ITALIANI BRAVA GENTE?(3° parte)
ITALIANI BRAVA GENTE?
A proposito di miseria e degrado igienico-sanitario… (3° parte)
di Raffaele Simoncini
Credo sia esperienza comune quella di aver vissuto negli ultimi anni e di vivere nel presente il flusso costante di venditori delle merci più disparate, sulle nostre spiagge, nei lunghi e afosi giorni estivi. Al di là del giudizio che può essere dato su questo commercio ‘transeunte’, mi colpisce ciò che ho sempre immaginato di tutta questa variegata umanità, nel vederla muoversi stancamente, su e giù per il litorale Pescara-Montesilvano: dove vivrà, come vivrà, con quale possibile approccio alla pulizia personale e degli abiti indossati, a sera certamente sporchi e intrisi di sudore? Mi sono anche stupito a pensare che, con ogni probabilità, la vita promiscua di più persone in alloggi spesso inadeguati non favorisca certamente la pulizia diffusa e l’auspicabile rispetto della propria persona, almeno secondo i nostri canoni e i nostri modi di interpretazione del concetto di ‘pulizia’. Anche su questi canoni e sugli esiti presenti nel nostro vissuto quotidiano di ‘evoluti cittadini’ ci sarebbe molto da dire e da osservare, ma questo non è il luogo né il momento per parlarne. I nostri emigranti – ovviamente tutti ‘economici’, come si dice squallidamente e con giudizio fortemente negativo, riguardo al flusso attuale e notevole di migranti… – non avevano condizioni di vita molto differenti da quelle appena ricordate e riferite agli emigranti con i quali conviviamo, nel presente. Alcuni esempi aiuteranno a capire e a ‘non far finta di niente’. Ad esempio, a New York, tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento, c’era da vergognarsi ad essere italiani. I nostri compatrioti – la maggior parte di essi –, quasi tutti provenienti dalle regioni più povere del meridione, vivevano in quartieri sporchi e degradati della città, in casacce nere e ributtanti e, come scrivevano giornali dell’epoca, “accatastati peggio delle bestie”. In una sola stanza, solitamente, convivevano uomini, donne, bambini, cani, gatti e altri animali e vi dormivano, non essendovi sufficiente circolazione d’aria e luce. Scriveva un cronista, nel 1914: “In alcune case di Baxter e di Mulberry Street, è tanto il sudiciume e così mefitica l’atmosfera, da far parere impossibile che, nei primi calori estivi, non si sviluppi ogni anno un colera micidialissimo”. Adolfo Rossi, uno scrittore che nel 1894 aveva pubblicato un volume dal titolo Un italiano in America, aveva descritto, in modo dissacrante, le condizioni di vita dei nostri emigrati nella Grande Mela: “Questa gente, che non si lava mai il viso e che con squallide mogli e con figli cenciosi si condanna a vivere in malsane stamberghe, lavora, guadagna, cerca ostinatamente di risparmiare. Ai Cinque Punti [Five points, quartiere meno pulito di New York…], c’è da essere testimoni di scene vergognosissime. Un giorno, seduta sulla scala di una casa fra le più nere, vidi una donna italiana che, col seno scoperto, allattava uno scimmiotto, come se fosse stato un bambino. La scimmia era ammalata; e quella femmina, moglie di un suonatore di organetto, tentava di ristorarla col proprio latte!” Ciò non accadeva solo a New York: una giornalista di St. Louis così descriveva, nel 1913, un isolato della città, in cui vivevano soprattutto italiani: “il quadro, qui, è allucinante: vi sono file di latrine, mucchi di cenere, concime, immondizia, cadaveri di sorci, cenci, detriti, rifiuti, penne di polli, vecchi arnesi arrugginiti, avanzi di materassi sporchi etc.: in mezzo a tutto ciò, ci dovrebbe essere la pompa o fontana che rifornisce d’acqua tutto il casamento. Dico dovrebbe esserci, perché spessissimo detta fontana è inaccessibile, per il cumulo di sporcizia che la circonda!!” E continuava la giornalista: “In mezzo a questo orribile semenzaio di malattia e di corruzione, di cui febbre, tubercolosi, contagi inconfessabili sono il naturale risultato, vivono anche cavalli, capre e…la famiglia di un fruttivendolo, che naturalmente ci tiene anche il deposito della sua merce!!!!” Se si passa altrove, il quadro non varia minimamente. Ad esempio, in Europa – altra realtà della emigrazione di massa – le descrizioni di scrittori tedeschi, svizzeri, francesi non cambiano. Scrive un cronista italiano, di passaggio in Vestfalia: “A Bochum, trovai circa cento operai di un paese degli Abruzzi, che dormivano su un po’ di paglia sparsa sulla nuda terra, come si usa per gli animali; a Essen, esistono ancora due baracche, dove gli operai, tutti abruzzesi, dormono in casse di legno allineate a terra, nelle quali ci sta un po’ di paglia con uno straccio nero che serve da coperta e un altro che serve da lenzuolo. E quando alla mattina questi operai sollevano il capo dalle loro casse, essi destano, in chi li vede per la prima volta, la macabra idea di una schiera di morti che risorgono dalle loro bare.” E ancora, in Belgio, un operaio di Udine racconta ad un giornalista italiano: “Noi venivamo umiliati ogni volta che leggevamo, sui cartelli ‘affittasi’, Etrangers, s’abstenir!, ovvero, gli stranieri si astengano. I minatori che conoscevo dormivano in ‘cantine’ che, a volte, erano immense e spesso avevano due soli cessi, per 1800 persone, luridi in modo inverosimile.” Un italiano emigrato e vivente a Zurigo scrive ad un quotidiano svizzero, agli inizi degli anni Trenta: “Gli svizzeri si lamentano perché gli italiani sono sporchi, perché in una stanza vanno a viverci in sette o otto; si lamentano perché i bambini gridano, devastano, lordano i muri. Dicono che, dove abita un italiano, i danni sono maggiori del guadagno. Per essere sinceri, qualche volta hanno anche ragione.” A questo quadro desolante, appena delineato, sono da aggiungere, come parte integrante, i giudizi morali che ne derivavano: tra le donne italiane era diffusa la prostituzione, negli uomini erano tantissimi i casi degli alcolizzati, ovunque dominava una violenza senza limiti; per cui era pericoloso avventurarsi in un mondo simile, con “catacombe del vizio e dell’abiezione”, entro il quale prosperava anche la ‘vendita dei figli’ a facoltosi delle città, che potevano dar loro prospettive di vita senz’altro serene e migliori. Italiani brava gente? Prima di approdare ad una ampia riflessione conclusiva, con molti interrogativi aperti e senza apparenti soluzioni a breve, c’è da prendere in considerazione un ultimo aspetto dell’italiano emigrante: l’ampia esportazione della delinquenza nel mondo
per la prima parte https://ilsorpassomts.com/2017/07/13/via-ariosto-italiani-brava-gente/
per la seconda parte https://ilsorpassomts.com/2017/08/26/italiani-brava-gente-gli-italiani-in-giro-per-il-mondo-2-parte/