PADRE GUGLIELMO ALIMONTI
Intervista effettuata mercoledì 29.09.2021 da Gabriella Toritto
Il nome Guglielmo è stato scelto da Padre Alimonti in onore del Cardinale Guglielmo Massaia, missionario in Africa, a cui da giovane Padre Alimonti si ispirò. Ne voleva ricalcare le orme, avvinto dalla lettura della colossale opera del cardinale.
Padre Guglielmo desiderava andare in missione in America Latina, in Colombia; di qui lo studio della lingua spagnola.
È fecondo scrittore, poeta, oltreché sacerdote e pastore di anime. Ha pubblicato tantissime opere. E continua a scrivere, sempre ispirato.
Il 17 ottobre il Padre ha compiuto 92 anni: infatti è nato nel 1929 a Guardiagrele (CH). E’ un nostro conterraneo.
Ciò che sorprende e desta ammirazione di Padre Guglielmo Alimonti è il vigore che manifesta ed esprime durante le celebrazioni delle sue Sante Messe, durante le omelie, prorompenti come un fiume in piena che scorre a valle, pulendo alvei e argini, e durante gli incontri di evangelizzazione e catechesi. Viene da chiedersi da quali zampilli, da quale Sorgente vivificatrice il Padre attinga tanta forza, tanta vitalità. La voce, ferma, forte e chiara ne è un chiaro segnale.
La chiesa della Madonna dei Sette Dolori è ancora oggi, nonostante le restrizioni causate dal Covid-19, piena di fedeli. Prima della pandemia lo era molto di più.
Ogni mattina, sempre alla stessa ora, poco prima delle ore 6, in ogni stagione, in tutte le condizioni climatiche, i Figli spirituali di Padre Guglielmo si stringono attorno a lui in un’orazione costante che ormai hanno impressa nel cuore. Vogliono molto bene al Padre. Testimonio che per loro è come la stessa aria che respirano. Padre Guglielmo è per loro Alimento spirituale, Padre, Fratello, Confessore, Consigliere, Amico.
Per lui arrivano da ogni dove e gli si affidano totalmente, chiedendo di intercedere presso San Pio, già Padre Spirituale di Padre Guglielmo, e presso l’Altissimo, per le proprie famiglie, per i propri cari.
Così la Basilica della Madonna dei Sette Dolori e il Convento dei Frati Cappuccini continuano a perpetuare il ruolo di faro luminoso per la città di Pescara.
Dopo la seconda guerra mondiale Padre Alberto Mileno contribuì alla ricostruzione materiale, morale e spirituale dei Colli, dominanti la città a valle.
Ai nostri tempi c’è lui, Padre Guglielmo, il quale incardina la spiritualità più alta dei Francescani e, con molta umiltà, carità e pazienza, si pone a servizio dell’umanità, che ricorre a lui.
Fu San Pio da Pietrelcina ad affidargli l’apostolato dei Gruppi di Preghiera.
Ringraziamo il Padre per il dono della parola che concede a “Il Grande Sorpasso”.
Anche Padre Guglielmo ringrazia per il nostro invito e per la possibilità datagli di testimoniare una realtà, sì personale, ma che dà il segno della sua missione sacerdotale ai Colli e del suo rapporto filiale con San Pio, di cui è sempre stato devoto, che ha evocato ancor prima di conoscerlo.
D. Padre, ci ricorda come avvenne il suo primo incontro con San Pio?
R. Il primo incontro fu così incisivo e profondo da costituire il primo passo di un cammino da fare insieme. Ciò fu chiaro per me sin dall’inizio. Desideravo arrivare al Padre, conoscerlo personalmente, ricevere la sua benedizione, il suo abbraccio. Di contro riflettevo di non esserne degno. Padre Pio era un santo, mentre io ero l’ultimo dei peccatori. Di lui tuttavia avevo già ricevuto qualche bel segno. Ricordo che a Sulmona, dove ero seminarista, stavo giocando con i miei compagni quando, sollevando gli occhi, vidi Padre Pio in una finestra del Convento, vestito con i paramenti sacri. Egli mi guardò, mi sorrise e mi diede la benedizione. Se già desideravo vedere il Padre, quella visione aumentò in me l’aspirazione a incontrarlo. Le difficoltà però erano tante. I superiori ostacolavano, sostenendo che noi Cappuccini non potevamo andare da Padre Pio altrimenti la gente avrebbe pensato che gli facevamo réclame. Tale risposta mi sembrava talmente vuota da dire a me stesso di confidare solo in Padre Pio perché ci avrebbe pensato lui.
Un giorno arrivò nel Convento di Pescara una famiglia che aveva sentito parlare del mio desiderio di incontrare Padre Pio e mi invitò ad andare assieme a San Giovanni Rotondo.
