“LA PACE FISCALE” intervista all’Avv. Alberto Amori
di Michela Passerini (Num. Novembre 2018)
In questa intervista Alberto Amori, Avvocato in Pescara, esperto in materia tributaria, ci parlerà della tanto discussa pace fiscale, argomento “caldo” dell’autunno del governo, per aiutarci a comprendere meglio questo provvedimento recentissimo e finalizzato alla pacificazione – definiamola così- tra contribuente e Fisco.
D: Gentile Avvocato, la pace fiscale è un argomento attualissimo. Tolga subito una curiosità ai lettori de Il Sorpasso: è un provvedimento che aiuterà ai cittadini e contribuenti in difficoltà a sanare la propria posizione con il fisco? È un provvedimento che è già legge? Può illustrarci a grandi linee il contenuto?
R: la materia è complessa e specialistica, quindi proverò ad essere quanto più possibile chiaro e sintetico, così da far capire ai lettori cosa è la così detta. “pace fiscale”
In primo luogo, è un decreto legge, precisamente il n. 119/2018, ancora in attesa di conversione, che è stato emanato ad ottobre e che contiene una serie di norme agevolative finalizzate alla “pacificazione” tra contribuente e fisco. Come avviene questa pacificazione? Nelle intenzioni di chi ha emanato il decreto, mediante il ricorso a quelli che noi chiamiamo strumenti di definizione agevolata, cioè strumenti con i quali è possibile definire un’ampia serie di atti che sono emessi dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza durante tutto il procedimento, dalla fase della verifica a quella in cui c’è la presa in carico da parte dell’Agente della riscossione. Per intenderci, dai primi atti che sono emessi quando la Guardia di Finanza o L’Agenzia delle Entrate hanno concluso la verifica, fino alle cartelle di Agenzia Entrate Riscossione, la vecchia Equitalia. Per la stragrande maggioranza dei casi considerati nel Decreto, al contribuente viene data la possibilità di estinguere il debito tributario mediante il pagamento del tributo, evitando di pagare le sanzioni e gli interessi di mora. Sotto tale profilo dunque, è vero che la pace fiscale ripercorre la strada tracciata dai provvedimenti che l’hanno preceduta, che tutti conosciamo come “rottamazione”, “rottamazione bis”, “definizione delle liti pendenti” attuati di recente. Tuttavia, è importante ricordare che la pace fiscale può rivelarsi più favorevole dei provvedimenti precedenti, sia perché si applica ad una serie di atti esclusi dalle precedenti disposizioni, sia perché, e questo è importante sottolinearlo, il contribuente può provvedere al pagamento mediante rateizzazioni molto più lunghe, con conseguente abbassamento dell’importo delle singole rate.
D: Andando nello specifico, quali sono i casi ai quali si applica?
R: Per essere chiaro consentitemi di fare una prima ed utile distinzione. La prima cosa da dire è che quando vengono notificati atti tributari al cittadino-contribuente, oltre alle imposte, il Fisco chiede il pagamento di sanzioni ed interessi, applicando ai contribuenti con questi atti delle sanzioni molto alte che possono arrivare anche al 200% della imposta dovuta! Con questo decreto, in molti casi, è consentito al cittadino-contribuente di pagare le sole imposte, e questo, in realtà, è un bel vantaggio! Facciamo un esempio che mi permette di rispondere alla tua domanda: in Italia abbiamo tributi che sono, diciamo così per semplificare, di competenza dell’Agenzia delle Entrate, quelli erariali, possiamo dire “nazionali”, per capirci: l’IVA l’IRES, l’IRAP, l’IRPEF. Per questi tributi, l’art. 1 del decreto prevede la possibilità di definire il contenuto dei Processi verbali di constatazione notificati precedentemente all’entrata in vigore del decreto stesso. Per essere chiari, si tratta di quegli atti che sono redatti dalla Guardia di Finanza o dall’Agenzia delle Entrate, quando compiono le loro verifiche, entrando a controllare per esempio le imprese e le attività commerciali. Quelli sono i primissimi atti del procedimento fiscale. Si chiamano Processi Verbali di Constatazione.
