FICO EATALY WORLD: dalle ceneri dal Centro agroalimentare di Bologna nasce la “Fabbrica Italiana Contadina”
FICO EATALY WORLD: dalle ceneri dal Centro agroalimentare di Bologna nasce la “Fabbrica Italiana Contadina”
di Davide Canonico
È possibile racchiudere l’intero patrimonio agroalimentare italiano e la sua filiera in un unico luogo? La risposta si chiama FICO ed è una scommessa da 140 milioni di euro.
Nato dalla necessità di riqualificare uno spazio ormai in disuso, il progetto è gestito da Eataly World, Coop Alleanza e Coop Reno. Per la realizzazione, il Comune di Bologna ha concesso i diritti d’uso dell’area, mentre i finanziamenti necessari a mettere in piedi l’opera sono stati raccolti da fondi privati (principalmente enti di previdenza professionali, imprenditori locali e sistema cooperativo).
La “Disneyworld” del cibo, come è stata ribattezzata da molti, si presenta come un immenso parco a tema esteso su una superficie di 100.000 metri quadrati in cui si è voluta racchiudere tutta la biodiversità alimentare italiana. Un vero e proprio microcosmo in cui l’intera filiera, dalla produzione alla distribuzione, si svolge sotto gli occhi del consumatore.
FICO raccoglie lo scettro di Expo del quale cerca di riproporre l’aspetto espositivo ed educativo, guarda ai parchi divertimento per ricrearne l’aspetto ludico, lasciando però intendere il ben manifesto influsso consumistico di Eataly. La sua superficie a “elle” è percorsa al centro da una pista ciclabile, dove i clienti possono spostarsi all’interno del complesso con le bici messe a disposizione da un’azienda partner e rigorosamente dotate di cestello per gli acquisti. Anche se potete decidere di fare acquisti lasciando leggero il carrello, basterà affidarsi alle Poste Italiane presenti alle casse e delegare a loro la spedizione dei vostri acquisti. Ai lati della struttura, invece, abbiamo i camminamenti pedonali, sui quali si affacciano 9000 metri quadri di mercati e botteghe cariche di eccellenze del made in Italy (e non solo del food), e 40 fabbriche operative dove i visitatori possono scoprire come si lavorano carni, formaggi, olio e altri prodotti tipici della nostra penisola. Nella parte esterna alle fabbriche abbiamo 2 ettari di colture dimostrative e allevamenti didattici con più di 2000 cultivar e 200 animali rappresentanti la biodiversità dal Nord al Sud Italia. Ogni area esterna risulta coerente con la rispettiva fabbrica: lo stabilimento caseario avrà gli animali adibiti alla produzione di latte, il frantoio gli ulivi e gli esempi potrebbero continuare. Quarantacinque ristoranti fungono da luogo d’incontro di questa artificiale ma ben organizzata filiera alimentare, dove il visitatore può scegliere tra ristoranti stellati, bistrot o street food per provare i prodotti tipici fin qui osservati. Infatti i ristoratori devono acquistare una certa percentuale di alimenti dagli stessi produttori interni. Ma non è tutto: troveremo anche un centro congressi (modulabile da 50 a 1000 persone), sei aule didattiche e sei “giostre” educative, un auditorium, un teatro, un cinema e presto anche un hotel.
FICO è stato presentato al grande pubblico non solo come un luogo dove si viene per comprare o mangiare ma soprattutto per conoscere. Ed è su questo punto che molti rivolgono i dubbi maggiori e le critiche più aspre. Perché per quanto FICO sia un progetto unico nel suo genere, di ampio respiro e per questo difficilmente ascrivibile sotto una definizione univoca, esso possiede sostanzialmente i caratteri tipici di un immenso e innovativo negozio retail con il food come filo conduttore. L’ingresso è libero, come in un centro commerciale, ma si paga per usufruire di ogni attività all’interno: dalle degustazioni, ai corsi nelle fabbriche per imparare i percorsi di lavorazione dei cibi, dai laboratori dedicati ai bambini, fino alle “giostre” didattiche (spazi multimediali incentrati sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente). Salvo alcune attività marginali gestite in collaborazione con le università, la parte didattica è però totalmente affidata alle aziende. Un neo non indifferente se vogliamo sponsorizzare FICO come luogo di formazione. A maggior ragione se pensiamo che le aziende che sono lì non sono state selezionate da un ente terzo a fronte della loro qualità bensì sono state selezionate perché partner storiche di Eataly e Coop o perché hanno una forza tale da potersi permettere gli accordi commerciali necessari per essere presenti nella struttura (nessun affitto, ma 20% degli incassi di vendita e 30% sugli incassi della ristorazione). In questo modo, secondo la critica, più che formazione si rischia di fare storytelling, dove il consumatore impreparato viene persuaso che i migliori prodotti del Paese siano quelli presentati dalle aziende presenti. Inoltre, quelle dentro FICO sono delle vere e proprie fabbriche che di contadino o artigiano hanno ben poco. Certamente stiamo sempre parlando di ottimi operatori del made in Italy, ma è chiaro che le vere eccellenze sono altre.
Una critica giusta ma severa. Del resto parliamo pur sempre di una struttura realizzata con finanziamenti privati, dove ogni azienda ha dovuto investire per essere presente e il fine di ogni investitore è, giustamente, quello di avere un ritorno economico. Non c’è bisogno né di meravigliarsene, da una parte, né di farlo passare in secondo piano, dall’altra. Quello che resta è comunque un posto unico nel suo genere, sicuramente innovativo e per molti versi affascinante, che ha le potenzialità per essere un esempio virtuoso e non solo un escamotage per cavalcare l’onda del mangiare bene e sano. Un luogo che quanto meno merita una visita senza troppi pregiudizi: non scandalizzatevi se le tipicità delle Langhe piemontesi sono prodotte al fianco di quelle siciliane; siate consapevoli che il marketing recita la parte del leone e non è tutto oro quel che luccica, e che l’autocelebrazione aziendale è il prezzo del biglietto che non avete pagato all’ingresso. Soprattutto, siate curiosi. Perché FICO è prima di tutto un luogo per stimolare la curiosità: non è la vera Italia, ma invoglia a scoprirla; un Italia unica, invidiata e invidiabile attraverso tutti i suoi prodotti tipici e di nicchia. E allora visitiamola la nostra penisola, andiamo alla ricerca dei veri luoghi di produzione di queste eccellenze, portiamo i nostri ragazzi in una fattoria o in caseificio. FICO ha il potenziale per essere un incredibile trampolino di lancio per il food italiano. Un immenso cartellone pubblicitario per avvicinare italiani e stranieri alla cultura alimentare nazionale, con molti pro e anche tanti contro, ma che suona sicuramente meglio degli squallidi e alienanti centri commerciali nei quali sacrifichiamo troppo spesso le nostre domeniche pomeriggio.