La tari cosa è?
ricevuta via mail da Carlamaria Colasaurdo
Egregio Direttore, gradirei il suo aiuto per sciogliere un nodo che mi avviluppa la mente, da quando ho inaspettatamente ricevuto cinque bollette TARI per un totale di 1.258,00 €: la TARI è il pagamento di un pubblico servizio o un’altra tassa?
Possiedo a Chieti un immobile uso ufficio (categoria catastale A10) non utilizzato né predisposto all’uso, perché privo di mobili e di allacci ai servizi di gas, luce, acqua, per il quale da Maggio 2015 non ho consegnato al servizio urbano di raccolta dei rifiuti neppure un sacchettino di spazzatura. Quest’anno la Teate Servizi, nel calcolare per le utenze non domestiche l’importo annuale dovuto dai proprietari di locali sfitti ad uso non abitativo (per le abitazioni l’esenzione c’è) ha aggiunto alla quota fissa a metro quadrato (costo del servizio) anche la quota variabile a metro quadrato (costo del servizio), in base ai rifiuti “potenziali” di una categoria di attività “inesistente” (studio medico, assicurazione, ufficio) che potrebbe occupare i locali, ma di fatto non le occupa, perché sono vuoti.
A nulla è valsa la mia dichiarazione che nello studio non si svolge alcuna attività, e neppure il ricorso al calcolo matematico: zero attività per qualunque coefficienti di rifiuti fa zero.
Di fronte a questo caso grottesco ho voluto approfondire la questione.
L’art. 1 della Legge di Stabilità 147 del 27/12/2013 al comma 639 assicura che la TARI, destinata a finanziare i costi del servizio raccolta e smaltimento dei rifiuti, è dovuta da chi utilizza il servizio. Però il comma 641 della stessa Legge recita che “Presupposto della TARI è il possesso o detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti suscettibili di produrre rifiuti urbani. Poiché l’Aggettivo “suscettibili” indica la possibilità di produrre rifiuti, la Suprema Corte di Cassazione (ordinanza 18022 del 24/07/2013) aveva già ritenuto legittima la pretesa del Comune di Bologna di applicare la TARSU ad un appartamento non utilizzato per il cambio di residenza del contribuente, il quale aveva denunciato la cessazione dell’occupazione dell’immobile e fornito la prova del mancato consumo di energia elettrica.
Quindi sono passata ad esaminare i regolamenti TARI di alcuni Comuni ed ho notato che i principi fondamentali e persino il frasario sono gli stessi della già citata Legge di stabilità: la TARI è il pagamento di un servizio. Anche perché il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nelle linee guida fornite ai Comuni sulla corretta applicazione della TARI, sostiene che non sono soggette al pagamento le unità immobiliari che di fatto non vengono utilizzate. Tuttavia, poiché il legislatore non si è espresso più compiutamente, ” suscettibili di produrre rifiuti urbani, di fatto conferiti al pubblico servizio ”, qualche Comune più indebitato, facendo pagare le potenzialità di produrre rifiuti, trasforma la TARI in un’altra patrimoniale, che si aggiunge all’IMU.
Da questo caso emerge che la proliferazione di Leggi scritte male e scoordinate moltiplica le incertezze interpretative, consolida le diversità di applicazione e crea disuguaglianze tra cittadini di Comuni diversi ed anche dello stesso Comune. Così leggi e regolamenti diventano carta straccia ed intorno a noi c’è il caos.
Risposta del direttore: Cara sig.ra Carlamaria, lei ha messo il dito nella piaga della italica abitudine allo scaricabarile e della ricerca della complessità al fine di permettere allo Stato ladro di spadroneggiare rispetto alle istanze dei cittadini sudditi, utilizzando in prestito definizioni di Oscar Giannino. Dalla sua narrazione sembra che ognuno degli attori abbia assolto al proprio compito, il Legislatore nel senso del Comma 639 dove specifica che il tributo è dovuto da chi utilizza il servizio, la Suprema Corte di Cassazione nel far applicare il comma 641 relativo alla suscettibilità di produrre rifiuti e il Ministero dell’Economia e delle Finanze nella elaborazione delle linee guida dove si esclude le unità immobiliari di fatto non utilizzate. Apparentemente la possibilità di poter accedere a più fonti dovrebbe garantire l’utente finale, invece la sensazione è che tutto questo sovrapporsi di Leggi, regolamenti. sentenze e circolari serva solo a permettere al pubblico di spadroneggiare impunito, o quasi, e ciò sia tollerato per permettergli di fare cassa.
Mi spingo a fare il parallelo con il montesilvanese Piano Regolatore Generale e relativo regolamento edilizio elaborati ed approvati definitivamente nel corso delle due consiliature del commendatore Renzo Gallerati (1995-2004), da tutti ritenuto responsabile del disordine urbanistico che attanaglia Montesilvano e che permette, ancora oggi, di continuare a consumare suolo con scarsissima attenzione agli spazi pubblici, vero valore di una città vivibile. Tale piano contiene tutto ed il contrario di tutto e offre gli appigli regolamentari con i quali gli uffici comunali giustificano le richieste e in definitiva permette al comparto edilizio di realizzare ciò che altrove è impensabile.
Ora cerco di rispondere alla sua chiara domanda e fare una proposta per risolvere l’italico vizio. La TARI è il pagamento di un servizio. Come evitare di essere sudditi? Facendo pressione sugli amministratori locali, i più vicini a noi, per emanare regolamenti chiari e non contraddittori.
Come fare con la TARI? Basta copiare chi ha trovato la soluzione. È fattibile far pagare ognuno per la quantità effettiva di rifiuto generato. Ricordo di una scoperta negli Anni ‘80 nella città di Bolzano che mi lasciò interdetto: i cassonetti per i rifiuti potevano essere aperti solo con una scheda magnetica del modello di quella delle desuete carte telefoniche utilizzate all’epoca. Oppure negli anni a seguire dello strumento della vendita dei sacchetti per conferire i rifiuti oppure degli innumerevoli sistemi di attribuzione, sfruttando i codici a barre nella raccolta porta a porta, della effettiva quantità prodotta al reale generatore di rifiuto. Applicando un regolamento siffatto, ognuno pagherebbe per quello che produce.
Come fare con il PRG? Chiediamone tutti la modifica per adeguarlo agli strumenti più moderni e per tenere conto delle esigenze di chi vive la città e non solo del comparto delle costruzioni, oramai ex motore economico della città.