Bullismo: l’importanza degli insegnanti per prevenirlo
Bullismo: l’importanza degli insegnanti per prevenirlo
di Serena Fugazzi
Ricreazione in cortile, mentre alcuni bambini giocano spensierati, altri assistono inermi a un atto di bullismo: una ragazza afferra i capelli di un’altra e la strattona in malo modo, facendola rovinare a terra.
Mensa scolastica, “il ragazzino prepotente” schiaffeggia il più piccolo della classe, facendo rovesciare il suo pranzo.
Alla scuola calcio, un gruppo di ragazzi schernisce e deride ripetutamente il compagno mingherlino additandolo di essere debole e scarso nello sport. Sono tutte forme di bullismo.
Fino ad arrivare a scene più moderne nella forma, ma antiche nelle intenzioni: il cyber bullismo, il bullismo in formato virtuale, che potenzialmente danneggia la vittima davanti agli occhi del mondo.
Dal punto di vista degli adulti, il bullismo è meschino e inutile, ma purtroppo è piuttosto diffuso tra bambini e ragazzi, soprattutto nei contesti educativi. Fortunatamente, il bullismo è finalmente sotto i riflettori dei media e l’attenzione mediatica sta costringendo genitori, insegnanti, amministratori e decisori politici a fare qualcosa in merito.
Ma cos’è esattamente il bullismo?
La prima definizione di bullismo è stata data dallo psicologo norvegese Dan Olweus, considerato il più grande studioso del fenomeno. Nelle sue prime ricerche negli anni ‘70 definisce per la prima volta il bullismo: “un bambino che subisce prepotenze, è vittima di bullismo, quando è esposto ripetutamente e per lungo tempo alle azioni ostili di uno o più compagni” e quando queste azioni sono compiute in una situazione “di squilibrio di forze, ossia in una relazione asimmetrica: il ragazzo esposto ai tormenti evidenzia difficoltà nel difendersi”.
Quali possono essere gli effetti?
Alla lunga, le vittime possono mostrare svalutazione di sé e delle proprie capacità, insicurezza, problemi sul piano relazionale fino a manifestare, in alcuni casi, veri e propri disturbi psicologici, tra cui disturbi d’ansia o depressivi. Può emergere una certa riluttanza ad andare a scuola, fino ad arrivare a casi di vero e proprio abbandono scolastico.
Uno studio della Duke University a Durham (Carolina del Nord) si è concentrato sugli effetti a lungo termine del bullismo. I ricercatori hanno monitorato 1.420 bambini e ragazzi dai 9 ai 13 anni, per oltre 20 anni. Si tratta dello studio più completo e definitivo oggi disponibile sulle conseguenze del bullismo, e ha avuto il pregio di far emergere come queste esperienze lascino segni indelebili che spesso permangono anche nell’età adulta.
È emerso in modo significativo che le vittime di bullismo sono a maggior rischio di soffrire di svariati disturbi psicologici da adulti, dalla depressione all’ansia generalizzata, dagli attacchi di panico all’agorafobia. Alcuni hanno pensieri suicidi. Anche i bulli possono risentire a lungo termine del proprio comportamento: rischiano infatti di andare incontro a problematiche antisociali o a depressione. I danni psicologici del bullismo non vano via solo perché una persona cresce e non è più vittima dei bulli. Può restare una cicatrice indelebile e dolorante. Come recita una campagna che gira in questi giorni in TV e Internet “Il bullismo non è uno scherzo”. Combattendo il bullismo, si potrebbero prevenire una vasta serie di problematiche individuali e sociali.
Cosa possono fare insegnanti ed educatori?
Insegnanti ed educatori ricoprono un ruolo fondamentale nella prevenzione del bullismo e possono mettere in atto azioni dagli effetti importanti.
Di seguito una lista di suggerimenti:
• Può essere utile far compilare agli alunni un questionario per avere una misura del fenomeno nella singola classe o scuola.
• Istituire “cassette contro i soprusi” dove all’occorrenza i ragazzi possano depositare dei biglietti con su scritto quello che succede.
• Organizzare giornate di confronto e dibattito in classe e incontri informativi con i genitori.
• È importante stimolare il gruppo classe a una riflessione e squalifica dei comportamenti prepotenti, ma anche dei comportamenti omertosi, esortando i ragazzi a denunciare i soprusi di cui sono testimoni.
• Potenziare le attività di monitoraggio durante la ricreazione, la mensa e l’ingresso a scuola. Sono questi i momenti in cui la maggior parte dei bulli preferisce agire.
• Può essere utile fornire ai ragazzi dei riferimenti ai quali rivolgersi in caso di bisogno.
• Istituire uno sportello psicologico che possa essere di riferimento per studenti e insegnanti.
• Ricompense e punizioni possono servire a modificare il comportamento dei bulli.
• Se l’insegnante individua un bullo o una vittima, per aiutarlo è necessario parlare subito con lui di ciò che gli accade.