CON E SENZA (6)

Episodio 6 – La bolla di vetro

Un uomo si ritrova per animale domestico la sua coscienza. Scegliere di lasciarla a casa o portarla con sé cambia le cose…

Lasciava scivolare il pettine tra i capelli, mentre si guardava allo specchio. Si era appena rasato e battuto con le mani sulla faccia il suo dopobarba preferito, che sapeva di un legno orientale. Gli doleva la testa per la birra bevuta la sera prima, aveva la bocca impastata. Ripensava alle minacce di Angela. Doveva in qualche modo farle cambiare idea. Se lei avesse parlato col suo datore di lavoro era spacciato. Si immaginava già senza casa, sotto il ponte D’Annunzio, in compagnia di altri barboni, con la puzza di piscio addosso e un cartone di vino bianco da quattro soldi stretto in una mano. Si stava preparando mentalmente il discorso. Le avrebbe detto che sentiva addosso il peso di quello che era successo a Michele, ma che quando di solito uno si mette in mente di uccidersi, non c’è nessuno che possa salvarlo. Si rendeva conto che quella povera donna doveva pur dare la colpa a qualcuno. Doveva avere vivido il rimorso che l’aver lasciato il suo uomo ne aveva causato la morte. Erano stati insieme almeno una decina d’anni tra fidanzamento e matrimonio.

Si mise finalmente il cappotto, accarezzò la testa del cane, che se ne stava mogio mogio e guardò negli occhi Taco, che si limitava a monitorare i movimenti del suo padrone, senza proferire parola.

«Beh! – Esclamò Alex. – Vado da Angela. Non hai niente da dire?»

La coscienza sospirò e quasi come se stesse facendogli un favore rispose: «Spero ti ascolti, per non ritrovarmi con te sotto il ponte a cui pensavi poco fa.»

Alex aggrottò la fronte, tirò un mezzo sorriso e si chiuse la porta alle spalle.

All’aperto si stava bene, il sole tiepido del primo mattino era piacevole sulla pelle. Mentre apriva il cancello del condominio passò la signora del palazzo di fronte, quella che salutava sempre. Le alzò la mano e le sorrise, i pensieri grevi che stava facendo davanti allo specchio si dissolsero.

Decise di camminare a piedi fino a casa di Angela. Non era poi così lontano, se la sarebbe cavata in venti minuti. Aveva evitato di chiamarla al telefono per avvisarla del suo arrivo, per paura che lei si negasse.

Suonò al campanello due volte, mettendosi in attesa, con una stretta allo stomaco. Quando la donna comparve in pigiama si rilassò.

«Ehi Alex, come mai a quest’ora?» Si stropicciò gli occhi e coprì uno sbadiglio con la mano.

«Buongiorno, stavi dormendo?»

«No, mi ero appena seduta per fare colazione, entra.»

Si sedettero al tavolo della cucina l’uno di fronte l’altro e la donna si rimise ad armeggiare con il cucchiaio, stava mangiando dei cereali integrali tuffati nel latte.

«Sei venuto per ieri sera? Vorresti farmi cambiare idea?» Gli domandò a bruciapelo.

Lui non rispose, stava lì a guardarla mangiare e si accorse che era una bella donna. Aveva sui trentasei anni e li portava bene. Capelli fluenti rossi e ricci, pelle bianca, come piaceva a lui, fisico asciutto. Cominciò a sentire come un leggero vuoto allo stomaco; dovette alzarsi.

«Ehi che ti prende? – Chiese lei. – Perché ti sei alzato?» Lasciò andare il cucchiaio nella ciotola dei cereali.

L’uomo si diresse al camino e si mise ad osservare una grossa palla di vetro, di quelle con la neve finta dentro. Rappresentava un paesaggio campestre, una specie di masseria con un prato davanti, coperto dalla neve, e un albero al centro. Aveva una pesante base di marmo, quando andò a sollevarla non si aspettò di dover fare un certo sforzo.

«Quella me l’ha regalata Michele. – Sussurrò Angela dopo essersi alzata e averlo raggiunto. – Sapeva che vado pazza per queste cose.»

Lui si voltò verso di lei e la scrutò, poi avvicinò il viso cercando le sue labbra, ma Angela si fece indietro con gli occhi sgranati.

«Alex che ti prende?» Chiese stupita guardandolo negli occhi, poi il suo viso divenne una maschera di terrore. Fu un attimo, lui afferrò la palla di vetro con la mano destra e con la base colpì violentemente il cranio della donna, che cadde all’indietro come un fantoccio, con la testa deformata. La palla di vetro scivolò dalle mani dell’uomo e andò ad infrangersi sul pavimento, rompendo una mattonella. L’acqua e la neve finta si sparsero per la cucina.

Fine episodio 6

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