FILIPPO PALIZZI, il pittore degli animali
di Pasquale Criniti
Filippo Palizzi , definito “il pittore degli animali”, nacque a Vasto il 16 giugno 1818, quinto dei nove figli (sei maschi e tre femmine) di Antonio, avvocato incaricato di pubblici uffici e professore di lettere e filosofia e di Doralice del Greco. Tre suoi fratelli divennero pittori noti: Giuseppe, Nicola e Francesco Paolo.
Nel 1836 Filippo raggiunse il fratello Giuseppe a Napoli e grazie al parere favorevole del Consiglio provinciale di Chieti e poi del Consiglio del Real Istituto di belle arti di Napoli, ottenne una pensione di quattro anni, con una borsa di studio di otto ducati al mese e si iscrisse al Real Istituto di belle arti di Napoli; qui fu compagno di corso di Domenico Morelli, con cui da allora strinse un complesso rapporto di amicizia e rivalità, a causa dei loro opposti temperamenti, ma con cui stabilì un sodalizio che durò tutta la vita.
Allora la cattedra di paesaggio era tenuta da Gabriele Smargiassi, proveniente da una benestante famiglia reazionaria di Vasto in conflitto con la famiglia Palizzi, di idee carbonare.
Probabilmente anche per questo, oltre che per la sua insofferenza per gli insegnamenti accademici, Filippo abbandonò il Reale Istituto qualche mese dopo la sua ammissione e si iscrisse alla scuola libera di Giuseppe Bonolis, dove, attraverso Federico Quercia, che insegnava estetica, entrò in contatto con le idee innovative di Francesco De Sanctis.
Pur avendo abbandonato l’Accademia napoletana, Filippo aveva conservato il diritto di partecipare ai concorsi interni, come i due concorsi banditi sul tema di «ritrarre animali dal vero», dove si classificò al primo posto.
Prese quindi parte ad alcune mostre biennali nel Real Museo borbonico: nel 1839 con Studi di animali (medaglia d’argento di II classe), acquistati da Carolina di Borbone duchessa di Berry; nel 1841 con Due pastori e un Pastore che beve ai bordi di una fontana; nel 1851 con Il Real Sito di Carditello, un dipinto comprato dal re Ferdinando II. Nel 1841, grazie alla mediazione dell’architetto Gaetano Genovese, il re aveva già acquistato da Filippo “Il mese di maggio”.
I buoni rapporti stabiliti con la famiglia reale dei Borbone, ed in particolare con Leopoldo conte di Siracusa, che era anche scultore, gli procurarono di lì a poco l’incarico di fare da maestro di pittura a Luigi conte d’Aquila, fratello del re, e a donna Amalia, sorella del re e poi moglie del principe Sebastiano di Borbone, infante di Spagna, pittore anche lui.
Nel 1844 il fratello Giuseppe partì per la Francia, dove si sarebbe stabilito definitivamente.
Con il trasferimento di Giuseppe cominciò un fitto scambio epistolare tra i fratelli in cui ciascuno dava conto dei propri progressi e delle novità più clamorose della storia del momento. Famosa è la lettera di Filippo a Giuseppe in cui gli descrive con grande partecipazione gli eventi, ma soprattutto il clima e i sentimenti che avevano animato i moti del 1848, da Filippo ricordati anche in tre piccoli dipinti che rappresentano le barricate con i soldati borbonici e la città imbandierata con la folla esultante, quando il 18 febbraio 1848 era stata concessa la Costituzione. Rivelò i suoi sentimenti patriottici anche nel bel Ritratto di Garibaldi del 1851, cui poi seguirono vari studi di garibaldini.
Stimolato dall’esempio del fratello Giuseppe, nel 1855 decise di recarsi a Parigi, anche per visitare l’Esposizione universale.
Negli anni Cinquanta il suo studio in via Cupa a Chiaia diventò un luogo d’incontro e di dibattito per Morelli, Bernardo Celentano, Michele Cammarano, Francesco Saverio Altamura, Nicola Parisi, Antonio Migliaccio, Giacomo Di Chirico, Saro Cucinotta e tanti altri.
Nel 1864 fondò, insieme all’incisore siciliano Saro Cucinotta, il giornale “L’arte moderna”, dal sottotitolo “Foglio da pubblicarsi finché non si sciolga il Reale Istituto di belle arti”.
Nel 1867 in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi presentò sei dipinti, tra cui il “Dopo il diluvio”, commissionato nel 1861 dal re Vittorio Emanuele II e per il quale vinse una medaglia d’oro.
