternavano nella struttura alberghiera e in cucina c’era sempre un gran da fare per fare assaporare i numerosi e variegati piatti della tradizione natalizia abruzzese, visto che le festività erano imminenti. Le portate del menù variavano ogni giorno proprio per far conoscere i sapori tipici del luogo. La nonna dava a Emily le spiegazioni su ogni preparazione. Molte di quelle ricette la ragazza le conosceva già, le aveva viste preparare dalla mamma per il loro ristorante. Le squisite minestre erano a base di brodo di cardo con pallottoline di carne o con legumi, broccoli e cotiche e venivano servite per cena. Per il pranzo la nonna preparava succulenti timballi di “crespelle” con della scamorza, dei pezzetti di uova sode e dei carciofi impanati e fritti, oppure pasta con tonno e pomodoro. Tra i secondi piatti non mancava mai il baccalà fritto in pastella o cotto al forno con delle patate oppure insaporito con del sugo arricchito con olive e peperoni. Emily si divertiva soprattutto a preparare i dolci, adorava i caggionetti ripieni di marmellata di castagne, di ceci o di uva. La nonna all’impasto del ripieno aggiungeva scorza d’agrumi, zucchero, cioccolato fondente, spezie, cannella, cacao e talvolta anche mosto cotto, una vera delizia per il palato. A volte Alessandro dava una mano a impastare la pastafrolla per i bocconotti, dolcetti farciti con un trito di mandorle tostate, acqua, zucchero, miele e cioccolato fondente. Durante le preparazioni, tra fragorose risate, i due giovani scherzavano lanciandosi manciate di farina sul viso e sui capelli, Un dolce che Emily non conosceva era il parrozzo, dalla forma simile a un panettone basso a base di mandorle amare, mandorle dolci e semolino, ricoperto con una golosa glassa al cioccolato fondente. Il legame intergenerazionale per le antiche tradizioni abruzzesi era radicato nella famiglia, educata da sempre all’amore per l’ambiente naturale, la storia, la religione, l’enogastronomia e la cultura d’Abruzzo. Emily si svegliava ogni mattina alle sei per scrivere il suo articolo, aveva bisogno di silenzio e di tranquillità. Aveva impostato la guida turistica sotto forma di racconto, una sorta di itinerario autobiografico che descriveva in maniera approfondita e appassionata la fantastica esperienza che stava vivendo. Descriveva ogni angolo del paese, gli archi di pietra, le piazzette, il Castello fiabesco, raccontava le tradizioni così come le aveva ascoltate dai nonni e da Alessandro, riportava le ricette tipiche natalizie di quella terra che considerava, da sempre, sua. In seguito, avrebbe aggiunto il reportage fotografico man mano che avrebbe vissuto le esperienze descritte, in modo da condividerle con i lettori. Dopo aver fatto colazione, la ragazza aiutava la nonna a riordinare e poi si recava al mercato con Alessandro per fare la spesa. Trovava divertente scegliere la frutta, gli ortaggi e il baccalà “a mollo”. Ogni giorno metteva a nudo le sue emozioni, quasi si confidava con gli ipotetici lettori che inconsapevolmente e piacevolmente si sarebbero innamorati, come lei, di quei posti fantastici e degli usi e costumi citati nel racconto. «Nonnò, massere è la viggije, nen se magne la carne, sole maccarune nghe lu tonne e baccalà e patane. Dope caggiunitte, parrozze e pe’ finì macedonie di frutta fresca.» disse la nonna mentre sparecchiavano i tavoli della colazione. Qualche fiocco di neve volteggiava nell’aria, Alessandro era andato a prendere nella legnaia un grosso ciocco per il camino così Emily avrebbe potuto documentare, oltre ai piatti della cena, anche il rito propiziatorio del “ceppo”. Il suono degli zampognari, che percorrevano le stradine del paese portando la “novena di Natale”, si faceva sempre più nitido. Erano tutti intorno al focolare, davanti a una fiamma scoppiettante, quando Alessandro si alzò in piedi e iniziò a recitare

«Jere a lu jurne, dope ventun’ure, stav’accante a lu foche e tenè’ ‘mmente verse lu balecone, a la nenguente che ‘ncavezàve. Chelu ciele scure, la vocia cupe de la ciumminire, me stave a mette’ na malincunie, quande da parte fore, da la vie,
cumenzive a sintì’ ca jave ‘ngire nu sone.—E’ nu sone o nu lamente!?Addusilive bbone, ma cchiù stavecchiù chelu sone mi s’avvicinave…»

