Fringe benefit in busta paga: la nuova esenzione fino a 3.000 € per il 2022

di Dott. Damocle Garzarelli – Consulente del Lavoro

Fringe benefit con nuovo limite di esenzione fino a 3.000 €. Lo prevede il decreto Aiuti quater, che mantiene invariata la tempistica per l’erogazione: non potrà andare oltre l’anno 2022 ovvero, secondo il principio di cassa allargato, entro il 12 gennaio 2023.

L’aumento della soglia delle liberalità che il datore di lavoro può erogate ai propri lavoratori, ai sensi dell’art. 51, comma 3, del TUIR, e cioè senza che detto valore venga considerato reddito di lavoro dipendente.

Si tratta di quei beni ceduti e/o servizi prestati al lavoratore e che, entro la soglia indicata proprio dal comma 3, dell’art. 51, sono esenti da tasse e contributi.

Aumento del limite per i fringe benefit: dal decreto Aiuti bis al quater

Nel mese di agosto 2022 il Governo Draghi inserisce, nel D.L. n. 115/2022, una norma (art. 12 – Misure fiscali per il welfare aziendale) che dispone l’aumento, esclusivamente per l’anno 2022, dei fringe benefit esenti: da 258,23 a 600 €.

Da agosto, dobbiamo aspettare sino al 4 novembre per avere i chiarimenti interpretativi da parte dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 35/E/2022). L’attesa era dovuta, principalmente, al fatto che non era ben chiaro se i 600 € erano da considerare un limite o una franchigia. Nel primo caso, erogare una somma anche leggermente superiore al tetto massimo avrebbe comportato l’inclusione di tutto il fringe benefit nel reddito di lavoro dipendente, compresa la quota di valore inferiore al medesimo limite; nel secondo caso, veniva considerato reddito di lavoro dipendente soltanto il valore erogato oltre il massimale previsto dal legislatore. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 35/2022, si è orientata sulla prima ipotesi, sicuramente più impattante per il datore di lavoro, il quale dovrà attenzionare detto limite proprio al fine di evitare uno sforamento che andrebbe a maggiorare notevolmente il costo dei fringe benefit.

Alcuni giorni dopo l’intervento dell’Agenzia delle Entrate (il 10 novembre), il Governo Meloni, da poco insediato, approva un decreto-legge (decreto Aiuti quater) che introduce nuove misure urgenti, proprio per venire incontro alle esigenze dei cittadini e aiutarli ad affrontare i costi del caro energia.

Tra le varie novità è presente una modifica all’art. 12 del decreto Aiuti bis, con la quale viene ulteriormente innalzato il limite delle liberalità esenti da 600 a 3.000 €. Resta invariata la tempistica per l’erogazione di questi fringe benefit, che non potrà andare oltre l’anno 2022 ovvero, secondo il “principio di cassa allargato”, entro il 12 gennaio 2023. Infatti, l’art. 51 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986), considera percepiti nell’anno d’imposta anche i compensi in denaro e in natura corrisposti dai datori di lavoro a dipendenti e collaboratori entro il 12 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono.

Pagamento o rimborso delle utenze domestiche

Con particolare riferimento alla novità rispetto agli anni precedenti, ovvero all’innalzamento della quota di non concorrenza fino a 3.000 € anche mediante il pagamento o rimborso delle utenze domestiche, con la circolare n. 35/E del 4 novembre 2022 (scritta quando il limite era stato alzato a 600 € ma che si ritiene applicabile al nuovo limite dei 3.000 €) l’Agenzia ha chiarito che il pagamento o il rimborso delle utenze domestiche può riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, ma a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, è possibile ricomprendere anche le utenze per uso domestico anche qualora queste siano intestate:

– al condominio e che vengono ripartite fra i condomini;

– al proprietario dell’immobile (locatore), qualora nel contratto di locazione sia prevista espressamente una forma di addebito analitico e non forfetario a carico del lavoratore (locatario) o dei propri coniugi e familiari.

Documentazione della spesa

L’Agenzia delle Entrate si sofferma anche sull’aspetto della documentazione delle spese rimborsate o oggetto di pagamento diretto da parte del datore di lavoro.

In particolare, viene previsto che il datore di lavoro ha la possibilità di acquisire e conservare:

– la documentazione per giustificare la somma spesa e la sua inclusione nel limite di cui all’articolo 51, comma 3, del TUIR, nel rispetto della normativa della privacy;

– una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nella quale il lavoratore attesti di essere in possesso della documentazione comprovante il pagamento delle utenze domestiche e che contenga tutti i dati necessari per identificarli (numero e intestatario della fattura, tipologia di utenza, importo pagato, la data e le modalità di pagamento).

L’Agenzia, inoltre, consiglia “vivamente”, al fine di evitare che si fruisca più volte del beneficio in relazione alle medesime spese, che il datore di lavoro acquisisca un ulteriore dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà dal lavoratore che attesti che le fatture non siano già state oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, anche da parte di altri datori di lavoro.

Intestatario bollette

Viene chiarito anche un aspetto che aveva creato alcuni dubbi applicativi da una prima lettura della norma: possono essere oggetto del beneficio solo le utenze intestate al lavoratore o anche quelle eventualmente intestate a un soggetto diverso?

