Intervista a Giovanni Damiani

I divieti di balneazione di agosto e settembre 2018 sono scattati per via delle analisi dell’Agenzia Regionale per la tutela dell’Ambiente, in particolare per il superamento dei valori limite dell’Escherichia Coli. Per capire il perché si controllano determinati parametri, e perché scattino certi provvedimenti abbiamo approfondito con il Dottor Giovanni Damiani, il direttore tecnico dell’ente. Il dott. Damiani è un biologo, docente universitario e ricercatore di rilievo nazionale e internazionale, tra l’altro ex Direttore Generale dell’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) ed ex consigliere regionale.

R: Innanzitutto è necessaria una premessa per informare correttamente sulle cose di cui stiamo parlando. Enterococchi fecali ed Escherichia coli sono determinati, per legge, attraverso l’analisi microbiologica. Sono indicatori generici di inquinamento fecale. Escherichia è un batterio che vive comunemente nella parte inferiore dell’intestino degli animali a sangue caldo (uccelli, mammiferi e l’uomo) e viene comunemente evacuato con le feci. Nell’uomo questo enterobatterio è un simbionte, aiuta i processi digestivi e fornisce preziose vitamine indispensabili per la salute. Non possiamo farne a meno. Se questi microrganismi non ci fossero al nostro interno, avremmo severe patologie fino alla morte. Pensate che negli ultimi anni, la cura di talune patologie causate dall’assenza di batteri intestinali (per esempio in individui che avevano assunto antibiotici), sono stati risolti con trapianto di feci prelevate dai genitori o fratelli. Esistono pure forme patologiche di questo enterobatterio, per fortuna abbastanza rare, che non interessano il monitoraggio delle acque potabili né il tema della balneazione e quindi non vengono ricercate nelle comuni analisi di laboratorio stabilite dalle leggi ambientali. La determinazione di E. coli è normalmente effettuata infatti, come nei casi in questione, a prescindere dall’individuazione delle sottospecie e senza riferimento a ceppi batterici potenzialmente patogeni. Allora c’è da chiedersi: perché ricercare batteri “buoni”? La risposta è che l’entità della loro presenza nelle acque è utilizzata come misura del grado di fecalizzazione ai fini della tutela sanitaria dei cittadini. La quasi totalità delle specie di questi batteri non si moltiplica al di fuori degli organismi in cui erano stati ospiti e per nulla negli ambienti acquatici ove hanno vita breve (brevissima in acqua di mare che ha un potere battericida). Nell’ambiente acquatico ne condizionano il tempo di “resistenza in vita” la temperatura, la radiazione solare, la disponibilità di nutrienti, il pH, la competizione con altri organismi acquatici e la salinità. Per queste caratteristiche E. coli è utilizzato quale indicatore di una contaminazione assai recente o ancora in atto.

Un umano emette mediamente attraverso le feci da 10 a 100 milioni di Escherichia coli ad ogni evacuazione. L’unità di misura per Escherichia coli è rappresentata come UFC/100 mL, acronimo che sta per “Unità Formanti Colonie” presenti in 100 millilitri di acqua campionata. Le normative vigenti fissano i limiti di nessuna UFC per le acque destinate al consumo umano, 500 UFC in 100 ml per le acque destinate alla balneazione, 5000 per gli scarichi di acque reflue urbane e assimilate. In Abruzzo per gli scarichi urbani sulle nostre coste 3000 UFC/in 100 ml

D : Il calendario di monitoraggio della Regione Abruzzo prevede 6 campionamenti da aprile a settembre, uno al mese, per verificare lo stato di salubrità della acque marine. Come dimostrato dai 2 campionamenti ravvicinati seguiti al dato fuori limite di Via Leopardi ad agosto a Montesilvano a distanza di due giorni i valori possono cambiare significativamente. Ritiene la frequenza di campionamento mensile sufficiente, anche in luglio e agosto, periodi di alta frequentazione delle spiagge, per garantire una sufficiente certezza della salubrità delle acque? Nel periodo luglio agosto non sarebbe auspicabile infittire la frequenza di campionamento?

