Una vera epifania: lunedì 7 gennaio 2008

di Gabriella Toritto

Ero allora docente comandata presso l’ex C.S.A. di Chieti, l’Ufficio Scolastico Provinciale, per la Consulta Provinciale degli Studenti, i Raccordi Interistituzionali, l’Educazione alla Salute, l’Handicap.

Stavo organizzando il Convegno del 17 gennaio 2008 “Legalità e Dignità. La legalità a garanzia e tutela dei diritti dell’uomo e del cittadino”, pubblicato sul sito www.csachieti.it e aspettavo dalla Fondazione “Rita Levi Montalcini” una risposta in merito alla partecipazione dell’illustre Senatrice al convegno in parola.

L’attesa era tanta e la risposta, dati i numerosi impegni della Prof.ssa Montalcini, tardava ad arrivare, quando la mattina del 4 gennaio la dottoressa Giuseppina Tripodi, fidata e fedele collaboratrice della scienziata, mi confermava che io, docente referente della Consulta, il Presidente della CPS di Chieti, il liceale Dino Serafini, oggi giovane e affermato avvocato, membro dell’International Association of Young Lawyers (AIJA), saremmo stati ricevuti alcuni giorni dopo, lunedì 7 gennaio 2008, dalla Professoressa Levi Montalcini presso la Fondazione, a lei titolata, a Roma.

La mattina del 7 gennaio il viaggio Chieti – Roma in pullman, con Presidente e Segretaria della Consulta di allora, è stato contraddistinto dall’attesa e dalla trepidazione per un incontro certamente unico, irripetibile ed indimenticabile: un Premio Nobel (1986), non solo per la medicina. Un vero Premio Nobel anche per la vita: Donna esemplare di vivacità intellettuale, di fulgido coraggio e ingegno, di dedizione e abnegazione, modello per le giovani generazioni che hanno perso, o non hanno mai avuto, il senso della dignità della propria persona; Donna che si è spesa per le altre donne, specialmente per l’emancipazione e la liberazione attraverso lo studio e la ricerca, delle donne africane.

A Roma dinanzi alla Fondazione abbiamo incontrato il dottor Fabrizio Franceschelli, regista della trasmissione “Chi l’ha visto?” di Rai2, originario di Chieti, con cui mi ero già incontrata e il quale ha curato le riprese di quell’incontro e la registrazione del messaggio che la Senatrice ha voluto rilasciare agli studenti di Chieti.

L’incontro è stato per me molto emozionante. La semplicità dei modi, l’umiltà dell’approccio, il calore umano testimoniato verso i giovani studenti, la lucidità della mente che si è espressa in un fiume di parole consone e pertinenti hanno fatto sì che non solo si confermassero la stima e la grande ammirazione che nutrivo nei confronti della Professoressa Levi Montalcini, ma che esse aumentassero.

Attesto che il Presidente e la Segretaria della Consulta, intervenuti all’incontro con la Senatrice, Professoressa Rita Levi Montalcini, in rappresentanza di tutti gli Studenti della provincia di Chieti, hanno provato gli stessi sentimenti ed emozioni.

Concludo affermando che il 7 gennaio 2008 si è celebrata per noi una vera Epifania.

Quando concepii la realizzazione del Convegno, testé ricordato, volevo sensibilizzare gli studenti della provincia di Chieti al concetto della “Memoria” e ai valori ispiratori della Resistenza e dei Padri Costituenti, tanto più che in quell’anno 2008 ricorreva il 60° anniversario della Costituzione italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, Legge fondativa della Repubblica italiana, per cui a Chieti, assieme alla Prefettura e ad altre Istituzioni, organizzammo un vero e proprio iter formativo per gli studenti. A Chieti era di nuovo festa!

E poiché in quegli anni di “edonismo reaganiano” si era persa anche la memoria della parola dignità, volli dare al Convegno il seguente titolo: “Legalità e Dignità. La legalità a garanzia e tutela dei diritti dell’uomo e del cittadino”. Oltre alla Professoressa Rita Levi Montalcini, parteciparono al Convengo altre illustrissime personalità, come il Professore Marcello Pezzetti, uno dei più insigni storici dell’Olocausto e fondatore nel 1994 dell’importante videoteca presso la Fondazione CDEC di Milano, il Dottor Vito Zincani, Procuratore della Repubblica a Modena, la Professoressa Maria Falcone, il Dottor Mario Morcone, Prefetto del Ministero dell’Interno, l’Architetto Fabrizio Franceschelli, regista di “Chi l’ha visto?” e il Dottor Michele Massone per la presentazione del materiale storico riguardante la guerra in Abruzzo.

Perché la “Memoria”?

Perché la memoria è la prima forma di intelligenza del feto nel grembo materno – così mi spiegò un mio docente di Psicologia dell’età Evolutiva all’Università di Roma.

Perché la memoria, a mio avviso, è la bussola che guida l’uomo nel mare tumultuoso della storia.

Senza memoria l’uomo è privato dell’anima, della sua anima.

Un uomo senza anima è senza identità. È in balia dei flutti tumultuosi della vita e della storia. È schiavo nel corpo, nella mente e nello spirito.

Proviamo ad immaginare una persona che perde la memoria, oppure che ha solo qualche ora di smarrimento e di perdita di memoria. Non ricorda il proprio nome, non sa chi è, non sa dove abita, chi ama o chi ha amato, e che erra “vagabondo” disperato. È alla mercé di tutti e di tutto.

Immedesimiamoci. Che cosa proviamo? Smarrimento, vuoto assoluto, paura.

E quale popolo più di altri ha nutrito e coltivato, da sempre, la memoria? Gli Ebrei, il popolo Ebraico.

La Bibbia stessa è il libro della memoria. Non solo memoria del Patto di Alleanza con Dio, ma memoria della terra da dove sono arrivati con Abramo per dirigersi verso la Terra promessa; memoria delle tradizioni ancestrali, delle norme da rispettare, delle preghiere, del Talmud e della Torah, imparate a memoria fin da piccoli, della tavola imbandita attorno alla quale il padre ricorda ai propri figli, ossia fa memoria, ri-evoca, ri-celebra: Chi sono, da dove arrivano e dove sono diretti.

La memoria è, a mio avviso, ciò che in psicologia comportamentista si chiama rinforzo.

Che cos’è il rinforzo per l’ormeggio di una nave o per una parete pericolante? È ciò che impedisce a quella nave di essere trascinata dalle onde e di affondare o a quella parete di crollare. Così la memoria nelle tradizioni umane.

Ammiro molto il popolo Ebraico per la resilienza, per la potenza di quella memoria che li ha salvati dal destino travagliato finora avuto. Li ammiro per l’acume e l’intelligenza che ha consegnato ai posteri, grandi pensatori, navigatori, scienziati insigniti di Premi Nobel, e mi addolora profondamente ciò che sta accadendo in quelle loro terre dove va consumandosi ancora una volta una sanguinosa pagina di storia.

A me sembra una Nemesi storica.

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