L’Agenzia interviene risolvendo il dubbio: viene infatti previsto che la giustificazione di spesa è valida anche se la stessa è intestata a una persona diversa dal lavoratore, a condizione che il documento sia intestato:

– al coniuge ovvero ad altri familiari di cui all’art. 12 del TUIR;

– al locatore nel caso di contratto di affitto a condizione che vi sia riaddebito analitico;

– al condominio qualora vi sia una ripartizione delle spese tra i condomini.

Compatibilità con buono benzina decreto Ucraina

Per l’anno 2022, in aggiunta all’innalzamento del limite di esenzione a 3.000,00 € post decreto Aiuti quater, il legislatore con il D.L. n. 21/2022, conv. con modifiche in l. n. 51/2022 ha previsto la possibilità da parte del datore di lavoro di riconoscere, per il solo anno 2022, ai propri lavoratori dipendenti dei buoni benzina o titolo analoghi per un valore massimo di 200 € per ciascun lavoratore, esclusi dalla base imponibile ai sensi dell’art. 51, co, 3, TUIR.

Con la circ. n. 27/E/2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il bonus benzina è da considerarsi aggiuntivo al valore dei 600 € (ora 3.000 €) previsti per il 2022, con la conseguenza che il buono non va a “intaccare” tale limite.

Con la circ. n. 35/E/2022 l’Agenzia torna sul tema della compatibilità con il bonus benzina stabilendo che il particolare regime di innalzamento del valore dei beni e servizi a 600 € (ora 3.000) per l’anno 2022 rappresenta un’agevolazione ulteriore, diversa e autonoma, rispetto al bonus benzina, con la conseguenza che al fine di fruire dell’esenzione da imposizione, i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2022 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di € 200 per uno o più buoni benzina e un valore di € 3.000 per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina) nonché per le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Chiarisce, inoltre, sempre con riferimento al bonus carburante, che lo stesso essendo ricondotto nell’ambito di applicazione dell’art. 51, comma 3, ultimo periodo, del TUIR, l’eventuale superamento del valore oltre i 200 € comporta l’intero assoggettamento del valore a formare il reddito ed è assoggettato a tassazione ordinaria.

Criticità nell’erogazione ai dipendenti

A differenza dei bonus erogati nei mesi di luglio e novembre, in questo caso il costo è a totale carico del datore di lavoro, in quanto non è previsto un rimborso da parte dello Stato. Ragion per cui, sarà difficile che questo welfare venga erogato a pioggia su tutta la compagine dei lavoratori.

Ordinariamente, affinché una azienda possa valutare l’esborso di somme così importanti, c’è bisogno di una programmazione economico-finanziaria che non credo possa avvenire in tempi così ristretti. Ricordo che l’eventuale erogazione dovrà avvenire, al massimo, entro il 12 gennaio prossimo.

Inoltre, chi ha già ricevuto nel corso del 2022 un premio, ad esempio il premio di risultato, non potrà restituirlo richiedendone la trasformazione in fringe benefit; ciò in quanto la scelta della conversione in welfare doveva essere effettuata all’atto dell’erogazione, così come disposto nell’accordo sindacale. Mentre, se il premio non è stato ancora erogato, trattandosi di premio di risultato (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, commi 182-190, della Legge n. 208/2015), la conversione in welfare dovrà essere richiesta volontariamente dal lavoratore e non potrà essere imposta dal datore di lavoro.

Sicuramente ad avvalersi di questa agevolazione saranno le fasce alte della popolazione lavorativa e cioè coloro i quali hanno, ad esempio, una vettura aziendale, in quanto nel conguaglio di dicembre si vedranno tornare indietro tasse e contributi pagati in virtù della disposizione ordinaria che prevedeva la non esenzione dei fringe benefit al superamento della soglia massima che, ordinariamente, è di 258,23 €. Ma anche gli amministratori, i quali possono essere titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, secondo quanto disposto dall’art. 50, comma 1, lettera c-bis, del TUIR.

Cosa accade in caso di bonus erogati oltre soglia?

Nonostante le incertezze e le disquisizioni dottrinali in materia, è possibile prudenzialmente affermare che, come già previsto in precedenza, qualora in sede di conguaglio dovesse emergere che il valore dei beni o dei servizi prestati sia superiore a tale soglia, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’importo corrisposto nella sua interezza.

Rientrano tra i fringe benefit anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore o ai familiari indicati nell’art. 12 TUIR, nonché i beni e i servizi per i quali venga attribuito il diritto di ottenerli da terzi. Tali benefit, inoltre, sono erogabili anche ad personam e riguardano sia i titolari di redditi di lavoro dipendente che di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente

Come determinare il valore dei fringe benefit erogati

L’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale (art. 51, comma 3-bis, TUIR).

La valorizzazione dei fringe benefit deve avvenire in base al loro valore normale: si tratta, come stabilito dal TUIR, del prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

L’agevolazione si applica limitatamente all’anno d’imposta 2022, tenendo presente che, in ossequio al principio di cassa allargato, si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono.

In caso di ricorso ai voucher, il benefit si considera percepito dal dipendente nel momento in cui lo stesso entra nella disponibilità del lavoratore, a prescindere dal fatto che il servizio venga fruito in un momento successivo.

Casi particolari

Qualora il rapporto di lavoro si interrompa prima della fine dell’anno solare e il dipendente inizi, nel corso del medesimo periodo d’imposta, un altro rapporto di lavoro, è necessario, ai fini del computo del limite, considerare anche i fringe benefits eventualmente concessi dal precedente datore di lavoro, dal momento che i lassi temporali associati ai due distinti rapporti di lavoro costituiscono un unico periodo d’imposta.

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