COVID-19 e propositi per il dopo

di Mistral

Non possiamo farci niente: aver paura è umano e il rischio di essere contagiati dal virus Covid-19 è una possibilità che aumenta la nostra ansia. Viviamo nell’angoscia che ci paralizza, scopriamo di essere soli di fronte a questo nemico invisibile e non riusciamo più a percepire l’altro come parte di un consorzio umano. L’inviso esserino è riuscito a instillarci, tra le diverse sfumature di paure, anche l’incertezza che la nostra omeostasi possa essere compromessa ovunque, da chiunque e in qualunque momento. Uno stato d’animo simile a quello che stiamo vivendo riuscì a suscitarlo il terrorismo islamico all’indomani dell’11 settembre 2001. Mi chiedo se gli algoritmi economici siano stati predisposti per far fronte a un tale scenario mondiale. L’aspetto sensazionale di questa epidemia è infatti il suo legame con l’economia. È ben noto che la diffusione del contagio è iniziata dalla Cina, non certo un paese isolato, ma al contrario iper connesso con tutti o almeno con gran parte degli stati del pianeta Terra. È evidente dunque che la globalizzazione abbia fatto la sua parte nel processo di diffusione del virus. In un articolo pubblicato su Il foglio quotidiano all’inizio di marzo 2020, Stefano Cingolani ha ricordato che le piazze finanziarie nell’anno 2017 riuscirono ad accumulare una quantità di denaro che lasciava senza fiato: con 77 mila 690 miliardi di dollari di capitalizzazione veniva superato addirittura il valore del prodotto lordo mondiale pari a 76 mila 677 miliardi di dollari! Nell’anno 2019 la forbice tra piazze finanziarie e prodotto lordo mondiale è aumentata e le prime hanno messo a segno un risultato da record superando quota 85 mila miliardi. È qualcosa di impressionante, lo stesso Cingolani ha scritto che «era giunto il momento di aggiustare il tiro, raffreddare la temperatura, sgonfiare il pallone aerostatico prima che scoppiasse». Come accadde a Davide contro Golia, l’esserino è stato in grado di mettere in ginocchio l’economia mondiale. È proprio in queste situazioni, in cui la paura offusca la visione per l’avvenire minando le molte fragili certezze a cui l’uomo ama aggrapparsi, che si diffondono ragionamenti che hanno il sapore di buoni propositi, la cui solida efficacia è tutta da dimostrare non appena l’epidemia sarà solo un ricordo. Si parla dunque di reshoring, ovvero di rimpatrio di tutte quelle produzioni che sono state delocalizzate, qualcun altro auspica che i governi prendano consapevolezza una volta per tutte del potere smisurato che è stato concesso alla finanza, e che inizino a controllare un tale potere onde evitare che continui a minacciare gli equilibri sociali mondiali.

È bastato un qualcosa di invisibile all’occhio umano per rovesciare l’ordine delle cose a cui la globalizzazione ci aveva abituati, facendoci vivere in un disordine che ci costringe a riflettere sulla nostra presunta onnipotenza. All’improvviso la nostra libertà è in pericolo, è minacciata, è braccata da un nemico invisibile; l’ombra di una prigione, seppur virtuale, depotenzierà tutta la carica di vitalità insita nello stato di libertà, costringendoci a ridefinire il suo valore. Quella libertà che avvertiamo venir meno non è solo il risultato di restrizioni fisiche e comportamentali a cui dobbiamo attenerci, come se fossimo in uno stato di emergenza pur non essendo stato decretato uno stato di emergenza. La libertà che vediamo insidiata è quella che possiamo constatare ognuno di noi quando ci rendiamo conto che il Covid-19 ha anche eretto una barriera cognitiva che non ci consente, come avremmo fatto in tante altre circostanze, di accedere a una risposta pubblica che allontani la paura di fare l’esperienza dell’appestato. Ezio Mauro, molto efficacemente, in un editoriale del 5 marzo su La Repubblica, afferma «che tanti timori singoli, vissuti o nascosti individualmente, non formano un’opinione pubblica comune, con una domanda collettiva da rivolgere al potere pretendendo una risposta». Quella libertà individuale che viene limitata è un’occasione per riflettere che la nostra esistenza non può prescindere da un “tu”; la relazione, così come la solidarietà, non sono concetti astratti, ma il fondamento della nostra vita sociale. Credo così tanto in quest’ultimo aspetto che sono dell’idea che anche in occasioni difficili come queste, la relazione tra gli esseri umani, anche se temporaneamente “raffreddata”, viva attraverso le istituzioni che altro non sono che lo specchio della nostra socialità.

