Tutela del territorio: cos’è il dissesto idrogeologico

 

di Andrea Giammaruco

Se quasi tutti sono a conoscenza dell’incredibile risorsa che le colline con i loro paesaggi possono rappresentare per l’Italia, in pochi comprendono però che sono un tesoro delicato che necessita di cure e attenzioni. La popolazione, infatti, risulta ancora poco informata riguardo il problema del dissesto idrogeologico. Quest’ultimo è l’insieme di quei processi come l’erosione del terreno, superficiale e non, alluvioni e frane, che contribuiscono alla degradazione del suolo.
La variazione climatica è sicuramente una delle cause dei processi sopra elencati, ma solo marginalmente. Alla base di questo annoso problema, infatti, vi sono principalmente motivazioni antropologiche. Erosione del terreno con cementificazione selvaggia e conseguente deforestazione rappresentano le principali azioni con cui l’uomo aggrava una situazione davvero importante e dannosa. Ma anche l’estrazione di idrocarburi dal sottosuolo, la mancanza di manutenzione dei corsi d’acqua e le tecniche di coltura non ecosostenibili possono creare problemi. Viene quindi da dire che qualsiasi attività umana che preveda l’interazione con il suolo, se non fatta con criterio, può rappresentare una causa scatenante.
Si stima, secondo Legambiente, che i comuni italiani con presenze di aree a rischio di dissesto siano 6.633, cioè circa l’83% dei comuni totali presenti sul nostro territorio. Servirebbero più di 4miliardi di euro per poter mettere in sicurezza quasi la totalità di queste zone.
Quali sono le azioni necessarie per la prevenzione del problema? Se ne possono indicare principalmente tre. Primo punto: verifica metodica e sistematica della stabilità delle zone più a rischio. Secondo punto: limitazioni alle costruzioni sui pendii e nei territori con problematiche di suolo. Terzo, ma non meno importante, punto: la realizzazione di opere utili a stabilizzare i pendii, come il rimboschimento o la costruzione di sostegni.
Montesilvano, come raccontano le cronache degli ultimi anni, non è esente da questa problematica. Le frane che hanno interessato la zona collinare e la situazione del Saline con annesso lungofiume, hanno richiesto l’impiego di grandi risorse e tempo da parte della politica locale. Nel 2015 le aree considerate a rischio sarebbero state: le scarpate nel tratto tra la chiesa San Michele Arcangelo e la strada comunale dello Sportello; la strada comunale Trave nel tratto che porta all’Oasi dello Spirito; il versante settentrionale di Montesilvano Colle, cioè la zona compresa tra il belvedere di piazza Calabresi, via della Fonticella e via Togliatti; infine, via Aspromonte. Tutte zone precedentemente colpite già nel 2013 a causa del cattivo tempo.
In tal senso bisogna evidenziare una grande attenzione e celerità in materia di interventi utili a monitorare e a risolvere la situazione, sia da parte del Comune che da parte della Regione. L’amministrazione locale ha iniziato fin da subito ad avviare lavori per la messa in sicurezza delle zone a rischio con un continuo monitoraggio del territorio, come si può vedere, per esempio, nel caso degli interventi di marzo 2017 presso la strada Colle Portone.
La Regione, invece, ha stanziato in 30 mesi più di 250 milioni complessivi suddivisi tra i vari comuni in base alle necessità ed emergenze, con circa un milione destinato a Montesilvano a inizio 2017.
Per risolvere un problema che causa centinaia di milioni di euro di spesa ogni anno, bisognerebbe partire dalla prevenzione. Educare fin dalle scuole al rispetto per l’ambiente, far capire ai giovani che il nostro bellissimo pianeta non è un magazzino di risorse infinite. Abusivismo edilizio, sfruttamento aggressivo del terreno e interventi solo a problema avvenuto sono alcune delle cattive pratiche che stanno distruggendo la nostra Italia.
Cielo e terra piangono, ma fino a quando non capiremo che il pianeta è la nostra principale casa viaggeremo su un percorso intriso di problemi.