DEPRESSIONE E POVERTA’
Lettere al Direttore
Depressione e Povertà
ricevuta via mail dal prof. Paolo Vesi
Vorrei dare un seguito al bellissimo articolo della dott.ssa Serena Fugazzi che ha sottolineato il nesso di causalità tra “Povertà” e “Salute mentale”: le condizioni socio-economiche avverse aumentano il rischio di sviluppare problemi psicologici, in quanto la povertà può portare a subire una molteplicità di eventi stressanti legati a circostanze di vita avverse di cui difficilmente si ha il controllo. Tutto ciò esita in conseguenze negative come Depressione, Ansia, Disturbo post-traumatico, etc. e il rischio è alto tra i bambini: si stima infatti che quasi l’80% dei bambini provenienti da famiglie a basso reddito non abbia accesso alle cure di salute mentale di cui hanno bisogno, quando solo il 13% degli adulti a basso reddito con un disturbo post-traumatico riceve un trattamento adeguato.
Ecco quindi spiegato il mio interesse, come pediatra, per questo articolo. Inoltre, come cultore di un stile di vita ottimale, in cui sia prevista anche un’alimentazione adeguata alle leggi della biochimica (che essendo una scienza esatta non ammette discussioni – Barry Sears), vorrei aggiungere questo concetto: il povero non può permettersi una buona alimentazione (in un contesto di stile di vita ottimale) e ciò comporta una sofferenza di tutti gli organi del nostro corpo, e del cervello in primis che, essendo l’organo più nobile e quindi il più delicato, è il primo a entrare in sofferenza. Tutti gli organi, quando soffrono, “si lamentano con la voce che hanno”, quella che il Padre Eterno ha dato loro: ad esempio, il Cuore con le aritmie, l’Intestino con la diarrea o la stitichezza, l’Apparato respiratorio con la tosse, il Fegato con la bocca amara, etc. . Il Cervello come si lamenterà? Con la sua voce, con una serie di “sintomi”, che noi definiamo “malattie”, turbe della salute mentale: Depressione, Ansia, Problemi psicologici, etc. .
Queste non sono mie idee (io le ho soltanto maturate con l’esperienza). Il compianto prof. Moretti, venuto a mancare qualche anno fa, illustre psichiatra, me le ha avallate, dando un substrato organico a patologie psichiatriche. Inoltre abbiamo vari esempi in natura che ci confermano questo concetto: quante persone vanno in depressione dopo una dieta esasperata!!! (per carenza nutritiva del cervello); depressione post-partum (causata da carenza di omega-3, che vengono trasferiti, secondo natura, al feto negli ultimi mesi di gravidanza), etc. .
L’argomento è poi ampiamente trattato dal dott.ssa Kelly Brogan, illustre psichiatra americana, nel suo libro “Ce la faccio da sola” – marzo 2017, e dal dr. David Perlmutter, autore di “La dieta intelligente”.
In questi testi, che io consiglio di leggere a tutti, non solo ai malati, perché forieri di Salute, si puntualizza l’attenzione su fattori negativi che possono incidere sul nostro Benessere e sulla patogenesi della depressione in particolare.
La Brogan descrive sì diverse tecniche, di facile applicazione, che hanno un impatto immediato sul tono dell’umore, dalla respirazione alla gestione dello stress, ma dà inoltre una notevole importanza al sonno, alla disintossicazione, all’attività fisica e soprattutto alla Dieta che considera “il viatico più importante per i cambiamenti che si desiderano vedere ed è anche l’area più importante da trattare per riequilibrare il corpo e il cervello”. Cita moltissimi studi che dimostrano, senza ombra di dubbio, l’impatto negativo della dieta occidentale a livello delle emozioni, delle capacità cognitive e dell’insorgenza di un’infiammazione “silente”, che non dà segni di sé, se non quando “il vaso trabocca” e la malattia scoppia. È quella infiammazione di cui ci parla anche Barry Sears e di cui noi abbiamo parlato nei primi numeri della mia rubrica sul Benessere; infiammazione che si evita con la Dieta-Zona mantenendo sotto controllo la glicemia, utilizzando alimenti a basso indice glicemico, associando dosi opportune di Omega-3.
Un’alimentazione inoltre caratterizzata dalla presenza di grassi vegetali idrogenati, zucchero, conservanti e altre sostanze tossiche, può predisporci all’insorgenza di un’infiammazione cronica; ciò può cominciare già nell’utero (JACKA et Al. – 2015. KAPLAN et Al. – 2014).
