Da Platone a Fellini, passando per mio nonno

di Arch. Elio Fragassi (https://www.eliofragassi.it)

 

In questi giorni che non ci si può abbracciare, stringere, baciare, dare le mani ed occorre stare lontani, anche dalle persone più care, mi è tornata alla mente una frase che mi diceva sempre mio nonno Lorenzo: “Le cose si apprezzano quando non si hanno o non si possono fare”. Allora, ragazzino, spesso mi lamentavo rifiutando di fare cose che mi venivano chieste o assumere comportamenti differenti da quanto necessario. Avevo voglia di libertà e il mio egoismo giovanile, spesso, mi faceva entrare in contrasto con quello che mi veniva chiesto di essere. La stessa cosa mi è successa quando andavo a scuola e mi sono scontrato con il comportamento impositivo e le prescrizioni di alcuni insegnanti, fino a quando non ho incontrato, lungo la strada delle mie letture, Platone (427–347 a. C.), e in particolare il passo “La sete di libertà” de “La Repubblica” che, trattando della libertà, recita: “Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.”

 

Facendo, ora, un salto temporale di molti secoli arriviamo al 1979 anno in cui Federico Fellini firma la regia del film “Prova d’orchestra”.

In questi drammatici giorni per tutti noi e per il mondo intero presi dal problema dei contagi del covid19, ho avuto l’impressione che nei primi giorni di propagazione di questo contagio e, in forma minore anche dopo, il comportamento della maggioranza dei cittadini sia stato simile al comportamento degli orchestrali del film citato che così riassumo.

In una vecchia sala attrezzata per le prove i musicisti arrivano alla spicciolata, ciascuno vestito come vuole e, intervistati dalla TV presente per le riprese, ogni strumentista egoisticamente esalta il proprio strumento senza pensare al concetto d’insieme necessario per un’orchestra tanto che durante le prove il direttore è costretto, ripetutamente a fare richiami, ora a questo, ora a quello fino a quando un musicista, con il consenso e il supporto del sindacato si rifiuta di eseguire una prova ulteriore da solista. A seguito di questa contestazione la prova viene interrotta con una doppia pausa. Quando, dopo la pausa, il direttore torna in sala si rende conto che gli orchestrali sono in piena rivolta e ognuno fa ciò che vuole in un clima di piena e completa anarchia, contro la musica, il direttore, il metronomo, gli strumenti stessi con scritte contestatrici di ogni tipo sulle pareti e lanci di oggetti contro le immagini di alcuni musicisti del passato appese alle pareti. All’improvviso, però, dopo alcuni segni premonitori, una enorme sfera grigia d’acciaio prima lesiona e poi sfonda e abbatte il muro della sala mentre detriti, calcinacci e la polvere delle macerie riempiono l’ambiente coprendo strumenti e orchestrali. Alle urla, gli strilli e i rumori assordanti del momento precedente subentra un silenzio di tomba mentre la polvere, lentamente, si dissolve mettendo in evidenza tutto il dramma accaduto. Dissoltasi la polvere ogni orchestrale, con gli sguardi attoniti, laceri, sporchi e impauriti tornano ai propri posti, riprendono gli strumenti e, tutti in piedi, ripuliti gli spartiti e gli strumenti riprendono la prova accettando di buon grado le indicazioni del direttore che prima era stato duramente contestato.

Mi piace, ora, riportare alcune frasi di critica del tempo:

Il Fellini sognatore, visionario, narcisista inguaribile, instancabile raccontatore di sé, … è uscito dal proprio “ego” per dare uno sguardo fuori, alla realtà che ci circonda, mettendoci sotto gli occhi una immagine inquietante dell’Italia odierna. Su questo punto le interpretazioni sono unanimi: Prova d’orchestra è uno specchio del caos nel quale ci dibattiamo affannosamente, senza sapere come uscirne. (Costanzo Costantini, “Il Messaggero”, 12 novembre 1978)” ([1])

Che ci sia di mezzo la politica e che attraverso questa storiella Fellini abbia voluto mettere in scena la situazione di estremo disagio in cui si dibatte l’Italia di questi ultimi anni sembra comunque fuori discussione… metafora dalla quale emergono in una specie di magma ribollente il principio di autorità messo in discussione, l’incapacità e la stanchezza di governare, l’egoismo, l’individualismo, l’inefficienza del sistema democratico, dei sindacati, la protesta scomposta e fine a se stessa, il terrorismo, il caos, la paura, il desiderio dell’ordine e della protezione a prescindere da chi ne sia il portatore… (Enzo Natta, “Filmcronache”, Elle Di Ci, 1979)”([2])

Il vero apologo sulla democrazia tradita è il breve film di Federico Fellini Prova d’orchestra (1979) che riassume l’intero discorso delle responsabilità nel cedimento e nel crollo delle istituzioni democratiche e nella perdita delle libertà politiche (Renato Filizzola, “I film degli anni ’70 – crisi e certezze”, Ed. Paoline, 1980)” ([3])

Giorgio Strehler sul Corriere della Sera del 14 marzo 1979: «amaro, direi disperato e inquietante apologo, questo di Fellini… non potrà non lasciare sgomento chi si pone qualche domanda sul mondo in cui viviamo, sulla qualità di questa Prova d’orchestra che è nostra, che è di tutti i giorni…» ([4])

 

Vorrei concludere questa riflessione cercando di appaiare la conclusione di Platone: “In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia” con la parte conclusiva del film dove “In uno scenario apocalittico di polvere e macerie, il direttore d’orchestra richiama allora gli orchestrali ai loro posti che, ammansiti ed ubbidienti, ricominciano a suonare. Ma il Direttore, nonostante un inizio che sembrava finalmente positivo, ricomincia a inveire contro gli orchestrali prima in italiano poi [mentre lo schermo diventa nero e le immagini scompaiono] in tedesco, con foga sempre maggiore”([5]) con queste parole “…forse è bene ricordare che il rumore non è musica…dove siamo noi qua…sopra un campo di calcio…credete che io sono qua a fare arbitro…dove è andato vostro fiato…tutto perduto in stupide chiacchiere…signori…da capo.”

Mi auguro, passata la tempesta, che non si verifichi né il pensiero di Platone né la conclusione del film di Fellini ma neanche che “…la gallina, tornata in su la via, che ripete il suo verso”([6]) perché questa tempesta ha messo in evidenza “…la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito la nostra agenda, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità “ e “…abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.” ([7])

Quando questo sisma silenzioso sarà passato e ci avrà lasciato macerie sociali, civili, economiche, culturali e politiche sarà bene ricordarsi che ci potrà essere un nuovo umanesimo se, parafrasando Franco Battiato, ci renderemo conto che il re del mondo [che] ci tiene prigioniero il cuore è, ormai, nudo.

[1]() https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/prova-d-orchestra/16368/

 

[2]() Sito sopra citato www.cinematografo.it

 

[3]() Sito sopra citato www.cinematografo.it

 

[4]() https://it.wikipedia.org/wiki/Prova_d%27orchestra

 

[5]() Sito sopra citato wikipedia.org

 

[6]() Giacomo Leopardi: “La quiete dopo la tempesta”

 

[7]() Papa Francesco del 27 marzo 2020

 

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