Accettai volentieri dopo aver chiesto al mio Superiore locale il permesso, come di regola. Arrivato, scesi dalla macchina ed entrai in convento dove incontrai il Superiore che ogni anno accompagnavo in macchina da Pescara a Caramanico per le cure termali. Il Superiore, nel vedermi, si prestò ad accompagnarmi da Padre Pio, che usciva dal coro per tornare in cella. Quindi mi indicò al Padre, dicendogli: – “Padre spirituale, questo fraticello viene dall’Abruzzo e si raccomanda alla Vostra preghiera”. –
Padre Pio camminava sottobraccio a due suoi confratelli. Uno di questi si allontanò da lui per farmi posto, mettendo il mio braccio sotto quello del Padre. Dinanzi a quel gesto mi sentii un niente, un beneficato, grato infinitamente al Signore. Padre Raffaele chiese poi al Padre di benedirmi. Egli, guardandomi, disse: – “Ah, Sììì”.- E verso di me misurò un ceffone che, arrivato a sfiorarmi il viso, si trasformò in una carezza dolcissima.
Avevo sempre pensato di non meritare di incontrare il Padre e che, semmai ci fossi arrivato, egli avrebbe dovuto darmi uno schiaffo sonoro, poiché lo meritavo. Quel suo gesto corrispondeva al pensiero che avevo nutrito a lungo e mi fece riflettere: era un evidente segno di Dio. Poi andammo insieme fino alla cella. Mi benedisse e ci accordammo per la confessione della sera che fu un incontro meraviglioso.
Lì compresi che il Padre mi aveva preso sotto la sua protezione poiché, quando mi avvicinai e posi il mio braccio sotto il suo, mi strinse con una forza enorme, lui che appena si reggeva in piedi. Quella forza mi fece capire che da quel momento in poi Padre Pio non mi avrebbe mai più lasciato.
D. In quali momenti della Sua vita personale ha avvertito maggiormente la presenza amorevole e salvifica di San Pio?
R. Tante volte, soprattutto nel superamento delle difficoltà per andare da lui. Era lui che “scioglieva i nodi”, sicché mi ritrovavo nella condizione di potere andare. Poi, arrivato, mi diceva qualcosa attinente alla mia vita privata, vissuta lontana da lui. Erano segni di grazia, di affetto speciale. Una volta d’inverno, nonostante le difficoltà a viaggiare, dissi a me stesso che sarei andato comunque da lui, avendo la giornata libera.
Preparai la macchina, confidando nell’aiuto del Padre. Vi misi la pala per spalare la neve, che eventualmente avrei trovato per strada, la fune e ciò che poteva servire per gli imprevisti. Arrivato a San Severo, prima di iniziare la salita del Gargano, vidi dinanzi a me tutta la montagna fiorita di ginestre da sembrare un paradiso. Era dicembre o gennaio; rimasi sorpreso per le ginestre fiorite! Era un “regalo” di Padre Pio! Appena arrivai a San Giovanni, Padre Pio era già in piedi ad aspettarmi, pronto a chiedermi: – “Beh, l’hai trovata la neve?”
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La facoltà di San Pio di “vedere a distanza”, oltre che di “leggere i cuori”, è ciò che oggi i fedeli testimoniano anche di Padre Guglielmo. –
D. Ella, Padre, ha incontrato e confessato tantissime persone, di tutti i ceti sociali. Quale a suo avviso è il limite che scruta nel cuore dell’uomo contemporaneo?
R. Dal momento in cui incontrai Padre Pio sentii più forte il dovere di fare del bene, di arrivare con il mio ministero sacerdotale a tutti, specialmente alla città di Pescara, beneficarla sotto tutti gli aspetti. Oso raccontare un sogno profetico:
– In quel periodo mi chiesi come ravvivare la fede in città, per essere utile a tutti, quando sognai di andare da Padre Pio. Lungo la strada asfaltata vidi affiancarsi la riva del mare con acqua torbida, ricca di pesci, che avrei voluto pescare. L’acqua torbida però me lo impediva. Udii allora una voce e vidi un angelo che disse:- “Ecco, questo segnale ti serve!” – Così mi pose un berretto, come quello delle divise militari, su cui era scritto: “Padre Pio”.
Compresi che, per essere efficace nell’apostolato, avevo bisogno di Padre Pio, del suo aiuto, della sua presenza. Il suo carisma mi avrebbe dato la possibilità di realizzare non solo un sogno ma il dovere sacerdotale di fare del bene. In quello stesso momento – sempre nel sogno – mi curvai e cominciai a muovere la mano nell’acqua che iniziò a diventare limpidissima, consentendomi di prendere quei pesciolini. Capii che con Padre Pio avrei potuto essere “pescatore di anime” come San Pietro.