Questo spiega quindi come la migliore forma di prevenzione sia intraprendere uno stile dietetico che elimini i soliti cibi industriali, prediligendo cibi “veri” che non favoriscono l’infiammazione, ma che abbia anche e soprattutto un’impostazione anti-infiammatoria tra i vari nutrienti (secondo le regole della Zona).
L’infiammazione comporta gran parte delle patologie croniche, quali l’obesità, cardiopatia ischemica, diabete, così come malattie degenerative, incluse la demenza ed il cancro; la scienza ci dice anche che la depressione è una condizione in cui essa è implicata, e la correlazione tra depressione e infiammazione è così ben documentata che i ricercatori stanno studiando l’uso di farmaci che agiscano sul sistema immunitario per trattarla (KOHLER et Al. – 2014).
In psichiatria il ruolo del sistema immunitario nell’insorgenza della depressione è noto da circa un secolo. Solo recentemente però abbiamo cominciato a capire le connessioni di rilievo grazie a vasti studi a lungo termine che dimostrano l’importanza della relazione tra sistema immunitario, infiammazione, flora intestinale e la malattia mentale (GIBNEY & DREXHAGE – 2013).
Un cenno al Glutine. Il nome glutine deriva dal latino gluten che significa “colla” che si trova soprattutto nel grano, ma è possibile reperire proteine simili, dette prolamine, nell’orzo, nella segale, nel mais (zeina): sono le sostanze più infiammatorie dell’era moderna (BROGAN). Sebbene solo una modesta percentuale della popolazione sia altamente sensibile al glutine e soffra di Celiachia, è possibile per tutti sviluppare una reazione avversa, senza che venga diagnosticata: i test convenzionali attualmente disponibili hanno dei limiti (non starò a dilungarmi a spiegare il perché; non è questa la sede), pertanto sono troppo limitati, al punto forse di essere quasi inutili. In uno studio, una risposta infiammatoria è stata evidenziata nella parete intestinale di volontari sani, suggerendo che il glutine possa causare reazioni avverse in tutti (DI BERNARDO et AL. – 2007). Secondo il rinomato ricercatore MARIOS HADJIVASSILIOU (2002) “la sensibilità al glutine può essere principalmente, e a volte esclusivamente, una malattia neurologica”: i sintomi comprendono la depressione, le convulsioni (epilessia), il mal di testa, la sclerosi multipla/demielinizzazione, l’ansia, alcuni sintomi associati alla sindrome ADHD (deficit di attenzione/iperattività), atassia (perdita del controllo dei movimenti) e danni a nervi (PERLMUTTER D.; SHOR D.B. et al. – 2009).
Detto questo possiamo concludere che il “povero” è predisposto alla depressione anche (e soprattutto) perché non è in grado di seguire una particolare alimentazione, perché costosa: tende a mangiare prevalentemente farinacei e molte volte, paradossalmente, ingrassa, perché sono cibi che, introdotti in eccesso, producono infiammazione: avete notato come sempre più frequentemente si vedono africani, nonostante i chilometri che percorrono, portando su e giù per la spiaggia le loro mercanzie, che sono, stranamente, in soprappeso ?!?!?
Con tutto questo non voglio escludere l’importanza, nella patogenesi della depressione, dei fattori esogeni (esterni), terreno dove lo Psicologo può lavorare moltissimo e bene, ma bisogna “accomodare la macchina” in maniera che possa funzionare a pieno ritmo, sopportando e ammortizzando gli insulti che vengono dall’esterno (che peraltro colpiscono tutti noi e non tutti siamo depressi o affetti da altre patologie di carattere psicologico), altrimenti, molto probabilmente, la malattia non guarirà definitivamente.
Risposta del direttore: Caro dr. Vesi, è con vero piacere che pubblichiamo la sua missiva per due ragioni. La prima perché riprende un contributo del numero precedente dimostrando che riusciamo nell’obiettivo di realizzare un prodotto che suscita ulteriori approfondimenti. La seconda perché è affascinante leggere i suoi consigli per accomodare la macchina, allo stesso tempo attingendo competenze multidisciplinari e rendendole semplici da comprendere ai nostri lettori.
Concluderei affermando essere proprio vero che l’uomo è ciò che mangia (Ludwig Andreas Feuerbach – Landshut, 28 luglio 1804 / Rechenberg, 13 settembre 1872).