Che succede? Accade che questi atti, ordinariamente, non sono autonomamente impugnabili, cioè non possono essere portati e contestati davanti ad un giudice. Bisogna aspettare un momento successivo, e cioè che l’Agenzia delle Entrate recepisca quello che in quei Processi Verbali è scritto ed emetta il famoso Avviso di accertamento. Ora, con questo decreto, abbiamo a disposizione uno strumento nuovo: è infatti possibile per il contribuente chiudere il procedimento già in questa fase iniziale, definendo questi Processi verbali di constatazione, purché siano stati redatti e consegnati prima del 24.10.2018. In questo modo, il contribuente paga l’imposta, ma risparmia interessi e sanzioni.
D: Quali sono i vantaggi per il contribuente?
R: In primo luogo, come ho detto, risparmia sanzioni ed interessi. E poi, c’è la possibilità di una importante rateizzazione: il contribuente è comunque ammesso al pagamento dilazionato dell’importo, mediante un massimo di 20 rate trimestrali. Questo vuol dire che si può arrivare a pagare il dovuto in 5 anni. Si può dunque dire che questo è uno strumento pensato soprattutto per le imprese e per i commercianti, visto che sono loro i destinatari delle tanto temute visite della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate!
Passiamo poi all’atto più importante tra quelli emessi dall’Agenzia delle Entrate, che riguarda tutti noi: proprio l’avviso di accertamento. Ai sensi dell’art. 2 del decreto, gli avvisi di accertamento, purché siano stati notificati entro il 24.10.2018, sono definibili risparmiando interessi e sanzioni. Con riferimento in particolare agli avvisi di accertamento, tale definizione deve avvenire entro il 23.11.2018 o, entro alcuni casi, entro un termine maggiore. Anche in questo caso è ammesso il pagamento dilazionato in 20 rate trimestrali.
D: Ho un quesito diretto e chiaro: sono rottamabili anche le somme richieste dalla temuta ed “odiata” Equitalia?
R: Certamente. La pace fiscale riguarda anche le somme richieste al contribuente dall’agente della Riscossione, che prima si chiamava Equitalia S.p.A., ora si chiama Agenzia delle Entrate Riscossione.
Si tratta dunque sia delle cartelle di pagamento, tanto temute, sia degli avvisi di accertamento esecutivi già dati in carico all’Agente della riscossione.
Lasciatemi fare però un’altra precisazione: da un lato abbiamo i “carichi” cioè le somme dovute, che Equitalia o Agenzia delle Entrate Riscossione deve riscuotere, che sono inferiori a 1000 euro. Questi singoli carichi affidati a Equitalia, ora Agenzia delle Entrate Riscossione, nel periodo tra il 1 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010, di importo fino a 1000 euro (comprensivi di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni), sono automaticamente annullati alla data del 31.12.2018. In questo caso, il contribuente non deve fare adempimenti, e non è dunque tenuto a presentare alcuna istanza o dichiarazione.
Invece, i “carichi” affidati dal 1 gennaio 2000 al 31.12.2017, superiori a 1000 euro, possono essere definiti con il pagamento dell’imposta, anche qui, senza sanzioni e interessi di mora.
Per avvalersi di tale forma di definizione il contribuente è tenuto a presentare apposita comunicazione entro il 30.4.2019 e deve effettuare il pagamento per l’intero entro il 31.7.2019. Ma anche qui, è possibile rateizzare, nel numero massimo di dieci rate consecutive, con scadenza 31 luglio e 31 novembre di ogni anno, e dunque nel termine massimo di 5 anni. È importante precisare che, per effetto della dichiarazione di adesione a tale definizione, restano sospese le procedure esecutive, come ad esempio i pignoramenti, già in essere e non possono essere intraprese nuove azioni esecutive.
