LA FLAT TAX o LA TASSA PIATTA

 

via mail dal Commendatore Enrico Gambacorta*

La flat tax o tassa uguale per tutti consiste nell’applicare una percentuale uguale per tutti cioè non progressiva. Le considerazioni sono varie. “In primis” chi sa perché si debba ricorrere alla lingua inglese per evitare di dire “tassa (più propriamente imposta) piatta”. In omaggio al nostrano snobismo innato? In Italia è stata già introdotta per gli investimenti stranieri. Essa è stata introdotta anche in alcuni paesi. Alcuni l’hanno abolita, altri, come la Russia, la conservano ancora. Si spera, almeno, che, se non in un primo tempo, aumenti le entrate per l’Erario. Sarà vero che aumenterà il gettito fiscale? O favorirà chi di soldi ne ha già abbastanza? In ogni caso, il sistema dovrà prevedere le detrazioni o le deduzioni per i meno abbienti.

Per l’Italia è una novità, ma non è detto che sia qualcosa di nuovo e positivo. Si lamenta l’immobilismo e si desidera il cambiamento, le tanto decantate riforme forse giustificate in un mondo mutevole e incandescente. Ma, di quali cambiamenti parliamo? Di quali riforme? Attenzione: esistono pure i cambiamenti in pejus e le riforme ad “usum delphini”, come la tentata riforma costituzionale.

Il sistema fiscale, con le sue varie applicazioni, consiste nel prelevare denaro dai contribuenti, cioè dai produttori di ricchezza, per le necessità della collettività e per ridistribuire la ricchezza.

Questi due compiti sono tipici e indispensabili di uno stato di diritto e civile. Il problema non consiste tanto nel metodo del prelievo quanto nelle finalità che il sistema si prefigge. Cioè non è scontato che si voglia sopperire solo ai bisogni della comunità come già scritto. Si potrebbe, purtroppo, pure ipotizzare che il sistema adottato contribuisca a favorire chi già ha a detrimento di chi poco o niente ha.

In pratica, si metterebbe in atto un sistema fiscale che agisce come una pompa che succhia, che aspira dal reddito prodotto dalla comunità fino a raschiare il fondo del barile per favorire chi è già ricco. Così avviene, infatti, in tutti quei paesi, democratici e totalitari, dove che è ricco diventa sempre più ricco e chi è povero diventa sempre più povero. Da tener presente, inoltre, che il sistema fiscale è blindato perché, per legge, nessuna norma fiscale può essere oggetto di referendum.

Dicono che l’1% della popolazione del globo detenga più di quanto possieda la restante popolazione. Nessuno obietta questa cifra.

In realtà, la bontà di un sistema fiscale dipende dalla competenza e dalla buona volontà di chi è sulla plancia di comando. Diceva Platone: state attenti che anche la democrazia può finire nelle forme più nefaste di governo se non si scelgono le persone competenti e di buona volontà. “Nihil sub sole novi”.

A parte quanto sopra, in proposito, abbiamo la strada maestra tracciata dalla nostra Costituzione che con l’articolo n.53 indica il tipo di sistema fiscale. Articolo breve (quattro righe) e semplice: le imposte le devono pagare chi può e chi può le deve pagare in maniera progressiva. È perentorio e non ammette eccezioni poiché “ubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus”. Articolo sempre disatteso, a scapito dei meno abbienti, dalla fondazione della Repubblica. Non se ne parla nemmeno. Perché non è stato mai applicato? Si è avuto paura? Non si è avuto il coraggio di dare vita a una rivoluzione incruenta cioè mettere in atto in questo paese l’equità fiscale. Probabilmente, chi doveva o deve provvedere era ed è nel posto sbagliato.

Inoltre e a parte il dettame costituzionale, chi non ha il senso ed il dovere della solidarietà verso il prossimo, chi non è disposto a dare a chi meno ha, chi non capisce che se il vicino sta bene starà bene pure lui, chi non sente soddisfazione a condividere, in qualche modo, la propria fortuna con chi è stato meno dotato dalla natura non merita di partecipare, come attore, al banchetto della vita, a questa meravigliosa esperienza esistenziale che è unica e, forse, irripetibile.

Risposta del direttore. Gent.mo Commendatore, la ringrazio della sua lettera come al solito densa e carica di spunti interessanti. È evidente che la tassa piatta, preferisco utilizzare la versione italica anche se spesso mi concedo inglesismi per chiarezza, è contrastante con l’art. 53 della Costituzione: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Lei ha scovato l’italico vizio di fare l’ammuina sfruttando una definizione inglese che pochi comprendono. Chi propugna la flat tax come modello applicabile in Italia è in chiara malafede. Le dirò di più, anche per il provvedimento definito flat tax da poco varato per attrarre in Italia i portatori di ricchezza nulla ha a che fare con la definizione di cui discutiamo, perché chi trasferirà la residenza in Italia pagherà le tasse come tutti gli altri per i redditi generati in Italia, mentre pagherà una cifra forfettaria di 100.000 € per i redditi da patrimonio che rimangono all’estero. Una flat tax invece è una % di tassazione fissa sui redditi. Ecco siamo in Italia, dove tutto è mistificabile! Grazie Commendatore!!