ALCOLISMO AL FEMMINILE

Mi abbeveri di baci la tua bocca, Perché il tuo amore inebria più del vino*

del Prof. Vincenzo Ostilio Palmieri**

Introduzione

Il consumo di alcol è un importante problema di salute pubblica, classificato in Europa come terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa.

Per tale ragione la riduzione del consumo di alcol, di quello dannoso e il relativo carico di malattie, disabilità e mortalità sono alcune delle maggiori sfide sanitarie, economiche e sociali in Italia e nel mondo. A livello globale, la Regione europea ha il più alto livello di consumo pro capite di alcol, pari a circa il doppio della media mondiale e con la più alta percentuale di bevitori.

Figura 1. Definizione di unità alcolica per il calcolo della quantità media di alcol assunto nel tempo

Una crescente mole di dati epidemiologici e clinici indica l’esistenza di differenze rilevanti nelle manifestazioni cliniche delle malattie comuni a uomini e donne per cui è importante tenere conto delle differenze “sesso e/o genere dipendenti” a tutte le età. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) introduce infatti il concetto di “medicina di genere” definendolo come lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona. Attualmente in campo scientifico il termine “sesso” fa riferimento alle caratteristiche biologiche e fisiologiche di una persona, mentre il termine “genere” fa riferimento ai ruoli costruiti socialmente e ai comportamenti.

Per quanto attiene al problema del consumo di alcol, l’OMS ci dice che l’uso dannoso di alcol è uno dei principali fattori di rischio di morte nei maschi di età fra 15a-59a, ma vi è evidenza che le donne possono essere ancora più vulnerabili al danno alcol-correlato, sia per la dose di alcol che per particolari abitudini alcoliche.

Chiediamoci allora cosa intendiamo per uso dannoso di alcol e per alcolismo e in cosa consistono queste differenze di sesso e di genere fra uomo e donna.

Alcol e modalità di consumo delle bevande alcoliche

L’alcol è una sostanza psicoattiva e sedativa, già usata dagli uomini da oltre 10.000 anni prima di Cristo: gli antichi Egizi, ad esempio, erano produttori di birra, per non parlare del consumo di vino, citato nel Vecchio e Nuovo Testamento della Bibbia, celebrato nel Simposio di Platone, e presenza costante nella vita dell’antica Roma. Si stima che attualmente, oltre il 90% della popolazione lo ha usato almeno una volta. Ma perché beviamo? La risposta è semplice: perché ci piace, il bere attiva i sistemi di ricompensa cerebrali, produce sensazioni piacevoli, ma porta al consumo ripetuto e soprattutto può determinare dipendenza, condizione patologica per la quale usiamo il termine di alcoldipendenza.

Il rischio di manifestare danni psico-fisici da alcol aumenta in modo progressivo con l’aumentare della quantità di alcol assunta giornalmente.

A tal fine la quantità di alcol presente in ciascuna tipologia di bevanda può essere calcolata in base allo schema allegato nella figura 1.

In base alle linee guida internazionali, non è possibile definire con esattezza una quantità di alcol in grado di non determinare alcun danno all’organismo, per cui si parla piuttosto di dose di alcol a rischio molto basso di danno alcol-correlato: in base a tali linee guida è indicato ai giovani e alle donne in gravidanza di non consumare alcolici, alla donna e all’ultrasessantacinquenne di non superare mai il bicchiere al giorno, e al maschio adulto e sano di contenersi entro i due bicchieri. È importante sottolineare che l’alcol non può essere usato/raccomandato per la prevenzione o esaltato per proprietà salutistiche insussistenti, perché al netto di tutte le evidenze dei modesti vantaggi nell’incidenza di cardiopatia ischemica o diabete, anche quantità moderate sono responsabili di incrementato rischio per il cancro e altre centinaia di condizioni patologiche evitabili e di sicuro pregiudizio alla salute.