R : Il calendario dei campionamenti è fissato, per legge, prima dell’inizio della stagione balneare, proposto dalla Regione e approvato dallo Stato (Ministero della Salute). Esso è redatto sulla base dei risultati dei monitoraggi dell’anno precedente ma si basa anche in senso lato su quelli degli anni precedenti, sulle conoscenze del territorio e in base all’esperienza maturata oramai da molto tempo: il DPR che diede inizio a questi monitoraggi è del 1982 ma in Abruzzo lo abbiamo iniziato sperimentalmente nel 1980 perché il laboratorio di Pescara si offrì tra quelli, volontari, che collaudarono per due anni l’applicabilità di quello che poi divenne il DPR 470/82. Ci lavorai direttamente io e ho continuato per anni. Il posizionamento dei punti di prelievo, più volte perfezionato nel tempo, tiene conto delle strutture fognarie (e scolmatori di piena), dei corsi d’acqua grandi, medi e piccoli (Pescara, Saline, Mazzocco ecc…) delle “cavate” (vale a dire degli scarichi nascosti sotto la sabbia che possono riattivarsi in caso di pioggia), delle correnti marine che spostano l’inquinamento da una zona all’altra, e lo ripeto, dei risultati delle analisi pregresse di oramai quasi quarant’anni di esperienza. Insomma, si controlla ove c’è qualche possibilità di rischio potenziale. L’Abruzzo, coi suoi circa 126 km di costa, ha così mediamente un punto di prelievo per km, collocandosi tra le regioni meglio monitorate. In aderenza alla legge si procede così:

I punti di prelievo storicamente “puliti”, che stanno entro i limiti, vengono controllati una volta al mese; quelli in cui si sono manifestate storicamente criticità vengono monitorate ordinariamente ogni 15 giorni, e se qualcuno di questi, nell’immediato, fornisce valori oltre il limite viene “seguito”, con prelievi nei giorni successivi. Questo richiede un grande impegno di personale e di risorse anche finanziarie: è evidente che più si controlla e meglio è per la gente, ma il livello di controllo attuale è molto spinto ed è difficile ipotizzare che si possa fare di più. In questo campo la perfezione non esiste: si consideri che i risultati definitivi delle analisi sono per motivi tecnici disponibili dopo 48 ore. Tanto dura il tempo dell’analisi. È quindi possibile che quando scatta, in automatico, da parte del sindaco il provvedimento di divieto di balneazione la situazione sia già cambiata completamente. Insomma sto dicendo che i divieti di balneazione emessi in tutto il Paese sono basati sulla situazione di due giorni prima, quella esistente al momento del prelievo del campione. Questo, ribadisco, è inevitabile perché una analisi, affidabile e fatta con metodi ufficiali della Repubblica Italiana, dura 48 ore e tecnicamente i tempi non sono comprimibili. In compenso sono metodiche di analisi che danno il massimo dell’affidabilità di risultato rispetto ad altre più veloci ma incerte.

D: Montesilvano ha 4,6 km lineari di costa e 4 punti di prelievo – Pescara ha 7,71 km lineari di costa e 9 punti di prelievo – Francavilla ha 12,10 km lineari di costa e 7 punti di prelievo – Pineto ha 8,8 km lineari di costa e 6 punti di prelievo – ci sono differenze importanti tra i vari comuni limitrofi in termini di numero di punti di prelievo per km di costa, lei conosce i criteri che hanno portato alla definizione dei punti di prelievo? Ritiene che possano essere rivisti, sempre alla luce della garanzia della salubrità delle acque?

R: Certo che possono essere rivisti, se evolvono nuove situazioni fognarie e fluviali. Quello che è da tenere presente è però che la situazione in mare è estremamente complessa e mutevole, e qualche sorpresa, occasionale, può sempre verificarsi e si verificherà.

