Il punto politico su come si è arrivati alla variante del PRG
di Mauro De Flaviis
Ripercorriamo cosa è accaduto prima e durante l’ultimo consiglio comunale del 2023 ha visto l’adozione della variante parziale al PRG, ai sensi dell’art. 10 della Lur 18/’83 e ss.mm.ii., richiesta dalla soc. Sica srl di proprietà dell’avvocato Milia.
La richiesta della società Sica srl per costruire un immobile da 1800 mt da destinare ad utilizzo commerciale per l’insegna LIDL è del febbraio 2019 e la precedente amministrazione Maragno, vice Sindaco De Martinis, aveva tentato di istruire la pratica prima del termine della consiliatura stessa. I dettagli sono facilmente reperibili su un articolo de Il Centro del 19 marzo 2019.
La precedente amministrazione evidentemente non è riuscita nel suo intento di avallare tale proposta, mentre la amministrazione corrente dopo quasi cinque anni ha portato in Consiglio comunale una variante al PRG per modificare la destinazione d’uso delle particelle coinvolte da artigianale a industriale a commerciale.
Perché si sono attesi quasi cinque anni senza assumere decisioni e non si è tentato di instaurare un processo aperto di confronto con i proponenti volto all’ottenimento di benefici concreti per la comunità attraverso lo strumento dell’accordo di programma e si è scelto di forzare la mano ai consiglieri quasi a fine mandato?
Il Consiglio comunale prescelto per discutere di un tema divisivo con i commercianti è stato quello in cui era previsto tra gli altri punti all’ordine del giorno l’adozione dello Statuto provvisorio della Nuova Pescara, l’approvazione del programma triennale dei lavori pubblici 2023-2025, l’approvazione delle aliquote IMU 2024 e l’approvazione del bilancio di previsione finanziario 2024-2026. È evidente questa sia stata una scelta per costringere i consiglieri di maggioranza ad esprimersi su tale argomento divisivo. In più tale argomento all’ordine del giorno è stato aggiunto al precedente ordine del giorno all’ultimo minuto disponibile.
Nonostante ciò due consiglieri di maggioranza, Silvetti e Forconi, hanno espresso la loro posizione contraria.
Il Sindaco in Consiglio comunale ha chiaramente espresso un concetto che lascia un po’ perplessi ma che è aderente alla realtà: se lasciassimo la destinazione d’uso ad artigianale industriale l’area è destinata ad una lungodegenza e se venisse realizzato un capannone per fini artigianali e successivamente venisse chiesto il cambio di destinazione d’uso, a normativa vigente, non potremmo opporci e allora è meglio concedere la variante ora e ottenere un beneficio immediato. Quale il beneficio non è chiarissimo dalla discussione sull’argomento avuta in Consiglio.
Tutte le categorie dei commercianti sono scese sul piede di guerra minacciando ricorsi contro l’atto amministrativo in carenza di un piano comunale del commercio.
Ricordiamo che la vigente Legge regionale 31 luglio 2018 n 23 prevede all’art 2 (Principi e finalità) il comma 4 di cui riportiamo parzialmente il testo:
4. La disciplina del presente testo unico persegue le seguenti finalità:
b) integrare la pianificazione territoriale e urbanistica e la programmazione commerciale per un equilibrato ed armonico assetto del territorio e delle diverse tipologie di vendita al dettaglio, con particolare attenzione alla tutela e alla valorizzazione delle piccole e medie imprese commerciali;
d) valorizzare la funzione commerciale al fine di una riqualificazione del tessuto urbano e dei centri storici;
e) assicurare il rispetto della libera concorrenza favorendo lo sviluppo della presenza delle varie formule organizzative della distribuzione e, all’interno di queste, tra le varie imprese, al fine di garantire un corretto equilibrio tra imprese di diverse dimensioni;
g) assicurare un sistema di monitoraggio riferito all’entità ed alla efficienza della rete distributiva insediata sul territorio;
n) salvaguardare il contesto ambientale interessato dagli insediamenti commerciali intesi anche come fattore di valorizzazione territoriale;
All’articolo 12 la suddetta L.R. prevede quanto segue (Programmazione distributiva comunale):
1. I Comuni, al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del sistema dei servizi concernenti le attività commerciali, valutate le caratteristiche e le tendenze della distribuzione commerciale e nel rispetto di quanto disposto dal Piano di cui all’articolo 10, adottano un atto di programmazione che disciplina le modalità di applicazione dei criteri qualitativi individuati dalla programmazione regionale in riferimento all’insediamento di tutte le attività commerciali, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande, tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio.
2. I Comuni adeguano i propri strumenti urbanistici anche in relazione a singole varianti nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, tenuto conto dei criteri contenuti nel Piano di cui all’articolo 10 in relazione alla previsione di nuovi insediamenti commerciali, individuano le aree per la localizzazione di nuovi insediamenti tenuto conto delle condizioni di sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica e di mobilità relative a specifici ambiti territoriali.
3. I Comuni trasmettono ogni anno al Servizio regionale competente i dati relativi alla consistenza della rete commerciale con riferimento ad ogni singola tipologia commerciale.
Vi pare che gli amministratori abbiano garantito il rispetto della Legge regionale succitata?
Se questa è la situazione, contrasto interno alla maggioranza e opposizione di una parte consistente degli operatori economici del territorio, perché l’amministrazione non ha aperto una trattativa aperta con il richiedente attraverso lo strumento dell’accordo di programma chiedendo in cambio al proponente la sistemazione del quartiere, ad esempio via Ruffilli e/o sistemazione di aree a verde? Perché in quattro anni non è stato proposto un piano commerciale tale da dare risposte agli operatori economici ed ai cittadini, a tutela dell’interesse generale? In alternativa alla pianificazione si opera invece con interventi puntuali a macchia di leopardo per rispondere a quale logica?
Verificata la grande difficoltà in Consiglio comunale il Sindaco ha messo le mani avanti chiedendo ai consiglieri di votare secondo coscienza, come se ciò non dovesse essere la regola, senza tenere conto vincoli di maggioranza.
Apparentemente è mancata la volontà del dialogo e del confronto e la ricerca del consenso su atti concreti, arte che dovrebbe costituire il DNA di ogni amministratore e si è invece prepotentemente andati al redde rationem imponendo apparentemente una scelta già assunta al Consiglio comunale. Con questo atteggiamento che ha forzato la mano allo scadere della consiliatura, anche a rischio di rompere l’equilibrio in maggioranza, nascono dei dubbi rispetto ad eventuali scambi su altri temi.
È il giusto modo di procedere?
Si sono ottenuti due effetti negativi:
1. La maggioranza si è disunita
2. I cittadini e gli operatori economici hanno il sospetto che siano presenti accordi sottobanco e osteggeranno, cercando le opportunità esistenti, la scelta assunta
Lasciar trascorrere quasi cinque anni senza tentare un accordo di programma, forzare la mano al Consiglio e non dotarsi di un piano del commercio sono stati evidenti errori politici.
Chi rompe poi deve sapere che i cocci sono suoi!