Oltre questi limiti, si comincia a parlare di uso dannoso di alcol che, nella definizione dell’OMS significa un consumo di alcol che causa effetti dannosi sullo stato di salute e conseguenze sociali per il consumatore di alcol, per le persone che ruotano attorno al consumatore e per la società in senso ampio.

Per dosi ancora maggiori cominciano i sintomi dell’alcodipendenza, situazione molto grave nella quale il soggetto non è più in grado di controllare il consumo, ha necessità di bere costantemente e giornalmente e sviluppa sintomi progressivi di astinenza in caso di mancato accesso alle bevande alcoliche.

Per capire cosa può significare questo consumo progressivo di alcol, bisogna sapere che ogni anno 1 decesso su 10 in Europa è causato dall’alcol, per un totale di quasi 1 milione di morti evitabili, con molti di questi decessi tra i giovani per i quali rappresenta la prima causa di mortalità prematura, disabilità e malattia di lunga durata a partire dalla più tenera età se si considera, oltre all’incidentalità stradale causata dall’alcol alla guida, anche la sindrome fetoalcolica, cioè una grave malattia del feto che può comparire nella donna che beve durante la gravidanza.

L’alcol è un riconosciuto fattore causale di oltre 200 malattie, fra le quali diversi tipi di cancro con particolare vulnerabilità per il sesso femminile.

Ma allo stato attuale, quanto si beve in Italia?

L’indicatore attualmente utilizzato a livello europeo e internazionale per monitorare il consumo dannoso di alcol è il consumo annuale di Alcol Pro Capite (APC) negli adulti di età superiore a 15 anni, espresso in litri di alcol puro. Prendiamo alcuni dati dal rapporto 2023 dell’Istituto Superiore di Sanità (Figura 2). Tra il 2000 e il 2019, l’APC a livello europeo è diminuito costantemente mentre in Italia, a fronte di una diminuzione rilevata tra il 2002 e il 2010 il dato ha subito delle oscillazioni raggiungendo nel 2019 il valore di 7,65 litri pro capite. Faccio notare che tale quantità corrisponde a circa 65 litri di vino pro capite l’anno o a 150 litri di birra o a qualcosa più di 20 litri di superalcolici. Il consumo di APC per tipologia di bevanda mostra che in Italia, la quota prevalente dei litri di alcol puro è attribuibile al consumo di vino, seguito dalla birra e in ultimo da liquori con andamenti nel tempo sostanzialmente differenti. L’andamento del consumo medio pro capite di birra però, ha subito una costante crescita negli anni (0,75 nel 1970 vs. 1,99 nel 2019).

Le differenze fra uomini e donne, cioè il problema dell’alcolismo al femminile

Gli uomini in generale consumano più alcol rispetto alle donne, ma diversi dati ci dicono che il consumo di tale sostanza stia aumentando negli ultimi anni fra le donne, anche in età giovanile.

Nel 2021 la prevalenza degli astemi è stata pari al 18,8% tra gli uomini e 37,5% tra le donne. L’analisi per classi di età mostra, per entrambi i sessi, un andamento simile con valori più elevati tra i giovani (M=76,8%; F=79,3%), seguiti dagli anziani (M=13,8%; F=41,6%) e dai 18-64enni (M=13,9%; F=31,2).

Ancora, sebbene il consumo di un bicchiere di bevande alcoliche contestualmente ai pasti sia nel nostro Paese generalmente considerato parte integrante dell’alimentazione e della vita sociale, negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento delle abitudini di consumo alcolico che ha portato alla diffusione di comportamenti a rischio come il bere a stomaco vuoto. I consumatori di vino o alcolici fuori pasto sono stati nel 2021 il 40,2% degli uomini e il 21,7% delle donne, pari a circa sedici milioni di persone di età superiore a 11 anni.


Figura 2. Prevalenza (%) di consumatori giornalieri (età >18anni) per genere e per classi di età nel 2021. (Rapporto 2023 Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità).