L’inquinamento fecale viaggia “a macchie”, e dipende dalla qualità delle acque fluviali, dai venti e dalle correnti (perché spingono o trasportano quelle “macchie” in diverse direzioni), dalla turbolenza (perché il mare piatto o molto calmo è più esposto a farlo durare mentre il mare mosso si purifica in pochissimo tempo,)… Dipende poi molto dalle condizioni di pioggia: quelle intense sono le più indesiderabili perché si attivano gli scaricatori dell’eccesso delle portate. Per quanto ho detto sugli enterobatteri, non è neppure escluso che possa verificarsi, occasionalmente, un abbandono di feci in mare da una barca, o che un bambino le emetta in acque di balneazione, o che possano venire dai gabbiani, e in quei casi si registrerà un risultato negativo temporaneo. A seguire ci saranno controlli nei successivi giorni, che forniranno risultati nella norma. Comunque il grosso del problema deriva dai corsi d’acqua che trasportano contaminazioni di fogne non depurate.

D: Ritiene che i due parametri posti sotto controllo, escherichia coli e Enterococchi intestinali, recependo le direttive comunitarie siano sufficienti per garantire la salubrità delle acque? Lei suggerirebbe il controllo di altri parametri sempre nell’ottica di poter garantire la salubrità delle acque?

R: Sono il miglior compromesso tutela della salute e fattibilità pratica. Vede, se volessimo ricercare ordinariamente, di prassi, non dico tutti ma anche solo una quota significativa di organismi patogeni (salmonelle, enterovirus ecc, ecc. ecc…), occorrerebbero grandi, estesi e costosi laboratori, decine e decine di tecnici specializzati, molti addetti ai campionamenti, insomma tantissimo tempo, tantissime strutture, e tantissime risorse finanziarie. Nessuno se lo può permettere. Allora si ricorre, applicando i principi di prevenzione e di precauzione, all’analisi di “organismi spia”, vale a dire di indicatori biologici. Sappiamo che un determinato patogeno si trova mediamente ogni decine di migliaia o milioni di E. coli. Se, quindi, Escherichia è presente in numero bassissimo o è praticamente assente, possiamo essere sicuri che non possono esserci germi patogeni a propagazione oro-fecale, di sorta. Inoltre si consideri che per causare un’infezione occorre una certa carica batterica…e se quelli fecali sono bassissimi non è possibile che vi siamo patogeni in quantitativi tali per cui tale evento possa ragionevolmente verificarsi.

D: Una parte della amministrazione locale ha spiegato la presenza eccessiva del batterio con una proliferazione dovuta al caldo. È secondo lei ragionevole?

R: E. coli e simili dal momento che non si riproducono in acqua di mare, hanno vita brevissima e hanno poco a che fare con il caldo, quindi se risultano “positivi” (vale a dire ancora vivi) indicano immissioni fecali “fresche”, avvenute talmente recentemente che sono probabilmente ancora in atto. È vero piuttosto il contrario: per mantenere i microbi “in vita” i campioni vengono conservati, durante il trasporto, in contenitori frigoriferi a temperatura di circa 4 gradi centigradi.

D: Alcuni balneatori lamentano l’automaticità con la quale scatta il divieto (al superamento secco del limite), e la sua modalità (divieto di balneazione da punto a punto come se le acque non si mescolassero). Vorrebbero che si agisse dopo un superamento del limite perpetrato in più giorni, e con un divieto più elastico. É possibile cambiare metodo? Lei lo cambierebbe? Se si come?

R: Non c’è altra strada diversa dall’automaticità di un divieto di balneazione, che possa funzionare altrettanto bene. Eppure persino l’automaticità, pur necessaria, sconta limiti di incompletezza: in realtà chiudiamo ai bagni una zona sulla base delle sue condizioni del prelievo di 48 ore prima… e, viceversa, potremmo non accorgerci di situazioni che si verificassero quando non ci sono prelievi. Però i limiti di legge sono cautelativi e la tutela della salute è attuata su scala media come avviene in altri campi: non si controlla, ad esempio, quotidianamente ogni alimento posto in vendita… e neppure è possibile controllare tutti gli automobilisti da parte dei vigili. Il controllo non può mai essere totale ma deve essere adeguato e spinto per quanto possibile perché sia efficace.

