PIERDANTE COLAGRANDE
PIERDANTE COLAGRANDE
di Erminia Mantini
Volgevano al termine gli anni sessanta. Montesilvano contava quasi 18.000 abitanti disseminati tra grandi aree verdi, l’animata nazionale e casette con giardini ed orti raccolte attorno alle ville dei notabili. Il flusso migratorio si era affievolito e la costa cominciava ad accogliere le famiglie che si trasferivano dall’entroterra. Alta si faceva la richiesta di alloggi e Montesilvano inizia la sua metamorfosi. I costruttori pressano i politici per l’approvazione di progetti e di ristrutturazioni; tracciano nuove vie, elevano palazzi, inseguendo selvaggiamente il profitto e commettendo ogni sorta di abusi, perseguiti dalla Procura, come riportava quotidianamente la cronaca locale dei giornali nazionali.
Uno stuolo di giovani decide di dare battaglia, di fare opposizione culturale prima e politica poi; fondò un giornale cittadino, Lo Scoglio, che, attraverso la satira e l’argomentazione appassionata, mirava a risvegliare le coscienze e a rottamare la vecchia classe politica. Direttore responsabile era Pierdante Colagrande, coadiuvato da Maggiore, Marcheggiani, Massacesi, Mastrangelo, Orsini e Verziere. La forza delle idee si concretizzò nella lista civica di Rinnovamento Democratico Cittadino, che nelle elezioni del ’70 porterà in Consiglio Comunale Pavone, Agostinone, Olivieri e Colagrande.
Pierdante nacque a Montesilvano nell’aprile del ‘41 da Leone, meglio conosciuto come Leonelle di Fazie, proprietario di una segheria sulla Vestina con 64 operai, e dalla dolcissima Annunziata Presutti, morta prematuramente, dopo aver dato la vita a cinque figli: Norma, Tina, Vincenzina, Pierdante e Natalina. Pierdante, unico maschio, era il pupillo di casa e quando il padre, estremamente esigente tanto da pretendere il voi dai figli, lo incalzava con la domanda “che vuoi fare da grande”, con accattivante sorriso e bonaria ironia, rispondeva: l’eremita o l’uomo con la bisaccia! Frequentò le medie e il Liceo Galilei a Pescara, unendosi all’allegra brigata del trenino. Si trasferì quindi a Bologna, laureandosi brillantemente in Matematica e Fisica e iniziò la sua professione di insegnante al Tito Acerbo. “Aveva sempre avuto il bernoccolo della matematica; studiava pochissimo, ma risolveva velocemente problemi con procedure originali, meritando il dieci”, racconta con affetto la sorella Vincenzina. Sposò la collega Bice Gasparrini, dalla quale ebbe la figlia Giada, Giadina, che andrà sposa a Willem Dafoe con cui vive in America; è attrice e regista e presto sarà proiettato anche in Italia l’ultimo suo film Padre, attraverso cui, come ha dichiarato in un’intervista, ha recuperato il rapporto difficilissimo con suo padre, perché l’amore è l’unica cosa che tiene lontano il rimpianto.
Pier era un grande idealista, nemico di tutto ciò che potesse intaccare la bellezza in tutte le sue forme, da quella del pensiero e dell’azione, a quella della natura e della giustizia. Difendeva e propagandava le sue idee con straordinario ardore, elevandole…a potenza!
Ancora si ricordano i suoi comizi durante la campagna elettorale del ’70: sapeva agganciare l’uditorio con la sua oratoria fluida e conseguente, le esemplificazioni incisive, le argomentazioni serrate e le accuse inesorabili, tanto che qualcuno degli avversari si presentava con carta e penna! Entrò in giunta con la delega alla Pubblica Istruzione, e si adoperò per agevolare il funzionamento di tutte le scuole, prendendo a cuore molti problemi dell’universo giovanile; acquistò il primo pulmino di scuolabus della città. Convinto ecologista, aprì una sezione del WWF, promuovendo numerose iniziative di sensibilizzazione, perché ciascuno si sentisse protagonista diretto nella difesa dell’ambiente. Nel ’73 si dimise da assessore e da consigliere per contrasti interni, incapace di sottostare a qualunque compromesso; fu corteggiato dal PRI, cui diede una mano solo per un breve periodo. Ma non ha mai smesso di lottare per i suoi ideali, che difendeva a colpi di manifesti e di articoli pubblicati sulle cronache dei quotidiani più letti in Abruzzo: Il Messaggero e Il Tempo.
