Vasche di espansione sul Saline finanziate dal CIPE
Il fiume non è più considerato elemento di vita ma, purtroppo, anche elemento di morte
di Franco Vitileia
Un atteggiamento poco rispettoso dei caratteri idrologici del territorio e una disattenzione della normativa vigente sono le vere cause dei disastri che in questi ultimi tempi si sono riproposti drammaticamente.
Infatti dopo ogni disastrosa alluvione si toma a parlare sempre di più del “rischio idrogeologico” e non della “tutela dei fiumi “. Di fronte alle conseguenze tragiche di un’alluvione riemergono puntualmente, tutti gli errori umani compiuti nei confronti dell’ambiente, errori che nonostante tutto si continuano a commettere.
Le alluvioni sono fatti naturali che si trasformano in tragedie umane ed economiche solo quando case, industrie e infrastrutture sono realizzale all’interno delle piane alluvionali (site in sponda destra o sinistra dei corsi d’acqua) originate dai periodici straripamenti.
Il più delle volte, costretti dentro argini artificiali, i fiumi scorrono sempre più velocemente e non sono più liberi di straripare ed espandersi liberamente all’interno dei loro ambiti naturali.
L’uomo, per contro, è ancora alla ricerca delle analisi e degli studi perfetti in grado di individuare in modo inconfutabile le aree fluviali da tutelare che nel frattempo stanno sempre più trasformandosi in zone a rischio.
Nonostante l’emanazione, durante gli anni ’80, di importanti leggi finalizzate a effettuare un vero e proprio cambiamento di rotta nella gestione del territorio, dobbiamo purtroppo constatare che si è continuato a costruire all’interno delle zone soggette alle esondazioni. (basta guardarsi intorno per capire) malgrado la piena vigenza di Leggi nazionali come la 431/85 cosiddetta “Legge Galasso” e la Legge 183/89 sulla difesa del suolo “Piani di Bacino”.
La prima prevede la ”tutela di tutti i corsi d’acqua” con le rispettive fasce larghe di ml.150 e la seconda prospetta ”una politica di pianificazione territoriale globale” attraverso la predisposizione di piani di bacino vincolanti per le Amministrazioni locali. La stessa è stata sostanzialmente tradita da una gestione non rigorosa de! vincolo paesaggistico che ha permesso un facile rilascio delle necessarie autorizzazioni regionali e dall’approvazione con troppe deroghe del Piano Paesistico Regionale.
La legge sulla difesa del suolo, poi, è stata totalmente disattesa e solo più tardi la Regione Abruzzo, costretta dai termini perentori del Decreto Legge 180/98 (meglio conosciuto come “Decreto Sarno”) ha approvato un piano stralcio contenente solo il censimento delle zone più a rischio proprio per la presenza di tutte le mega strutture realizzate durante l’ultimo decennio. Per le altre zone, tutto è stato rinviato, ovviamente a studi più approfonditi. La presenza massiccia di queste opere in zone esondabili, così come le troppe previsioni di nuove zone industriali e residenziali inserite negli ultimi Piani Regolatori Comunali approvati, condiziona oggi pesantemente il tipo di intervento da realizzare per impedire straripamenti dalle tragiche conseguenze in termini umani ed economici.
Risulta molto più facile, cioè, sull’onda dell‘emergenza riproporre arginature rigide (vedi vasca di espansione o lamellare) piuttosto che interventi di “ingegneria naturalistica” unita a una radicale bonifica ambientale che consente la riapertura delle sezioni di deflusso idrico (recupero del letto fluviale).
A proposito della tanto discussa previsionata “Opera” ci chiediamo:
- se non si ritenga bastevole, ai fini della tutela e dalla salvaguardia della pubblica e privata incolumità, attivare anzitutto: una salutare ripulitura dell’asta idrica del fiume Saline, una idonea riapertura della sezione di deflusso e il ripristino dell’efficienza funzionale degli argini che, al momento. risultano fortemente compromessi;
- se la ipotizzata muraglia costituente il manufatto arginale della ripetuta vasca non possa essere realizzata su di un sito più idoneo, laddove la naturale conformazione dello stato dei luoghi (per esempio, sulle aree adiacenti il punto di confluenza tra il Tavo e il Fino) consentirebbe l’immediata espansione della massima spinta idrica proveniente dalle due aste in piena, eliminando così di fatto il potenziale rischio di allagamento di tutti i terreni immediatamente a valle.
Infatti l’area sulla quale si vorrebbe far sorgere la struttura della quale si tratta è, a parere nostro, il meno idoneo e funzionale per le seguenti ragioni:
- perché essendo stato previsionato a metà de! corso de! Saline (a 3 km dal punto dove si origina e a 4 km dalla foce) non assicura né garantisce dal rischio allagamento i terreni a monte;
- perché, occupando una dalle aree più appetibili del territorio comunale, impedirebbe all’Amministrazione stessa di poterla destinare, a realizzazione di specifiche attività ludico-ricreative, considerata la vocazione turistica della città;
- perché risulta fortemente pregiudizievole per il forte impatto ambientale che si andrebbe a determinare in raffronto alla progettata strada lungofiume che così risulterebbe compressa tra il costone de! manufatto autostradale e il serpentone arginale dell’opera cui sopra è fatto cenno.