Regali improbabili e dove trovarli
REGALI IMPROBABILI E DOVE TROVARLI
di Davide Canonico
Quando la confusione delle feste natalizie volge al termine, parenti ed amici si congedano insieme al calore e al clamore che contraddistinguono la loro compagnia. Ci sentiamo svuotati e frastornati, come fossimo passati nell’occhio di un ciclone. Sono stati giorni pieni, frenetici, dove un agglomerato di intense emozioni, più o meno piacevoli, ha centrifugato la nostra persona come il programma ad alta intensità della lavatrice. Mentre il cestello della nostra coscienza ondeggia lentamente per tornare alla posizione di quiete originaria, spontanee ed inevitabili vengono alla mente le proverbiali parole dell’avvocato Covelli nella famosa commedia di Carlo Vanzina: “E anche questo Natale ce lo semo levato dalle palle! “
Siamo quindi giunti, non senza fatica, ad un momento carico di riflessioni: è adesso infatti che si tirano le somme e si fa il bilancio dei giorni appena trascorsi: entrate e uscite, utili e perdite. Mentre nello Stato Patrimoniale riportiamo le aspettative, i sogni, le speranze ed i ricordi, nel Conto Economico troviamo le risposte in merito all’andamento del periodo in esame. Voce imprescindibile di quest’ultimo sono i regali di Natale. Conto bifase che, tristemente per le nostre finanze, si muove sia in dare che in avere. Sono i primi giorni dell’anno, e vogliamo partire con un animo rinnovato e positivo. Per questo lasciamo ad un secondo momento l’analisi di quanto abbiamo dato e ci concentriamo, invece, su ciò che abbiamo ricevuto. Ma esattamente: cosa abbiamo ricevuto? Prendiamo carta e penna e facciamo una lista. Man mano che andiamo avanti ci troviamo ad allontanarci inesorabilmente dai rigidi binari della contabilità analitica per addentrarci nell’etereo mondo descritto da Lewis Carrol in “Alice nel paese delle meraviglie”. A volte però è la mancanza di fantasia, più della fantasia stessa, a spingersi oltre ogni probabilità. Increduli rigiriamo più volte tra le mani il foglio contenente le nostre annotazioni. Dubbiosi indugiamo su quei regali, domandandoci se effettivamente fossero destinati a noi e non a qualche altro fortunato pretendente. Il fatto è che la maggior parte sono così impersonali o improbabili da poter essere adatti a tutti e a nessuno ma di certo non a noi. Difficile pensare altrimenti guardando il paio di guanti che nostra zia ci ha regalato per il quinto natale consecutivo o il dopobarba di una marca ignota quando anche i soprammobili sanno che non ne usiamo. Immancabile poi il set di calzini e mutande che andrà ad arricchire il guardaroba. Ne abbiamo ricevuti così tanti nel tempo che un paio di cassetti non erano più sufficienti ed abbiamo dovuto sacrificare il letto a due piazze per potergli dedicare lo spazio di un intero armadio a muro. Ovviamente tutti colori di un certo fascino o sobrietà, come il viola velo di monaca che su certe zone del corpo forse serve a dare un messaggio del tipo “stendiamo un velo pietoso”. Intendiamoci, sono regali utili e l’utilità è sempre benaccetta, sicuramente più di tante cianfrusaglie destinate alla polvere in un cassetto dimenticato solo perché qualcuno guardandole sullo scaffale del negozio, per qualche malaugurata associazione di idee o fatidica congiunzione astrale, ha pensato a noi.
E’ vero, “a caval donato non si guarda in bocca” ma la critica non è rivolta al dono in sé. Basta veramente solo il pensiero. Il fatto è che il più delle volte il pensiero non c’è. Regalare non è cosa semplice: bisogna conoscere i desideri del destinatario e per conoscerli ci vuole attenzione e bisogna spendere tempo, più che soldi. Certo, la spesa alle volte incrementa le probabilità di successo ma non è necessario qualcosa di altisonante e costoso per rendere felice una persona: il pensiero, se viene dal cuore, può rendere grandi anche le cose all’apparenza più piccole. “È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante”. Tempo e pazienza, dunque, due ingredienti fondamentali che oggi possediamo in quantità sempre più esigue: non riusciamo a dedicarli a noi, figuriamoci agli altri. Senza parlare del fatto che vedere addobbate le vetrine dal 15 settembre, mentre abbiamo ancora la sabbia del mare sulla pelle, porta giustamente ad un ripudio intrinseco verso lo shopping natalizio. Forse è anche per questo che ci riduciamo all’ultimo minuto, quando la calca è assicurata e la scelta di cosa comprare è indifferente purché ci permetta di fuggire nel più breve tempo possibile da tale supplizio fatto di luci, ghirlande e sovraffollamento. Tuttavia, fantasia e tempo sono le sole cose che possono aiutarci a fuggire dall’anonimato, cioè a rendere l’oggetto anche più piccolo e banale inconfondibilmente destinato ad una persona piuttosto che ad un’altra. È un dettaglio minimo ma che fa tutta la differenza del mondo. Prendere un libro a caso dallo scaffale dei gialli solo perché un giorno siete andati insieme al cinema a vedere Sherlock Holmes difficilmente sarà una strategia vincente.
Certo, per quanto minimo ed insufficiente, non si può negare che ci sia stato uno sforzo. Quando, invece, si destina a qualcun altro un regalo che era destinato a noi, in gergo tecnico quando si ricicla un regalo poco apprezzato per motivi oggettivi (è tanto brutto quanto inutile), l’unico sforzo che tale gesto meriterebbe sarebbe il lancio di uno strale così da incenerire seduta stante l’ardito ideatore del misfatto. Probabilmente non lo fa con cattiveria o superficialità, non è che non gliene importi nulla, semplicemente ha a cuore la salvaguardia del pianeta e giustamente aderisce al prosperare della green economy attraverso la sana pratica del ridare nuova vita a risorse ormai obsolete ma che ancora possono trovare un posto nel processo produttivo perché non sono giunte alla fine del loro ciclo vitale. Insomma, dovremmo essere felici di tanta attenzione. E lo saremmo veramente a patto di poterne apprezzare la coerenza vedendolo incatenato ad un albero in Lapponia, nudo, la mattina di Natale a combattere per i diritti delle renne.
Non dovremmo mai dimenticare che il dono è la forma più sublime di violenza: volenti o nolenti, si è costretti ad accettarlo.Per questo, colorando e parafrasando le parole del Sig. Balocco, vi suggerisco: quando fate un regalo non metteteci il culo, metteteci il cuore.