La democrazia partecipativa impone responsabilità
di Domenico Di Carlo
Nel dibattito politico odierno è tornato con vivo interesse il tema del processo di fusione delle città di Pescara, Montesilvano e Spoltore nella Nuova Pescara.
Sembrerebbe sia in atto una sorta di rallentamento politico verso la storica questione istituzionale, che in parte potrebbe trovare giustificazione a causa della emergenza sanitaria; ma, dall’altra, sembrano riemergere dalle ceneri, come l’araba fenice, i localismi, personalismi, particolarismi, deleteri per la democrazia.
Non può sfuggire ad alcuno come il processo di fusione, unitamente all’istituzione della Regione, sia l’evento storico, politico e istituzionale più significativo dopo la nascita della Repubblica Italiana.
Del resto, lo strumento referendario per la nascita della Nuova Pescara ha offerto straordinarie speranze e prospettive per i cittadini che hanno risposto con un’ampia partecipazione e una chiara volontà positiva di arrivare al più presto verso l’unità politica e istituzionale delle tre città nella fusione in “Nuova Pescara”.
Quando l’Istituzione, compiendo un atto di “umiltà democratica”, chiede al popolo di pronunciarsi su un quesito referendario, compie un gesto di alto significato politico e istituzionale. Lo compie per due fondamentali ragioni: da una parte per evitare che sulla questione possa aprirsi un processo lacerante per il tessuto sociale democratico; dall’altro per vincolarsi, in modo definitivo, alla volontà popolare.
Quindi, non vi sono spazi, né strettoie per atteggiamenti, scelte contraddittorie o gattopardesche che possano remare in senso opposto.
Non può sottacersi, del resto, come la legge regionale del 24 agosto 2018, istitutiva della Nuova Pescara, è precedente al rinnovo dei Consigli Comunali del maggio del 2019, e, questi ultimi, non sono altro che esecutori di una volontà politica già espressa.
Un rallentamento del processo di fusione, privo di fondamenti giuridici e istituzionali, potrebbe delegittimare politicamente il ruolo dei Consigli Comunali stessi.
Un compito di particolare rilievo, in questa fase del processo di fusione, dovrebbe essere svolto dalla prima Commissione, rivisitando le piante organiche del personale, ottenendo se del caso deroghe ministeriali, per l’assunzione in via straordinaria e temporanea di personale dirigenziale e quadri; figure più idonee a supportare il processo, coerentemente sul piano amministrativo alla volontà dei Consigli Comunali e all’Assemblea Costitutiva. Proprio in quest’ottica va proposto il bilancio di fusione con una decorrenza precisa.
Anche i Consigli Comunali avrebbero l’obbligo di informativa dei cittadini, mediante la convocazione di assemblee straordinarie, sullo stato dei lavori, delle sei commissioni assembleari, in ordine al processo di fusione dei servizi (che vanno dall’organizzazione del personale e degli uffici, alla unificazione delle reti e sistemi informatici, al progetto di fusione del bilancio, alla riscossione dei tributi, al servizio di polizia municipale, alla pianificazione territoriale e urbanistica, alla mobilità, ecc.).
Bisogna avere piena coscienza politica e istituzionale che il processo di fusione è un processo irreversibile. Ciò vuol dire che la Regione potrà ricorrere, motu proprio, al procedimento di commissariamento ad acta, previsto dall’art. 9 della legge 26/2018, o su iniziativa di qualunque Consiglio Comunale, se sussistesse un ritardo legato a ragioni strumentali e non legislative o istituzionali.
La Nuova Pescara sarà una nuova città più moderna, ricca di prospettive ed ambizioni, con maggiori possibilità di attingere, per i progetti strategici innovativi ed infrastrutturali, a risorse pubbliche con fondi nazionali ed europei.
La questione di fondo che è anche la discriminante, non è se il processo di fusione richieda, ragionevolmente, un periodo più lungo per la fusione, per definire gli assetti istituzionali e organizzativi, ma la discriminante è tra il dare risposta definitiva e compiuta alla volontà popolare o a posizioni intrise di interessi personali, o di gruppi economici, quindi, demagogiche, antidemocratiche e populiste.