Proviamo a riflettere. Non piace a nessuno, soprattutto in un paese democratico, che qualcuno ci dica come gestire il nostro stile di vita personale e sociale, limitando di fatto la libertà di interagire con un “tu”. Le umane emozioni di rabbia e paura e, soprattutto, la loro esternazione senza alcuna consapevolezza, ci accecano e non ci consentono di percepire che quella relazione con il “tu” vive anche attraverso le forze dell’ordine, le istituzioni politiche, gli ospedali, il mondo scientifico, i medici, gli infermieri, le associazioni di volontari, e così via. La preoccupazione di contenere la diffusione del virus, così come la corsa per trovare un vaccino che ci immunizzi, o la tenacia per trovare la cura più idonea per strappare da “sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare” coloro che hanno contratto il virus, sono alcuni degli esempi che rappresentano oltre che atti dovuti da persone che hanno fatto certe scelte professionali, anche, mi piace pensarlo, esempi di solidarietà verso un’umanità in difficoltà. Si tratta di donne e uomini che rischiano come noi, se non più di noi, di contrarre il virus, o che combattono come noi con le umane fragilità e paure, o ancora che scelgono di rinunciare per lungo tempo al contatto con i “tu” della loro vita affettiva e non solo, ma che, nonostante tutto questo, non si tirano indietro di fronte alla possibilità concreta di correre dei rischi personali se questo serve a salvare persone deboli o in difficoltà. Se non ci fosse questa preziosa solidarietà istituzionale, svanirebbe anche la possibilità di guardare con speranza a un ritorno alla normalità della nostra vita. Ma come dicevo più sopra, sotto l’effetto della paura l’uomo si riempie la bocca di buoni propositi che riguardano l’economia, ma anche l’ambito sociale, politico e chi più ne ha più ne metta. L’auspicio è che passata la paura, i propositi non si estinguano insieme al virus. Eventi imprevisti come questi, per quanto sia auspicabile non riviverli, non possiamo escludere che non si verificheranno di nuovo; lo stato di emergenza potrebbe diventare la normalità. Quando il “piccolo” Covid-19 sarà debellato, mi piacerebbe che l’esperienza non sia stata vana, ma abbia rappresentato l’occasione per ricevere il dono della consapevolezza, ma anche per renderci più determinati nel dare finalmente il giusto valore al bene comune attraverso una profonda riflessione su una serie di questioni come: la gestione e la valorizzazione della diversità dei popoli i cui flussi da un paese all’altro difficilmente potranno essere bloccati; la possibilità che i reciproci contagi potranno essere la normalità tra paesi; il potenziamento delle strutture sanitarie, dotandole di personale qualificato e strumentazione all’avanguardia; l’investimento nell’attività di R&S aumentando significativamente l’attuale percentuale rispetto al Pil; la presa di coscienza che la politica è un impegno serio che richiede competenza e vocazione al bene comune e che un’emergenza nazionale è un valido banco di prova; la consapevolezza che la conoscenza è una forma di difesa contro chi ostacola la ricerca della verità; il ruolo dell’Europa di fronte alle grandi emergenze propensa, a quanto pare, a promuovere il sovranismo sanitario in luogo della solidarietà; una proficua collaborazione tra Governo centrale e periferia che rafforzi l’idea tra i cittadini italiani di vivere in uno Stato-comunità; e poi …..; e poi ancora …. L’elenco potrebbe continuare, ma mi rendo conto che sono troppe le speranze che sto riponendo nel piccolo esserino, per quanto malandrino e un po’ assassino. In realtà all’esserino non importa nulla dei nostri grandi e piccoli problemi, del resto anche lui, da buon parassita che è, cerca solo una cellula per riprodursi. Anche lui ha un futuro a cui pensare.

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