D: Questa possibilità riguarda anche le somme relative a sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada? Le multe, insomma sono rottamabili?
R: Purtroppo no. Per i carichi relativi a violazioni del codice della strada è previsto unicamente lo stralcio, cioè l’eliminazione, degli interessi.
D: È prevista anche la possibilità di definizione delle cause tributarie pendenti? Se io sono già andato davanti ad un giudice, per chiedere l’annullamento di un atto e quindi sono, per così dire, in causa col Fisco, che succede?
R: L’art. 6 del decreto prevede espressamente la possibilità di definire i giudizi tributari in cui è parte l’Agenzia delle Entrate. In questo caso l’importo da pagare per estinguere il giudizio e chiudere definitivamente il contenzioso nei confronti del fisco varia a seconda del grado di giudizio in cui il contenzioso si trova e dell’esistenza di pronunce non definitive già emesse al momento dell’entrata in vigore del decreto. In linea di principio però anche in questi casi il contribuente – indipendentemente dal grado di giudizio in cui è incardinata la lite- può definire il contenzioso, cioè chiudere la lite, mediante pagamento per intero del tributo contestato, ancora una volta risparmiando sanzioni e interessi. Se poi è già intervenuta una sentenza di primo grado odi appello, favorevole al contribuente, l’importo da pagare è pari rispettivamente al 50 e al 20% dell’imposta originariamente richiesta con l’atto impugnato. Attenzione però: oggi non si può chiudere la lite pendente, per intenderci non si può definire la causa, con gli enti locali, come ad esempio i Comuni. E questo è importante, perché i Comuni sono competenti per imposte come l’IMU, la vecchia ICI, la TARI, la TASI ecc. Ma c’è speranza: infatti i singoli Comuni entro il 31.3.2019 possono decidere se aderire o meno a tale forma di definizione e consentire la chiusura delle liti anche per questi tributi.
D: È possibile definire anche debiti per i quali non è stato ancora notificato alcun atto?
R: In linea di massima si. L’art. 9 del Decreto prevede che il contribuente può presentare una dichiarazione integrativa per correggere precedenti dichiarazioni ai fini delle imposte dirette, dell’IVA o dell’IRAP per le quali, alla data del 24.10.2018 non sia ancora scaduto il termine di accertamento e comunque limitatamente alle dichiarazioni presentate sino al 31.10.2017. In questo caso il contribuente presenta una dichiarazione integrativa entro il 31.5.2019, con la quale può incrementare l’imponibile per non più di 100.000 euro, e comunque non più del 30% rispetto a quanto dichiarato con la dichiarazione originaria. È stata la parte più discussa del decreto fiscale, e gli operatori del settore come me, stanno ancora aspettando che il Ministero fornisca gli opportuni chiarimenti. Per semplificare, se un cittadino/contribuente vuole, può dichiarare al fisco che in un certo anno, ha guadagnato 100.000,00 euro in più di quanto aveva dichiarato, pagando una c.d. imposta sostitutiva, il che è certamente più conveniente che aspettare che sia il Fisco ad accertare l’evasione, con conseguente richiesta dell’imposta originaria, delle sanzioni e degli interessi. Il pagamento deve avvenire entro il 31.7.2019 o, in caso di opzione per la rateizzazione, in dieci rate semestrali.
Dalle ultime notizie sembra tuttavia che tale forma di definizione possa non essere confermata in sede di conversione del Decreto. Non resta dunque che attendere il testo definitivo.
Gentile Avvocato la ringrazio -è stato molto disponibile a rendere quanto più chiaramente possibile argomenti ostici per chi non è del settore poiché per natura particolarmente tecnici e complessi- il suo intervento è di grande utilità, per i nostri lettori, che sapranno farsi un’idea, seppure a grandi linee, delle possibilità a loro offerte dal decreto.