La Grande Guerra
La Grande Guerra
di Gabriella Toritto
Quest’anno, in novembre, ricorrono i 100 anni dalla fine della Grande Guerra.
Era quello il tempo della Belle époque e il dono della pace sembrava dovesse durare per sempre. A Parigi si viveva la Ville Lumière in un ritmo frivolo e frenetico: dal ballo alla moda, al cancan. Lo sviluppo economico, culturale e il benessere sempre più diffuso davano all’Europa l’illusione della propria grandezza, della propria forza e civiltà, di grandi attese. L’Europa si sentiva il punto di arrivo e di confluenza delle invenzioni, della tecnica e di tutte quelle virtù che l’avevano resa importante. Il progresso unificava i popoli europei, orgogliosi del frutto esaltante di secoli di lavoro e di incivilimento umano.
Si trattava tuttavia di una pura chimera poiché ben presto quei tedeschi e quei francesi che durante l’Esposizione Universale di Parigi del 1889 si erano incontrati inconsapevolmente sotto la torre Eiffel, si ritrovarono nel giro di poco tempo a spararsi, nascosti nelle trincee.
Era il tempo a cavallo fra due secoli, che assisteva al trionfo della scienza, alla moltiplicazione delle scoperte e delle applicazioni tecniche. Era il tempo del progresso delle scienze sociali, dei metodi dell’analisi dell’anima, della psiche e del comportamento ossia della psichiatria, della psicanalisi, della sociologia, della scienza della politica. Tutto appariva in crescita. L’uomo era fiducioso e sicuro. L’Europa si credeva l’ombelico del mondo, la civiltà. Aveva raggiunto un notevole grado di benessere e di sicurezza, una stabilità di ordinamenti, dei diritti civili e un soddisfacente grado di istruzione e di libertà. Non tutti i cittadini o sudditi, tuttavia, vivevano nelle stesse condizioni. Vi erano situazioni privilegiate, tipiche delle classi abbienti, mentre le classi inferiori erano organizzate e incoraggiate a nutrire fiducia in un futuro migliore dai movimenti sindacali e politici della sinistra.
In Germania e in Austria, in Francia e in Gran Bretagna, così come in Russia e in Italia, seppure in misura diversa, i socialisti della Seconda Internazionale erano ben organizzati.
Era un tempo di pace. Così si credeva, ma di lì a poco i paesi sopra citati furono coinvolti nella bufera di quel conflitto europeo che qualcuno definì guerra civile, poiché vide coinvolti in una carneficina popoli fratelli appartenenti allo stesso continente.
Grande Guerra, Great War, Große Krieg: tutti i paesi belligeranti la chiamarono così. Il termine “Grande Guerra” apparve già dal 1914, quando fu subito evidente che quella che per Germania e Impero austro-ungarico doveva essere una “guerra lampo” si sarebbe trasformata in un conflitto totale, mondiale e di lunga durata, a causa dell’estensione delle operazioni militari e dei milioni di soldati sul campo che ne avrebbero fatto uno scontro dalle dimensioni inedite e senza termine di paragone rispetto al passato.
Scoppiata nel 1914, la Grande Guerra si concluse nel novembre del 1918 dopo anni durissimi di combattimenti, di fame, di gelo, di morte incombente e di grande scoraggiamento che causarono molte diserzioni. Terribile fu il rigido inverno del 1916 nelle trincee del Carso. Ancora più terribile fu il 1917, quando alle insostenibili condizioni di vita si aggiunsero le sconfitte e, per gli italiani, la disfatta di Caporetto. Andò meglio l’anno seguente, 1918, quando le forze alleate iniziarono ad avere la meglio contro i tedeschi e gli austriaci, e gli italiani riportarono la trionfale vittoria di Vittorio Veneto, costringendo l’impero austro-ungarico all’armistizio e l’esercito tedesco all’isolamento.
Seguirono le trattative di pace e la sottoscrizione dei Trattati.
La guerra era finita … ma solo per poco.