Ridimensionamento

di Marco Tabellione

Probabilmente ricorderemo per sempre questi giorni, riandremo ogni volta con la memoria a queste settimane incredibili, che sembrano uscite da un film, e che invece sono vere, come è vero il dramma delle tante persone decedute e dei loro cari, a causa del contagio. Per di più proprio in questi ultimi giorni stiamo assistendo ad una mondializzazione del dramma, il che rende quest’esperienza quasi apocalittica, per utilizzare un termine che purtroppo non appare esagerato.

Io non so se la pandemia, come si dice da più parti, sia stata erroneamente sottovalutata all’inizio, quando un allarme più enfatico avrebbe sicuramente permesso di arginare di più il contagio. Quello che è certo è che coloro che la ritenevano sopravvalutata si sbagliavano di grosso. In ogni caso credo sinceramente che chi doveva intervenire con la decisione di misure (oggi drastiche in un modo fino a qualche settimana fa inimmaginabile) ha agito come avrebbe dovuto agire, anche se purtroppo ogni volta le risoluzioni, necessariamente preventive, sono giunte sempre con un dannato, ma forse inevitabile ritardo. Rimane ammirevole ed encomiabile l’abnegazione di medici e infermieri, in prima linea di fronte a questa calamità, allo scopo cristiano di aiutare i propri simili, con un’assunzione di responsabilità dal grande significato civico e morale.

Non lo so se si doveva fare di più e se si è fatto troppo poco. Non mi sento di giudicare, mi sembra che tutti si siano davvero prodigati al massimo, le autorità, i medici, gli scienziati, e anche nei settori lavorativi, a scuola, nei supermercati, gli autotrasportatori, le forze dell’ordine, ognuno ha fatto dono al massimo della propria prestazione, senza guardare più al profitto e al tornaconto che troppo spesso muovono le nostre azioni, a dimostrazione che in questi momenti la solidarietà e un sentimento caritatevole prendono il sopravvento sull’egoismo, questo almeno mi è sembrato di cogliere. Ma tutto questo io non mi sento di giudicare, non penso di averne il diritto, e posso solo ringraziare per parte mia il cuore di tutti coloro che hanno aiutato gli altri e continuano a farlo a rischio della propria vita.

Quello che però mi sento di dire e che vorrei umilmente arrivare a spiegare, è il senso di ciò che sta accadendo ed è accaduto, o come anche una catastrofe tale possa avere un senso. Credo che finita l’emergenza ci si dovrà interrogare molto sul significato, sul senso di una simile tragedia che ci ha coinvolti e sconvolti tutti.

Ebbene, umilmente, perché non posso che avere rispetto e ammirazione per quanti stanno in questi giorni soffrendo e faticando, persone per le quali il senso, il significato di tutto ciò non ha niente di ideale ma è nell’impegno profuso nell’immediato, è nell’agire, nel rimboccarsi le maniche e intervenire, ripeto, molto umilmente mi sembra di poter dire che forse possiamo trovare un significato che possa aiutare a comprendere, a capire e a trarre insegnamento da questa sventura tremenda.

Tutto ciò, l’epidemia, i morti, l’isolamento di intere popolazioni, ci testimoniano che oggi più che mai l’umanità deve cominciare a riflettere sulla possibilità di un proprio ridimensionamento, l’umanità deve cominciare a smettere di espandersi, a non usare più solo e semplicemente la testa propria, ma a seguire la natura, a seguire le sue leggi. Non intendo dire che l’attuale pandemia vada considerata un rimprovero, no assolutamente, né una punizione, non ho di queste assurde vedute apocalittiche e profetiche. Dico solo che per parte mia mi sento ridimensionato, capisco oggi più che mai che la vita è un dono grandissimo, ma che di questo dono non si può abusare.

I nutrimenti e le ricchezze della Terra hanno un limite, dall’energia all’acqua, dagli spazi territoriali all’aria. Non si può avere una crescita illimitata su un pianeta dalle risorse limitate. La nostra espansione deve avere un limite, una dimensione che non si può oltrepassare, è la legge dell’entropia. Non possiamo continuare a prendere e basta, ma soprattutto non possiamo crescere indefinitamente, come se la crescita fosse l’unico nostro obiettivo. Io non credo che ricchezza voglia dire quantità, la vera ricchezza è godere della vita, e per ottenerla non c’è bisogno del tanto, del troppo, dell’eccessivo, quando ciò voglia dire esautorare il pianeta.

Se vogliamo vivere felicemente questa meravigliosa vita sulla terra dobbiamo ridimensionarci tutti, non possiamo controllare tutto, non dobbiamo farlo, e il virus dimostra che non sappiamo farlo. Dobbiamo ridimensionarci. Ogni singolo individuo deve rientrare nel proprio spazio, quello che gli è stato assegnato, e dobbiamo essere consapevoli che quello spazio non è poco, è uno spazio vitale, è uno spazio di esistenza reale e solo per questo vale quanto tutto l’universo. Ce l’abbiamo questa vita meravigliosa, perché la cerchiamo altrove? Aiutarsi a vicenda e accontentarsi, questo credo che bisogna imparare a fare, e quando torneremo alla bellissima vita di prima, la vita degli incontri e delle strade, dell’aria aperta e delle feste, dei viaggi e degli abbracci, cerchiamo di ricordarcelo.

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