Come dilapidare un patrimonio pubblico
di Piero D’Andreamatteo
Tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80 Pescara rischiava un’ondata di sfratti che avrebbero creato una situazione difficilissima sul piano sociale. Si pensò di agire su due versanti: il primo concordando con le forze dell’ordine un programma di sfratti il più diluito possibile, e dall’altro lato predisponendo le condizioni per realizzare alloggi capaci di far fronte all’emergenza ma anche per calmierare il mercato abitativo. Si agì su aree destinate all’edilizia economica e popolare ricorrendo alle convenzioni soprattutto nella zona Colli anche con la partecipazione di un consorzio di imprese, e con l’aggiunta dell’edilizia sovvenzionata. Attraverso pressioni si riuscì a ottenere dal Ministero dei Lavori Pubblici un finanziamento di 20 miliardi di lire con cui si realizzarono molti appartamenti e molti altri alloggi furono acquisiti a Montesilvano e a Villanova di Cepagatti. Naturalmente ai 20 miliardi stanziati dal Governo si aggiunsero finanziamenti propri del Comune di Pescara cosicché l’emergenza abitativa fu superata. In seguito furono realizzate nuove abitazioni a Zanni, alcune destinate ai diversamente abili, con misure architettoniche che hanno fatto scuola. Al termine della vicenda ci si ritrovò con un patrimonio edilizio di oltre 1000 appartamenti, molti dei quali affittati ad equo canone. Con la consiliatura del sindaco D’Alfonso fu approvata una delibera di Giunta in cui a fronte di una vendita di parte di queste case per l’ammontare di 4 milioni di euro, la Pubblica Amministrazione si impegnava a reinvestire tale somma in edilizia economica e popolare. L’impegno non è stato mantenuto. Durante questi anni molti di quegli appartamenti sono stati venduti o agli stessi legittimi occupanti o a terzi. Nessuno conosce il prezzo di vendita né chi lo ha stabilito. Il numero esatto degli appartamenti venduti non è stato reso noto. Le somme incassate sono andate a ingrossare la spesa corrente cosicché molti alloggi delle case popolari sono stati murati per mancanza di risorse finanziarie che invece ne avrebbero permesso la ristrutturazione e quindi l’assegnazione. Così come si sarebbe potuto intervenire nel complesso abitativo di Fontanelle per evitare il degrado e la fatiscenza delle costruzioni e delle pertinenze. La mancanza di lungimiranza delle Amministrazioni Comunali che si sono succedute è ampiamente dimostrata dal fatto che all’inizio di questa consiliatura, sull’orlo del dissesto finanziario, si è dovuto ricorrere a condizioni finanziarie che penalizzano pesantemente i cittadini e soprattutto le attività economiche.
Se il Comune di Pescara avesse conservato quel patrimonio, avrebbe potuto attivare la cartolarizzazione dei debiti ed evitare sacrifici ai cittadini. Sarebbe utile realizzare una commissione di indagine consiliare per verificare a che punto è la situazione del patrimonio abitativo del Comune, quanti appartamenti sono stati alienati, a che prezzo, chi ne ha stabilito il valore e come sono state spese le somme incassate.