Generalità sui funghi
di Gabriele Centorame e Pasquale Santone
La micologia è quella branca delle scienze che si occupa dello studio dei funghi: sia di quelli superiori (macromiceti) che di quelli inferiori (micromiceti).
Su 1,5 milioni di specie finora conosciute di organismi viventi nel mondo, le stime più recenti contano quasi 100.000 specie ascritte al Regno dei fungi (Kirk et al. 2001).
La paleontologia vegetale (o paleobotanica), dal canto suo, ci dice che i funghi sono conosciuti già dal periodo carbonifero risalente a 280-210 milioni di anni fa.
Ciò premesso, quando parliamo di fungo in senso proprio, ci riferiamo principalmente al corpo vegetativo o micelio, che à la vera pianta-fungo (detta anche tallo). Con riferimento, invece, al corpo fruttifero (carpoforo, sporoforo o ricettacolo) possiamo distinguere, sempre nell’ambito dei macromiceti, specie che sviluppano il carpoforo sopra la superficie del terreno (funghi epigei: similmente a piante da frutto, es. il melo) e specie in cui il corpo fruttifero si sviluppa sotto il livello del terreno (funghi ipogei: es. il tartufo). Vi sono, poi, delle specie che crescono sotto la superficie del terreno, ma hanno la parte superiore che fuoriesce dal terreno per favorire la diffusione delle spore a maturità (semiipogee), ma che non ci interessano dal punto di vista alimentare.
Infine, l’ambiente più adatto e favorevole dove i funghi riescono ad attecchire e svilupparsi viene chiamato habitat, che è, sostanzialmente, il substrato ottimale per la crescita e lo sviluppo completo degli stessi. L’habitat di un fungo dipende, tra gli altri, dalla composizione chimica del suolo, dal grado di basicità o di acidità del terreno, dalla temperatura e umidità del substrato, nonché dalla temperatura e umidità dell’aria e dell’ambiente in zona oggetto di ricerca.
Cenni di micologia del Periodo antico-attuale (XVII-XXI sec. d.C.)
Già nel periodo greco-romano i vegetali, compresi i funghi, sono stati oggetto di attenzione e di studio da parte di figure importanti, come Ippocrate, Teofrasto, Ateneo, Dioscoride, Plauto, Celso, Galeno, Giovenale, Marziale, Ovidio e Cicerone.
La prima opera di classificazione delle forme di vita, Historia animalia (Storia degli animali), risale ad Aristotele (384-322 a.C.) che articolava i viventi in due raggruppamenti: il regno degli animali (animalia) e il regno vegetale o delle piante (plantae); i funghi vennero collocati, ovviamente, nel regno vegetale.
Tuttavia, si ricorda che (ancor prima di Aristotele) il primo a distinguere tra animale e vegetale fu Teofrasto (372-286 a.C.), allievo di Aristotele, il quale nella sua opera Historia plantarum (Storia delle piante), divise le piante in terrestri ed acquatiche, sempreverdi e decidue, fruttifere e non fruttifere, con fiori e senza fiori, in alberi, arbusti, frutici (spinosi e non, selvatici e domestici) ed erbe (cereali ed ortaggi). Egli considerò inoltre i funghi piante imperfette perché privi di radici, foglie e fiori, distinguendo quattro tipologie di funghi:
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Sotterranei (tuberaceae)
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Terricoli a cappello e gambo (mykes)
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Sessili a forma cava (pezize)
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Forma rotonda (lycoperdon)
Ma la sintesi delle conoscenze micologiche e naturali è scolpita nell’opera di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) Historia naturalis. Un’opera monumentale di 37 volumi in cui Plinio si occupa, oltre che del Regno vegetale, anche dei funghi e della loro tossicità, nonché dei tartufi.
Di micologia si occuparono in seguito molti personaggi e scienziati: Claudio Galeno, Pedacio Dioscoride, Costantino l’Africano, Ermolao Barbaro, Pier Andrea Mattioli, Pier Andrea Cisalpino e Charles de Lécluse.
Periodo XVII-XIX secolo
Dal XVII secolo in poi l’interesse per la micologia, così come per la botanica in genere, si fa sempre più crescente. Tra gli altri esperti del settore, quali Ferdinando Marsigli (1658-1730), Giovanni Maria Lancisi (1654-1720) e Paolo Boccone (1633- 1704), spicca la figura del naturalista inglese John Ray (1627- 1705) che nelle sue opere Historia plantarum e Synopsis methodica, classificò i vegetali in base alle differenze e somiglianze emergenti dalla loro osservazione, mentre dei funghi tentò una classificazione in terrestris, arborei e suterrestres o ipogei.
