Questo mese sorpassiamo… il gradimento a suon di like
di Vittorio Gervasi (num.Maggio 2019)
Sui social c’è qualcosa di molto importante che deve esserci ancora svelata. Vi offro il primo indizio: i miliardari della Silicon Valley non usano i social media. Molti capi di Facebook non sono presenti con assiduità su Facebook stesso e mantengono nascoste una serie di informazioni che a noi utenti viene chiesto di rendere pubbliche. Altrettanti con ruoli di responsabilità non intervengono in nessuna discussione. Tim Cook, vertice massimo di Apple, vieta ai nipoti l’uso dei social e lo stesso fondatore di Apple ebbe a dichiarare che l’Ipad non l’avrebbero dovuto usare i bambini. Altro indizio: tanti dichiarano di avere distrutto gran parte delle amicizie a causa delle discussioni su Facebook. Ce ne sono tanti altri di indizi, che messi tutti assieme, costituiscono una grande prova: i social modificano la nostra percezione della realtà. I social non sono la realtà. I social ci catturano, ci rapiscono, si impadroniscono di noi, ci stimolano a vivere di emozioni, di attimi di emotività, frammentano le informazioni fino a costruire un mondo virtuale che si alimenta di emozioni fugaci e mutevoli.
Tutto questo comporta una modifica del nostro modo di pensare, di rapportarci agli altri, di vivere un ambiente che non è più la realtà. Al contrario abbiamo bisogno di vivere passando dalle semplici emozioni alle riflessioni: quelle profonde, quelle durature, quelle che ci fanno realmente comprendere le cose. Abbiamo bisogno di pensare, ed il pensiero ha bisogno di tempo, ha bisogno di costruire dei passaggi logici, di approfondire, di guardare le tante sfaccettature di ciò che vogliamo conoscere. Ma nel tempo dei social tutto questo è sostanzialmente impossibile se ci alimentiamo solo di social. Il successo sui social è dettato dai Like/Mi Piace che vengono utilizzati per segnalare il gradimento di una notizia o di un testo/foto. Tutte emozioni che nell’immediato, senza conoscere o approfondire, ci viene chiesto di esprimere mettendo il dito su di un tasto che va ad alimentare dei contatori per ogni cosa che viene pubblicata. E più il contatore cresce più mi sento gratificato. Cosa comporta tutto questo? Un grande indebolimento della vera conoscenza e soprattutto l’incapacità di esercitare un ragionamento approfondito su quello che ci viene proposto. In questi giorni è stato lanciato anche un concorso politico per gareggiare sui Mi Piace/I Like. La conclusione è che siamo tutti più deboli, tutti più manovrabili, tutti più vulnerabili, perché ci abituiamo ad una tale rapidità e superficialità dell’informazione che diventiamo incapaci di distinguere, di penetrare il contenuto delle cose, di osservare la realtà per capirne il senso. Cosa dobbiamo allora concludere? Perché chi questi strumenti li ha inventati finisce per non usarli o per limitarne l’uso alle persone più care? Penso che l’aumentare della solitudine sia direttamente proporzionale all’aumentare dell’uso dei social. Penso che l’incremento della superficialità nelle valutazioni di ogni cosa sia direttamente proporzionale all’uso dei social. Non li demonizzo, ma bisogna conoscerli fino in fondo prima di usarli perché i rischi sono tanti. Non mi lascio mai condizionare dai Like/Mi Piace quando sono sui social, perché ho notato che i contenuti migliori spesso ne hanno pochissimi e appena aumenta un po’ il testo scritto quasi nessuno arriva fino in fondo nella lettura, quasi a voler dire :<<non ho voglia di approfondire ma solo di avere una percezione delle cose tanto immediata quanto passeggera>>, dimenticando, però, se mi alimento di questo cibo, il sapore autentico delle cose andrà perso, per lasciare spazio ai surrogati che non sono e non saranno mai la stessa cosa. Chi li conosce sa bene come vanno usati e per questo li usa poco e con grande moderazione. Chi lo comprende vive meglio e scopre la realtà che è sempre più affascinante del mondo virtuale.