D. I suoi Gruppi di preghiera sono in costante movimento di apostolato. Il nostro è un tempo di confusione e mancanza di fede. Gli stimoli dell’etere sono invasivi. Disorientano, fanno perdere la bussola. L’Italia e l’Europa affondano le proprie radici nella cristianità, dunque quale messaggio, Padre, dà alla nostra comunità per recuperare l’identità perduta?
R. Facendo tale ragionamento dentro di me, avvertii di dover chiedere al vescovo di San Giovanni Rotondo, allora Monsignor Ruotolo, di istituire un giorno come Convegno Nazionale di tutti i giovani d’Italia. Il vescovo ascoltò e affidò a me quel compito. Dovevo pensarci io. Il primo anno riuscii ad organizzare l’incontro con 500 giovani per una giornata di preghiera, meditazione, canti: una festa di giovani vicino a Padre Pio. L’ultima Giornata Nazionale Giovanile a San Giovanni Rotondo ha annoverato più di 10 mila giovani, organizzati ed entusiasti di conoscere tutto di San Pio su cui ho scritto molto.
D. Ella, Padre, ha seminato tantissimo: Direttore Spirituale dei Seminaristi a Pescara, della Gioventù Francescana, Segretario della Conferenza Episcopale Abruzzese e Molisana, Cappellano dell’ONARMO, Gruppi di Preghiera, le sacre celebrazioni quotidiane e quelle solenni, le Catechesi, la somministrazione dei Sacramenti; ha attraversato quasi un secolo di Storia d’Abruzzo. Quali differenze ravvede fra ieri e oggi?
R. Umilmente si può dire che i frutti della conversione ci sono ma non sono io a misurarli. Li misuro con il desiderio, poiché vorrei tanto che quei frutti arrivassero alla città, alle famiglie, alle singole persone, specialmente ai giovani. Ho pregato sempre il Signore di non far trascorrere inutilmente il mio servizio sacerdotale in una città giovane come Pescara, in cui si vuole costruire in tutti i sensi e direzioni, mentre ciò che è fondamentale è l’impostazione cristiana. Posso tuttavia aggiungere che ogni tanto ho notato con meraviglia che qualche sindaco, ad esempio Casalini, mi ha chiamato facendomi partecipare al Consiglio Comunale più di una volta. Ricordo che un anno, in pellegrinaggio ad Assisi con tutti i Terziari d’Abruzzo (erano oltre 10.000) il sindaco Casalini preferì restare con la sua gente a consumare un’umile colazione al sacco sul prato, piuttosto che accettare l’invito del primo cittadino di Assisi, in previsione di un gemellaggio fra le due città. In quell’occasione Casalini lesse anche una mia poesia su San Francesco, Santo ispiratore della gioventù.
D. Vi è stato un periodo in cui certa scienza ha negato l’Invisibile, l’Infinito. Oggi, anche grazie alla fisica quantistica, ciò che i Padri della Chiesa ci hanno tramandato, trovano conferma e riscontro in molte ricerche e scoperte scientifiche. La Parola di Cristo, tramandata in parabole, è traducibile anche in termini scientifici. Padre ci parli della potenza della preghiera, della confessione.
R. Della preghiera non finiremo mai di dire. Nella preghiera entriamo in contatto con Dio. E se vogliamo fare bene qualcosa, “quella cosa” deve venire dall’alto come ispirazione, come energia, altrimenti predichiamo ma non “smuoviamo” niente: i cuori non si scaldano, non si convertono. Sono nati così i Gruppi di Preghiera, che ho diffuso in tutta Italia, poiché al mio desiderio di andare in missione Padre Pio rispose che dovevo restare in Abruzzo e pregare per lui. Man mano che gli eventi si realizzavano, ho compreso la portata di quell’invito di San Pio a collaborare con lui nella Chiesa per le anime. Ho intuito che a operare è lo Spirito Santo, nel momento in cui noi preghiamo; come è successo nel Cenacolo, quando i discepoli e Maria, raccolti in preghiera, richiamarono la discesa del Fuoco dello Spirito. Lo Spirito, come vento impetuoso, suscita e agisce nella vita degli uomini, dà la santità eroica e quella ordinaria. I Gruppi di Preghiera nella Chiesa sono un movimento di Grazia, una benedizione per la Chiesa e per tutta l’umanità, poiché quando si prega in gruppo è la comunità che fa comunione. Si inizia sempre dalla preghiera individuale per arrivare alla preghiera comunitaria.