Nel 2021 i consumatori giornalieri di bevande alcoliche in età adulta rappresentano una percentuale molto significativa sia fra gli uomini che fra le donne (Figura 3).

Sono più allarmanti i dati che riguardano il consumo dannoso di alcol o i cosiddetti disturbi da uso di alcol (DUA).

In Italia il consumo dannoso corrisponde a una modalità di consumo che causa danno alla salute a livello fisico e mentale, e nel sistema di monitoraggio italiano viene rilevata attraverso il consumo giornaliero di oltre 40 g di alcol per le donne adulte (che corrispondono a circa 4 UA) e di oltre 60 g di alcol per gli uomini adulti (che corrispondono a circa 6 UA). Per disturbo da uso di alcol (DUA) si intende una patologia caratterizzata da una ridotta capacità di interrompere o controllare il consumo di alcol nonostante le conseguenze negative a livello sociale, professionale o sanitario, cioè una condizione che prelude all’alcoldipendenza conclamata. Nel 2021 in Italia, la prevalenza del consumo dannoso nella popolazione adulta (età ≥ 18 anni) è stata del 1,88% tra gli uomini e dell’1,16% tra le donne, pari a circa 750.000 persone maggiorenni (M=450.000; F=300.000) con una frequenza che aumenta all’aumentare dell’età. È evidente che le differenze fra i due generi tendono ad appiattirsi nonostante il consumo di alcol sia chiaramente maggiore negli uomini che nelle donne: ciò significa che la donna è più vulnerabile dell’uomo al danno da alcol.

Quali sono le cause di tale maggiore vulnerabilità all’alcol nelle donne?

Esiste una vulnerabilità biologica, legata soprattutto al minore peso corporeo, alla minore capacità del fegato di metabolizzare l’alcol e alla maggiore proporzione di grasso corporeo (con conseguenti maggiori livelli di alcolemia a parità di quantità assunta). Ma ad essa si affianca anche una maggiore vulnerabilità non biologica, un elemento che molto ha a che fare con i problemi della violenza di genere subita dalle donne: ci riferiamo in particolare all’elevato rischio di violenza interpersonale e di violenza sessuale per effetto dei problemi e dei comportamenti alcologici del proprio partner maschile. D’altra parte molte società, fra cui quelle del mondo occidentale, mantengono un atteggiamento più negativo nei confronti delle donne che bevono, soprattutto in caso di bere dannoso, la qualcosa, anche in rapporto al contesto culturale, aumenta la vulnerabilità delle donne al danno sociale, che si traduce ad esempio nella minore frequenza con cui le donne fanno ricorso alle istituzioni sanitarie per risolvere problemi di salute connessi al bere. Esiste infine una specificità biologica del danno alcol-correlato nella donna, come il fatto che il consumo di alcol è un fattore di rischio per il tumore alla mammella o ancora al fatto che il consumo di alcol durante la gravidanza aumenta il rischio di un ampio spettro di danni feto-alcolici e di altri disordini dello stato di salute dei neonati.

Conclusioni

Parafrasando il buon Salomone del Cantico dei cantici dovremmo abbeverarci più di baci che di vino, perché non vi è rischio di morire di amore, ma al di là delle parole dei saggi noi dovremmo assumere un atteggiamento di “aurea mediocritas” (come diceva il poeta Orazio), cioè godere del piacere di bere con moderazione, consapevoli dei rischi del danno da alcol, specie nelle donne, nelle età più giovanili, e negli anziani, sapendo cogliere, attraverso una buona educazione sanitaria, quale è il limite oltre il quale il piacere del bere sconfina nel bere dannoso o in quello della dipendenza.

*Dal “Cantico dei Cantici” di Salomone, Vecchio Testamento, versetti 1, 1-3

** (Direttore Medicina Interna Ospedaliera Policlinico di Bari)

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