La morte dei fratelli Nicola e Francesco Paolo, nel 1870 e nel 1871, segnarono molto il pittore vastese, che diventò solitario e scontroso, ma che continuò a dipingere e nel 1873 andò a Vienna come giurato per l’Esposizione Universale.
Nel 1878 Filippo si lasciò convincere dall’amico Francesco De Sanctis (allora ministro della Pubblica Istruzione) e dal Morelli ad assumere la presidenza del Real Istituto di belle arti di Napoli.
Nel 1880 fu nominato socio onorario della Reale Accademia di archeologia, lettere e belle arti e della Società filantropica napoletana.
Il 24 ottobre 1881, sempre su proposta del Morelli, ottenne la direzione dei Museo Artistico Industriale di Napoli e diede inizio all’officina di ceramica.
Alla ceramica Palizzi si era dedicato fin dal 1860, ma aveva intensificato le sue sperimentazioni subito dopo l’esposizione viennese del 1873.Da ricordare fra le sue opere di rilievo la Fontana del fauno (Napoli, MAI), la placca con Uccelli in volo (1884; Napoli, MAI) ed il notevole pavimento cosparso di petali di rose dipinte in trompe-l’oeil realizzato su suo disegno da Francesco Nagar nel 1888 per villa Siracusa a Sorrento di proprietà della principessa Olga Gortschakoff.
Nel 1891 ricevette la nomina ad ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, nel 1892 fu nominato commendatore della Corona d’Italia, nel 1893 divenne membro della commissione giudicatrice dei concorsi per l’Istituto di belle arti della città di Venezia.
Nel 1892 donò alcune sue opere al ministero della Pubblica Istruzione, che destinò i suoi circa trecento studi alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma.
Successivamente fece dono di altre sue opere all’Accademia di belle arti di Napoli ed al Comune di Vasto.
Nel 1891 Filippo accettò di tornare alla presidenza dell’istituto di Belle Arti per un quinquennio, convinto dall’allora Ministro della Pubblica istruzione Pasquale Villari; l’incarico gli fu rinnovato per altri 5 anni nel 1896.
L’11 settembre 1899 a Napoli Filippo Palizzi morì, all’età di ottanta anni.
I suoi dipinti sono presenti a Firenze nella Galleria degli Uffizi (Autoritratto, 1870) e nella Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti (Monelli che inseguono un asinello, 1872), a Milano nella Pinacoteca dell’Accademia di Brera (Asinelli alla fonte) e nella Galleria d’arte moderna (tre dipinti fra cui Vitello preceduto dalla contadinella), a Trieste nel Museo Revoltella (Abbeveratoio),a Genova Nervi nelle Raccolte Frugone, a Brescia nella Civica Pinacoteca Tosio Martinengo, a Forlì nella Pinacoteca civica, a Vercelli nel Museo Borgogna, a Piacenza nella Galleria d’arte moderna Ricci Oddi ed a Torino nella Galleria d’arte moderna.
Nella Galleria d’arte moderna di Roma esiste una “sala Palizzi” a lui dedicata, dove è collocato un busto modellato in suo onore dallo scultore Achille D’Orsi.
Tra i suoi committenti e collezionisti da segnalare il granduca Michele di Russia (la cui moglie, la granduchessa Olga era stata sua allieva nel 1872), il barone Carlo Chiarandà, il principe veneziano Giuseppe Giovanelli, il conte Angelo Papadopoli, il principe di Sirignano Giuseppe Caravita, il conte Giberto VI Borromeo, pittore ed amico, con cui tenne una fitta corrispondenza.
Vari sono gli autoritratti e i ritratti realizzati fra i quali quello raffigurante Il principe di Fondi a caccia (1849), quello di Giuseppe Palizzi (1869), quelli del Barone De Riseis (1869; Chieti, Museo d’arte Costantino Barbella), quello del Barone Nicola Tesorone e quelli di vari membri della famiglia del marchese Vincenzo Cimino di Casolla Valenzano, patriota esule a Parigi e suo collezionista.
Nel 1901 il nipote fotografo Giuseppe De Guglielmo vendette al Municipio di Vasto, dove sono ancora conservati, alcuni oggetti e documenti appartenuti allo zio tra cui pochi schizzi ed i diplomi delle Accademie di Perugia, di Genova, di Milano, di Venezia, di Firenze e di Roma (S. Luca); inoltre i diplomi di socio onorario dell’Associazione artistica internazionale di Roma, del Reale Istituto d’incoraggiamento di Napoli, delle Società operaie di mutuo soccorso di Napoli e di Vasto; infine il diploma quale membro della giuria ricevuto in occasione della Mostra del lavoro tenuta a Napoli nel 1890.