Salvatore Tommasi, fisiopatologo, clinico e politico
Salvatore Tommasi, fisiopatologo, clinico e politico
di Pasquale Criniti
Salvatore Tommasi (Roccaraso, 26 luglio 1813 – Napoli, 18 luglio 1888) è stato un fisiopatologo, importante rappresentante della ricerca medica nella seconda metà dell’Ottocento e uno dei maggiori esponenti del Positivismo italiano.
Nato a Roccaraso (L’Aquila) da genitori originari di Accumoli, studiò prima nel seminario di Ascoli Piceno e proseguì la sua formazione all’Università di Napoli dove si laureò in Medicina nel 1838.
Nel 1842 fondò una rivista di divulgazione e ricerca medica dal titolo “Il Sarcone”, in onore del celebre medico partenopeo Michele Sarcone (1731-1797).
Nel 1844 concorse senza riuscirne vincitore alla cattedra di Patologia.
Nel 1846 ottenne la cattedra di Clinica Medica a Napoli.
Nel 1848 fu destituito dall’insegnamento per motivi politici per le sue attività antiborboniche.
Fu prima imprigionato e successivamente esiliato per aver fatto parte, come deputato liberale per la provincia dell’Aquila, del Parlamento napoletano frutto delle concessioni date dal sovrano borbonico Ferdinando II.
Costretto a lasciare il Regno delle Due Sicilie si trasferì esule inizialmente in Francia, successivamente in Inghilterra, e infine si stabilì nella città di Torino, dove esercitò la medicina e diede lezioni di fisiologia.
Pur versando in condizioni di estrema povertà, riuscì a contribuire alla vita culturale e scientifica locale, diventando uno dei fondatori della Società delle scienze biologiche (1853-1857).
Nel 1860 dopo l’annessione della Lombardia liberata dalla dominazione austriaca, venne ripagato del suo attivismo politico e scientifico con l’assegnazione della cattedra di Clinica Medica presso l’Università di Pavia, dove ebbe tra i suoi allievi Camillo Bozzolo (Milano, 31 maggio 1845 – Torino, 28 febbraio 1920) che sarebbe diventato il patologo fondatore della Scuola Ematologica Torinese e scopritore della malattia di Kahler-Bozzolo (mieloma multiplo).
Il suo impegno politico a favore dell’unificazione d’Italia lo portò a mediare per conto del governo Cavour tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, e a promuovere l’annessione degli Abruzzi al Regno d’Italia.
Il 13 marzo 1864 venne nominato senatore nel Parlamento italiano per i suoi alti meriti patriottici e scientifici.
Nel 1864 riuscì a rientrare tra i docenti dell’Università di Napoli, ottenendo la direzione della seconda Clinica Medica.
Fece parte di varie commissioni ministeriali per la riforma dell’insegnamento pubblico.
Alla morte di Francesco Prudente assunse la direzione della prima Clinica Medica, cattedra che mantenne fino alla morte nel 1888.
La sua attività scientifica è testimoniata in gran parte dalla sua opera principale, le “Istituzioni di Fisiologia” che vide ben due revisioni, nel 1852 e nel 1860.
In questa opera, che è un vero e proprio trattato di fisiologia, Tommasi incitava i suoi lettori medici a non praticare la medicina come un’arte ma come una disciplina scientifica che doveva avvalersi di tutte le scoperte dell’epoca in ambito empirico e tecnico, e soprattutto di una valida e severa sperimentazione.
Dopo il suo ritorno a Napoli divenne uno dei maggiori esponenti e promotori della teoria evoluzionistica di Charles Darwin e nel 1866 pronunciò una prolusione accademica dal titolo “Il naturalismo moderno” che viene considerata uno dei manifesti programmatici del Positivismo italiano.
Fu anche promotore e curatore di una rivista di Patologia dal titolo “Il Morgagni”, indirizzata al progresso della medicina, che ospitava discussioni e ricerche nell’ambito della patologia.
Fu medico di larghe vedute filosofiche e creò una nuova scuola di medicina, considerando come fondamentale nella ricerca scientifica lo studio e la conoscenza dei processi fisiologici oltre alla conoscenza dell’anatomia, della patologia e della clinica.
Si richiamò agli insegnamenti di Antonio Maria Valsalva, di Marcello Malpighi, di Giovanni Battista Morgagni e di Lazzaro Spallanzani.
Fu un vero seguace della metodologia sperimentale.
Difese il naturalismo contro le accuse di materialismo e non separò mai il concetto di forza da quello di materia.
Riguardo alla teoria darwiniana egli concepì l’evoluzione non come meccanismo cieco ma come progresso e incremento continuo del reale.
In patologia pensava che le malattie dovessero essere studiate stabilendo in antecedenza la cura la quale però, per ogni singolo ammalato, restava sempre una creazione del medico, che doveva conoscere bene le condizioni fisiologiche dell’infermo e per lunga pratica anche le variazioni nosografiche delle singole infermità.
Si interessò anche di psichiatria e di criminologia, e scrisse che “il fisiologo per accostarsi correttamente all’organismo deve appropriarsi del concetto di totalità che comprende la pluralità e l’unità in quanto l’organismo è appunto la coincidenza di molti particolari in una sola individualità”.
Secondo lui, l’educazione morale e scientifica si materializzerebbe nel nostro cervello e pertanto le impressioni fisiche e morali avvertite fin dall’infanzia penetrando nel cervello prenderebbero posto stabilendo le loro relazioni: la coscienza e il sentimento della personalità non sarebbero, in altre parole, che l’espressione della ricchezza e della perfezione dell’organismo psichico che si costruirebbe attraverso l’educazione.
Pertanto, le cause morali capaci di indurre le psicopatie non dovrebbero inevitabilmente provocare qualche alterazione clinica o anatomica dell’encefalo, e in effetti se le psicopatie fossero semplici malattie somatiche risponderebbero direttamente ai trattamenti farmacologici, mentre richiedono invece che si prendano in considerazione “la qualità dell’ambiente morale e gli espedienti educativi”.
La pazzia, tragico retaggio della conflittuale civiltà moderna, sarebbe destinata a un inesorabile incremento statistico “ove una solida istruzione e una savia educazione non ci mettano riparo”.
Come criminologo Tommasi affrontò la cruciale questione dell’impulso irresistibile: “uno stato passionato dell’animo, nel quale la volontà, la riflessione e la ragione vengono meno, in quanto esso si rende a loro superiore, e spinge fatalmente al delitto la persona che n’è invasa. È uno stato di convulsione ideale, è l’epilessia della mente”.
Tommasi, pur riconoscendo che il vissuto psicopatologico può influenzare il comportamento, intendeva prendere le distanze da quanti consideravano i delitti “una fatale necessità” e, in nome della “sicurezza della società”, si scagliava contro “la mitezza delle pene e l’abolizione di fatto della pena di morte”. Tommasi avrebbe voluto “far tacere gli avvocati che oggi invocano la forza irresistibile, e domani invocheranno la mancanza di libero arbitrio” e per questo auspicava una formazione specialistica per i medici chiamati in veste di periti a misurarsi con la legge.
Salvatore Tommasi fu naturalista prima di essere medico e fisiologo, e prima di diventare clinico.
Proprietario di una cospicua biblioteca, la donò per testamento alla Provincia dell’Aquila, che ne fece il nucleo centrale della Biblioteca Provinciale a lui intitolata, la Biblioteca provinciale “Salvatore Tommasi”.