Emily e gli ospiti dell’albergo non capirono esattamente tutte le parole della poesia dialettale scritta da Modesto Della Porta ma ne rimasero affascinati dai suoni e dalle emozioni che suscitavano quei versi. La calda e suadente voce di Alessandro aveva coinvolto i presenti che ascoltavano incantati e trasportati in una mistica atmosfera, complice il suono delle ciaramelle. «Sà fatte mezzanotte, jeme a la cchìse, mò nasce lu bambinelle!» disse il nonno alzandosi. Tutti, imbacuccati e in silenzio, si diressero in chiesa. I fedeli spuntavano dai vicoli del paese per confluire nelle proprie parrocchie. Emily fotografava tutto in maniera compulsiva, era entusiasta, aveva uno smagliante sorriso stampato sul viso, gli occhi le brillavano come le migliaia di luminarie che addobbavano il paese. Si rese conto che il Natale in Abruzzo era molto sentito e che tutti lo celebravano con profonda dedizione e solennità. Questi sentimenti di fratellanza, solidarietà e speranza Emily li voleva trasmettere attraverso il racconto e le foto di quelle celebrazioni. Natale e Santo Stefano trascorsero a tavola all’insegna della rigorosa tradizione abruzzese. La ragazza aveva preparato con Alessandro le pallottoline di carne per il brodo con il cardone che la nonna aveva pulito la sera prima. I due giovani passavano molto tempo insieme, scherzavano spesso ma soprattutto si guardavano negli occhi come per scrutare sentimenti taciuti. Gli ospiti si alternavano a ritmo vertiginoso nella struttura che poteva ospitare al massimo venti persone. C’era chi si fermava per tutto il periodo natalizio e chi solo per un paio di giorni, il viavai era continuo, le due dipendenti del Bed and Breakfast avevano un gran da fare a sistemare le stanze. Alessandro con un pulmino accompagnava i turisti in escursione nei paesi vicini o in montagna: le due note stazioni sciistiche, Monte Pratello e Roccaraso, erano vicine a Pettorano. Arrivò la vigilia di Capodanno e nel paese fervevano i preparativi per il cenone e per le benauguranti serenate. «Molti anni fa erano le donne che andavano a sussurrare dei canti attraverso il buco della serratura per consentire all’augurio di buon anno di entrare in casa.» spiegò Alessandro mentre Emily scattava delle foto nei vicoli addobbati a festa «Dal 1925 il canto venne sostituito dalla serenata augurale portata da un gruppo di musici e cantori.» «E pensare che immaginavo tutt’altro. Credevo si trattasse di omaggi romantici per le innamorate, sono una inguaribile sognatrice!» disse Emily sospirando. La nonna, con l’aiuto delle due donne che lavoravano in albergo, era in cucina a preparare il Cenone di Capodanno, un autentico tripudio di profumi e di sapori, una sintesi di eccezionali prelibatezze della tradizione locale. La struttura, al completo, ospitava un gruppo di inglesi innamorati dell’Abruzzo. Emily avrebbe voluto dare una mano in cucina ma la nonna, mentre metteva a bollire con erbe aromatiche un pentolone di lenticchie, le disse «Nonnò, seme già troppe a cucinà e, nghe troppi hàlli nen se fa maje jurne! Vatt’ a fa’ nu ggire pe’ futugrafà, va’ nghe lu nome di Ddije!». A mezzanotte uno stornello attirò tutti fuori nel piazzale. Ognuno, con un calice in mano, brindava al nuovo anno e si scambiava auguri, sullo sfondo dominava il magnifico Castello mentre fiocchi di neve scendevano lievi a imbiancare il paesaggio già così incredibilmente fiabesco. Alessandro abbracciò Emily, la strinse forte e le sussurrò «Non tornare in America, sei la cosa più bella che mi potesse mai capitare, non oso immaginare la mia vita senza di te. Hai portato un soffio di allegria nel mio cuore, sei nei miei pensieri anche nel sonno, Sei come l’aria che respiro, senza di te non potrei più vivere. Avrei voluto cantare queste mie parole per dedicarti una serenata ma sono alquanto stonato, perdonami. Il mio amore però è sincero!» Emily tremava per l’emozione, il destino stava cambiando la sua vita. Sorrise dolcemente al ragazzo che, fin dall’inizio del suo soggiorno, aveva occupato il suo immaginario. Era felice, sentiva che il suo posto era con lui, lì, dove affondavano le sue radici. (fine)

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