GASPARE TAGLIACOZZI: alle origini della chirurgia plastica

BENE, PENSÒ KOVALÈV, HO RITROVATO IL NASO. MA ORA BISOGNA ATTACCARLO, RIMETTERLO AL SUO POSTO. E SE NON SI ATTACCASSE? DI FRONTE A QUESTA DOMANDA CHE AVEVA RIVOLTO A SÉ STESSO IL MAGGIORE IMPALLIDÌ. – E SE FOSSE ATTACCATO STORTO?

(estratto da “Il naso”, di Nikolai Gogol)

Per comprensibili ragioni campanilistiche, la prima pillola è dedicata a Gaspare Tagliacozzi, nato a Bologna nel 1545 (e lì deceduto nel 1599), ma la cui famiglia aveva origini marsicane provenendo dal comune di Tagliacozzo, bella località di circa 7000 abitanti in provincia de L’Aquila.

Gaspare Tagliacozzi o Tagliacozzo è stato un chirurgo e anatomista italiano rinascimentale, considerato universalmente il padre della chirurgia plastica e ricostruttiva. Era riuscito con gli anni ad acquisire una notevole tecnica per eseguire dei lembi peduncolati da un braccio al volto così da ricostruire parti menomate da patologie o da traumi. Descrisse in dettaglio il suo metodo nel trattato De curtorum chirurgia per insitionem (Chirurgia delle mutilazioni per mezzo di innesti), pubblicato a Venezia nel 1597 (Figura 1).

La sua importanza nella storia della chirurgia è tale che nel logo della Società Italiana di Chirurgia Plastica è inserita propria questa illustrazione da lui stesso realizzata nel suo trattato.

Le ricostruzioni di chirurgia plastica erano particolarmente importanti ai tempi del Tagliacozzi: il naso in particolare era spesso soggetto a distruzione per tubercolosi, sifilide, cancro o mutilazioni dovute ad armi od all’usanza di punire con il taglio del naso adulteri, ladri e traditori.

Nel trattato De curtorum il Tagliacozzi descrisse accuratamente la procedura, nota con il nome di “metodo italiano”, per ricostruire nasi, labbra e orecchi mutilati. A tal fine egli si serviva della pelle del braccio sinistro. Il chirurgo procedeva disegnando un parallelogramma sulla pelle, ne incideva i lati maggiori e attraverso di essi faceva passare un panno che avrebbe tenuto il lembo staccato dal muscolo sottostante. Il paziente era preventivamente vestito con un abito stretto intorno al tronco e che era dotato di alcune strisce di tela adatte a legare il braccio alla testa in modo che questo restasse immobile vicino al naso (o alle labbra o agli orecchi). Preparato il paziente in questo modo, il Tagliacozzi ne incideva i lembi del naso cicatrizzati, poi staccava il lato superiore della pelle del braccio, avvicinava il braccio al naso e rovesciava su di esso il lembo di pelle, in modo che questo aderisse ai bordi cruenti di quello; cuciva il tutto con ago e filo e poi legava il braccio alla testa utilizzando le strisce di tela. Tempo dopo, quando le parti avessero completamente aderito, egli staccava dal braccio l’ultimo lato del lembo di pelle e lo cuciva sopra al labbro superiore. Dopodiché procedeva a modellare la forma del naso e delle narici usando anche delle forme precedentemente preparate. Il metodo di Tagliacozzi con le opportune variazioni e aggiornamenti, in linea di principio viene tuttora utilizzato. Gli viene addebitato un solo reale limite: egli infatti sostenne, sbagliando, il principio che tutti gli innesti devono avere un peduncolo per sopravvivere. Questo singolo assioma ha marcatamente ritardato il progresso della chirurgia plastica fino ai tempi più moderni.

Gaspare Tagliacozzi, De curtorum chirurgia per insitionem (1597), illustrazione nº8.

Il metodo italiano non è però un’invenzione del Tagliacozzi; egli si limitò infatti soltanto a perfezionarlo e a darne un’accurata descrizione scientifica, affinché esso potesse essere correttamente tramandato e chiunque lo potesse adoperare. L’invenzione del metodo si ritiene sia merito dei chirurghi Gustavo Branca e di suo figlio Antonio, vissuti nel 1400 a Catania. La tecnica venne poi ripresa in Calabria nel corso del Cinquecento dai fratelli chirurghi Pietro e Paolo Boiano.

Celeberrimo in tutta Europa, Tagliacozzi dovette fare i conti con la dura condanna di alcuni importanti medici, come Falloppio e Paracelso, e con il credo religioso dell’epoca, che lo additò come eretico perché si riteneva che un corpo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, non potesse essere mutato.

La sua opera, dopo la morte, fu portata avanti da un allievo ma per poco tempo. Per quasi 200 anni non si parlò più di chirurgia plastica che venne riscoperta nell’800 quando si operò la ricostruzione del naso utilizzando il “sistema indiano”, sicuramente più semplice ma più deturpante, consistente nell’utilizzare un lembo di cute della fronte.

A Tagliacozzo, in Abruzzo, una piazza è dedicata al celebre chirurgo ed a Bologna, nell’ingresso dell’archiginnasio, si può ammirare un suo busto in marmo mentre in sala anatomica fa bella mostra di sé una statua lignea del Tagliacozzi con un naso in mano (Figura 2).

Lascia un commento