Ma la svolta decisiva si ebbe nel 1729 con l’italiano Pier Antonio Micheli (1679- 1737), il quale, nella sua Nova plantarum genera, descrisse le Fanerogame, le Crittogame ed i Funghi. I funghi, a loro volta, vennero divisi in quattro classi in base alla loro posizione dell’imenio, riportati in 46 tavole con 268 specie, tutte successivamente riconosciute dal Fries. Anche se in parte anticipato dalle deduzioni del Tournefort, il Micheli dimostrò che la riproduzione dei funghi non avviene per generazione spontanea, ma mediante dei semi (spore) situate nella parte inferiore del cappello.
Nel 1735 Carlo Linneo (1707-1778) – nome italianizzato del naturalista e medico svedese Carl Von Linnè – pubblicò l’opera più importante della botanica: il Systema naturae, dove i vegetali venivano classificati in base ai caratteri morfologici degli organi riproduttori (Fanerogame, organi della riproduzione evidenti, Crittogame, organi della riproduzione non evidenti o indeterminati).
È stato il francese Antoine Laurent De Jussieu (1748-1836) ad introdurre per primo i concetti di monocotiledoni e dicotiledoni.
Si deve a Linneo anche la nota Nomenclatura binomia degli organismi viventi in cui un nome latino (o greco) indica il genere seguito da un aggettivo, pure latino (o greco), indicante la specie (cosiddetto nome scientifico). Prima di Linneo, infatti, le piante erano descritte in maniera molto farraginosa, con il nome del genere seguito da una descrizione più o meno estesa della singola specie.
Se le basi della moderna micologia si trovano nell’opera Synopsis methodica fungorum, di Cristiaan Hendrik Persoon (1761-1836) del 1801 – dove vengono descritte ben 1526 specie suddivise in 71 generi ulteriormente suddivisi in due classi: gli Angiocarpi, in cui le spore si sviluppano all’interno del carpoforo e i Gimnocarpi, in cui le spore si sviluppano all’esterno. Il padre della moderna sistematica è, sicuramente, il micologo svedese Elias Magnus Fries (1794-1878) che tra il 1815 ed il 1874 per primo suddivise i funghi superiori in base al colore delle spore (di cui si parlerà in apposito paragrafo inerente al colore delle lamelle). La sua opera principale è il Systema mycologicum (dal 1821 al 1832), dove l’Autore opera una classificazione basata sulla filogenesi (cioè sugli stadi di sviluppo evolutivo dei miceti), distinguendo quattro grandi classi: Coniomiceti, Ifomiceti, Gasteromiceti e Imenomiceti.
Il francese Joseph Henri Léveillé (1796-1870) nel 1837 osservò per primo la disposizione delle spore a gruppi di quattro all’esterno di altre cellule chiamate basidi (da cui Basidiomiceti).
Il maggiore studioso italiano di funghi ipogei è stato sicuramente Carlo Vittadini (1800-1865), che fu anche un grande tossicologo. Famoso ed importante il suo Trattato sui funghi mangerecci più conosciuti e paragoni con quelli velenosi con cui possono essere confusi (1844).
Il XX-XXI secolo
Con la Sylloge fungorum omnium ucusque cognitorum Pier Andrea Saccardo (1845-1920), tra il 1882 e il 1913 ordinò, sistematicamente, in ben 22 volumi, tutto il sapere micologico fino ad allora conosciuto, trattando circa 80.000 specie descritte nelle opere precedenti di tutto il mondo.
Infine, uno dei più importanti micologi di tutti i tempi e, comunque, la massima figura della micologia italiana, fu il sacerdote italiano Giacomo Bresadola (1847- 1929) autore di diversi trattati in materia micologica.
Dopo questa veloce carrellata delle figure più importanti della micologia italiana ed europea, e prima di entrare nel vivo della trattazione, diciamo che, attualmente, lo studio della micologia si è specializzato e settorializzato: così alla micologia descrittiva si aggiungono gli studi sulla citologia, nutrizione e biochimismo dei funghi.