In occasione del centenario della nascita di Giuseppe Verrotti, organizzò un convegno invitando i parenti dello scienziato, autorità e medici di fama, per ricordare la sua intensa attività scientifica raccolta in oltre cento pubblicazioni, il manuale di Patologia, Diagnostica e Terapia della pelle, nonché le sue ricerche sulla Boubas brasiliana. In quella sede auspicò che Montesilvano onorasse degnamente la memoria di questo suo magnifico figlio.
Nel luglio dell’86, uno dei suoi più cari amici, Dario Chiavaroli, nella veste di pubblico ufficiale, legalizzò il suo secondo matrimonio con l’ex allieva Sandra Centorame, che l’anno successivo diede alla luce Leongiona. Proprio in quei giorni Pierdante doveva recarsi all’Università di Perugia per sostenere un concorso cui era approdato, dopo una difficile selezione. Voleva rinunciare per vivere appieno la sua seconda paternità, ma Sandra lo convinse a partire, sapendo quanto importante fosse per lui quella esperienza: sarebbe stato nominato Formatore del Piano Nazionale d’Informatica per l’Abruzzo. Infatti riuscì vincitore e per due anni, in aspettativa come docente, abilitò i professori di Matematica all’insegnamento dell’Informatica, che ha sempre ritenuto strumento potente per padroneggiare la complessità, sviluppare la creatività e il rigore del ragionamento.
A fine corso, nel maggio dell’89, Pierdante avvertì un persistente malessere alla mano; lo giustificava col fatto di stare troppo al computer col figlioletto in braccio! Ma, dopo una visita dal dottor Gambi a Chieti, fu ricoverato a Villa Serena dove gli fu diagnosticata l’ischemia cerebrale. Finita la convalescenza, riprese subito l’insegnamento che esercitò per quattro anni, partecipando con l’innata, inesauribile energia a molte iniziative e alle inevitabili diatribe. Amava il mondo giovanile e provava gioia nel contribuire alla formazione di teste pensanti, convinto fermamente che la migliore fucina è la scuola. E proprio mentre era in cattedra, fu colpito da un ictus: era il dicembre del ’93. Rimase in coma per tredici giorni e si sottopose alle cure per ben nove mesi. Per altri novanta giorni continuò a Porta Potenza Picena la necessaria riabilitazione, che gli consentì di tornare a camminare, abbandonando la sedia a rotelle.
Si congedò definitivamente dal lavoro, conservando la sua vitalità e l’apprezzamento del grande dono della vita. Continuò ad interessarsi di tutto ciò che lo appassionava, studiando, approfondendo, scrivendo articoli e dedicandosi alla ricerca, circondato dall’affetto profondo di Sandra e di Leongiona, che aveva scelto di laurearsi in Ingegneria Meccanica a Modena, dove sarà assunta dalla Ferrari. Amava condividere con i giovani le sue competenze, in particolare con il nipote Dino Fazzini, coinvolgendolo in alcuni progetti. E partecipò anche a Lunaria, la prima rivista culturale abruzzese a carattere telematico, di cui Dino fu fondatore insieme a Ciarcelluti e a Camplone. Pier si occupava di reti neuronali. Purtroppo nel febbraio del 2015 la malattia vinse.
“Pierdante era una forza della natura, un ciclone, protagonista di un cambiamento epocale; sapeva infiammare col fervore delle sue idee, come un buon maestro – ricorda Dario, – purtroppo rappresentò una luminosa meteora nel cielo montesilvanese”.