L’Addio di CR7 al campionato italiano
di Pasquale Sofi
Cristiano Ronaldo, con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del contratto, ha lasciato la Juventus ed è volato a Manchester. Decollato da Torino con il suo aereo privato, ha fatto rotta verso il City di Guardiola atterrando però, con una virata all’ultimo istante, allo United di Solskjaer e Pogba. Con un colpo di scena all’ultimo momento, quando sembrava si fosse concretizzato in meno di 48 ore ciò che non si era realizzato negli ultimi due mesi con il passaggio di Ronaldo al Manchester City, il fuoriclasse portoghese diventava, per la seconda volta nella sua carriera, un giocatore del Manchester United. A sbloccare il tutto un’ipotesi di accordo con il City, complice il mancato acquisto di quest’ultimo di Harry Kane, centravanti del Tottenham e della nazionale inglese. Tale accordo, avallato da Jorge Mendez procuratore di Ronaldo, non trovava il consenso della Juve, perché non propensa a cedere gratuitamente il cartellino del giocatore.
E mentre balbettavano le trattative con il City si inseriva lo United che, accontentando le richieste sia della Juventus che del procuratore del campione lusitano, chiudeva la trattativa lampo.
L’inattesa e insperata per altri versi conclusione del trasferimento di Ronaldo al Manchester United ha colto tutti di sorpresa, anche perché Jorge Mendez per tutta l’estate aveva, d’accordo con la Juve, cercato invano un acquirente; solo che tale ricerca era risultata vana per l’alto costo dell’ingaggio del calciatore e si prospettava di conseguenza la sua conferma anche per la corrente stagione calcistica.
Ma perché la Juve ha voluto privarsene? E perché Ronaldo non ha voluto più giocare con la Juve? La risposta alla prima domanda è che i costi erano diventati insostenibili per la società torinese, perché la crisi pandemica, oltre a ridurre fortemente gli incassi della società, per altro quotata in borsa, aveva messo tante aziende nella condizione di non sostenerne più le sponsorizzazioni. Ma la responsabilità della fuga del calciatore, a mio parere, è da attribuire indirettamente a John Elkann: il presidente della Exor, la holding che annovera tra le sue società anche la Juventus! Costui, deluso dai risultati dell’ultimo biennio e affidandosi da uomo d’azienda al conforto dei numeri, con molta superficialità, ha imposto come allenatore Massimiliano Allegri (vincitore di cinque scudetti consecutivi e che ha raggiunto nel suo quinquennio per due volte la finale di Champions) esautorando nella scelta il cugino presidente. È vero che negli ultimi due anni le cose non sono andate benissimo, ma una profonda analisi su questo biennio nessuno l’ha mai fatta, mentre il capro espiatorio è stato individuato nel Direttore Sportivo Fabio Paratici, la cui vera colpa è stata quella di assecondare il presidente Andrea Agnelli nell’acquisto di CR7 (e aggiungo, a mio modesto parere, quella di non aver saputo difendere prima Sarri e poi Pirlo dalle fronde ordite dai giocatori più anziani).
Ma la scelta di Allegri, allenatore fautore di un gioco noioso e stantio, credo che sia la peggiore possibile per una squadra che voglia rigenerarsi con l’arrivo di giocatori nuovi e soprattutto giovani. Nella sua storia ricca di successi Allegri alla Juve si è avvalso di squadre formate da giocatori tra i più forti in assoluto, giocatori però già formati e affermati, ma non ha mai contribuito alla crescita di un giocatore giovane, cosa che di solito sono capaci allenatori come Conte in primis e poi Gasperini, Juric, lo stesso Sarri e accanto ai quali mi sembra di poter annoverare anche Pioli.
Gente di campo che parla attraverso il gioco che pratica, le squadre che allena e non si avvale fondamentalmente dell’abilità di eloquio.
Il gioco di Allegri era stato contestato anche platealmente da Ronaldo più volte e ricordo che uscendo dal campo nell’occasione di una sconfitta il giocatore portoghese aveva ribadito, con una esplicita mimica gestuale, l’epiteto attribuito al mister dal calciatore argentino Carlitos Tevez: “cagon”. Con la panchina nella partita di esordio contro l’Udinese si era sancita la frattura definitiva.
Adesso autorevoli critici calcistici e commentatori da bar dello sport stanno a discutere sulla positività o meno dell’operazione Ronaldo alla Juve in questi ultimi tre anni, e stranamente si scopre, da quello che si sente e si legge in giro, che contrariamente a quanto avveniva in passato la squadra che per nove anni consecutivi ha vinto in Italia piuttosto che aumentare il numero dei suoi sostenitori ha incrementato quello dei suoi detrattori. Proviamo, quindi, a fare alcune considerazioni: la Juventus con Ronaldo non ha solo acquisito le prestazioni pedatorie di un calciatore ma soprattutto di un influencer, con un’azienda extracalcistica capace di fatturare oltre 100 mln annui. Si è trattato quindi di un acquisto capace non solo di prestazioni calcistiche di alto livello ma di favorire soprattutto la crescita del brand e delle sponsorizzazioni. I vantaggi economici infatti sono stati lusinghieri per diciotto mesi, ma poi il Covid non ha solo azzerato i ricavi precedenti producendo perdite di dimensioni importanti. Dal lato calcistico va registrato che sebbene fosse arrivato in Italia in età avanzata per un calciatore, in tre anni il lusitano ha segnato ben 101 goal e vinto con 29 reti la classifica dei marcatori nell’ultimo anno: un autentico exploit! Un calciatore che in carriera annovera oltre 780 marcature si può collocare tra i più grandi di tutti i tempi.
Ma siamo in Italia! Dove i denigratori seriali abbondano in tutti i settori e perfino nel giornalismo sportivo: in tanti anche tra i critici più accreditati ritengono fallimentare l’acquisto di Ronaldo, perché con lui in squadra la Juventus non ha vinto la Champions League, ma solo due campionati. Sono le solite esagerazioni di parte: come se un solo giocatore potesse sostituirsi a una squadra intera; oltretutto vincere una competizione come la Champions necessita, accanto alla bravura degli attori in campo, della validità degli schemi e delle strategie dell’allenatore, nonché del concorso di una serie di fattori extracalcistici, fortuna inclusa.
Credo, infine, che l’Italia sportiva debba ringraziare il presidente Agnelli, al di là delle fortune o sfortune del suo club, per aver consentito sia agli sportivi italiani di poter ammirare le prodezze di uno tra i due calciatori attualmente più famosi al mondo sia alla serie A del campionato italiano di recuperare in parte il prestigio (calcistico) di un tempo.