Oggi la Scienza sta andando incontro alla Fede e sono certo che arriverà il momento in cui la Scienza coinciderà con la Fede poiché la VERITA’ è UNA. Non esiste una verità teologica e una verità scientifica. Sebbene in forma dubitativa, gli scienziati moderni hanno ammesso: – “Adesso cominciamo a capire” – La vera Scienza è un’ancella della Verità di Fede. Il professor Zichichi, grande scienziato, in una Conferenza a San Giovanni Rotondo, ci disse: – “Se qualcuno viene a dire in nome della Scienza che Dio non esiste, quello non è uno scienziato”. –
D. Padre, ci parli di San Pio e dell’olmo di Piana Romana.
R. Padre Pio visse giorni bellissimi della sua infanzia sotto l’olmo di Piana Romana. Vi tornò da sacerdote a pregare in solitudine tutti i giorni, quando poteva, almeno alla sera. Andava e rimaneva a pregare di fronte al sole che tramontava. Di quel Tutto che San Pio disse essere avvenuto a Pietrelcina, gran parte accadde a Piana Romana. L’olmo ricorda l’ombra che l’albero fece su Padre Pio, bisognoso di sollievo. Sotto l’olmo vide quel Crocifisso da cui le stimmate dolorosissime e sanguinanti (7 settembre 1910 prima stimmatizzazione). Padre Pio, allarmato, poiché non voleva essere additato come santo, si recò di corsa dal parroco don Salvatore, sottoponendogli l’accaduto e affermando di accettare tutto, tranne che le stimmate fossero visibili. Sarebbero state per lui una mortificazione. Padre Pio e il parroco pregarono così tanto finché le stimmate divennero invisibili fino alla seconda stimmatizzazione del 20 settembre 1918, durata 50 anni fino al 1968.
D. Come si può, Padre, riconoscere e allontanare la tentazione?
R. È una domanda interessantissima. Lo stesso Padre Pio si trovò a vivere esperienze in cui si manifestò il demonio. Una volta a lui si avvicinò per confessarsi un individuo nelle vesti di San Francesco. Quando Padre Pio lo raccontava, tremava ancora. Gli chiedemmo come avesse capito di avere dinanzi a sé il maligno. Rispose: – “Man mano che si avvicinava sentivo il ghiaccio addosso”. Così comprese che non poteva essere San Francesco. Appena fece il segno della croce, quello scoppiò come una bomba, allontanandosi e lasciando dietro di sé fetore. Altre volte il demonio si manifestò sotto forme diverse. Ogni volta per lui fu una prova dura, tant’è che ne era spaventato e ne parlò con il suo confessore, il quale gli rispose che bastava dire e far ripetere: – “Viva Gesù. Viva Maria”. Noi dobbiamo implorare lo Spirito Santo; noi sacerdoti anche prima della confessione, perché lo Spirito tenga lontano il maligno e perché ci illumini nel capire, nel rispondere, dando consigli giusti e con la forza necessaria. Il consiglio del sacerdote non è il consiglio di un amico ma è una REGOLA di GRAZIA che si TRAPIANTA nella COSCIENZA e che deve FRUTTIFICARE. Solo lo Spirito Santo può fare ciò.
D. Quale aspetto della personalità umana San Pio da Pietrelcina deprecava maggiormente?
R. L’ipocrisia. Ciò per cui Gesù nel Vangelo sgridò Scribi e Farisei, poiché ciò che usciva dalle loro labbra non corrispondeva a ciò che avevano nel cuore. Padre Pio fu accusato tante volte di essere burbero. Mandò via dal confessionale persone che però tornarono sempre da lui. Lo stesso Padre più volte spiegò che Gesù gli ordinava di agire in quel modo e che non mandava mai via alcuno se prima il Signore non gli avesse promesso che l’avrebbe salvato. In tutto ciò che Padre Pio faceva non c’era solo la saggezza e l’obbligo morale ma anche l’illuminazione del Signore.
Io stesso più volte ho visto tornare da lui persone trasformate, specialmente professionisti, gente d’alto rango, che in un primo momento si allontanarono, scandalizzate dai modi bruschi, e poi tornarono con il volto trasformato dalla meditazione, dall’esame di coscienza, dal rimorso dei peccati e dal bisogno di riparare.
Tratto da “I miei giorni con Padre Pio”:
Ero già sulla porta quando, mi richiama e domanda:
-Ma tu dove sei?
-Sono a Pescara, Padre-
Egli con quel tono profetico, che non ammette replica, aggiunge:
-Bene, stai lì e prega per me –
Sono trascorsi più di 70 anni, Padre Guglielmo Alimonti e la sua Comunità di Fedeli continuano a pregare San Pio da Pietrelcina, per la città di Pescara, per l’Abruzzo, per l’Italia e per il mondo intero.
Si ringraziano:
per l’intervista integrale www.padreguglielmo.it
Arch. Adriano D’Agostino, D.sse Manuela e Lorena Ambrosini, Dr. Fernando Guarino, l’Editore Dr. Gennaro Passerini