D: Lei conosce le situazioni della qualità dell’acqua costiera in ogni località abruzzese meglio di chiunque altro. Cosa suggerisce alle amministrazioni comunali e locali per tendere al miglioramento delle qualità delle acque costiere?

R: I problemi del mare sono molteplici: inquinamento chimico, inquinamento da plastiche e microplastiche, eccesso di prelievo di pesca e metodi di pesca, limi portati in eccesso dai fiumi con conseguente sconvolgimento degli habitat di sabbia etc etc .

Nuoce al mare anche l’inquinamento dell’informazione causato dalla politica politicante e senza scrupoli e dalle false informazioni che circolano sul Web ad opera di pseudo-esperti improvvisati che poi hanno spesso ospitalità nella stampa e nelle TV. Il 2016 è stato l’anno in cui ogni giorno si gridava per intervenute tragedie ecologiche per il mare. È stata prodotta una vera e propria psicosi mentre i dati oggettivi dimostrano che nulla era cambiato rispetto agli anni precedenti, se non…la legge. E che dire delle inventate epidemie tra i bambini e patologie che non trovavano alcun riscontro nelle strutture ospedaliere e tra i pediatri. Furono messe in rete anche bugie clamorose come allarmi per presunti vermi di sabbia morsicatori dei piedini dei bambini.

La questione della balneazione è all’attenzione mediatica solo perché riguarda un’attività economica importante e la nostra voglia legittima di bagnarci in un mare igienicamente sicuro. Però dobbiamo dirci che questo non è certo il problema più importante per la salute ecologica (ed economica) del mare. La legge che regola questa disciplina è infatti una legge sanitaria, che tutela il bagnante e non tutte le forme di vita del mare, e che vede il mare come se fosse una piscina. Per assurdo se buttassimo qualche quintale di varechina in una zona, uccidendo ogni forma di vita marina, microscopica o visibile a occhio nudo, la legge sulla balneazione riscontrerebbe il massimo della positività: assenza totale di microbi fecali. La balneazione è una parte del problema del nostro mare. Si consideri ancora che il mare comincia da monte: quello che facciamo sulla terra, ai fiumi, i rifiuti e gli scarichi che immettiamo nell’ambiente determinano anche lo stato del mare. Esso è uno spazio di vita e non solo una piscina per noi umani. Quindi è lo specchio del nostro modo di vivere, di essere società e di produrre, di spostare persone e merci. In una parola del nostro modello di sviluppo.

Per la nostra balneazione, e quindi per la lotta all’inquinamento microbiologico a mio avviso occorrerebbe:

1 Gestire bene i depuratori in particolare nella fase finale della disinfezione degli scarichi e nella fascia di territorio di circa 15 – 20 km dalla costa;

2 Avviare una politica di separazione delle acque nere fognarie (le uniche da immettere nei depuratori) da quelle bianche meteoriche e superficiali di fossi e torrentelli in passato tombati e trasformati in fogna. I depuratori infatti non possono ricevere ondate di piena durante le piogge: si disattiverebbero per mesi. Così hanno tutti by-pass (autorizzati perché allo stato attuale inevitabili) e quando piove si scarica direttamente in acque superficiali, essendo impossibile depurare quella massa d’acqua. E se in quel giorno il calendario della balneazione ha fissato il prelievo…i risultati negativi sono quasi certi per molti punti. Questo è cambiato con la nuova legge sulla balneazione. La precedente stabiliva di astenersi dal fare campionamenti dopo le piogge…mentre quella attuale fissa le date del campionamento, il cosiddetto calendario, all’inizio dell’anno e per tutto l’anno. Si tratta di rifare tutti i sistemi fognari in doppio (uno per acque bianche e l’altro per acque nere) operazione che comporta una spesa pubblica epocale ma è un’operazione che va fatta nel tempo, ma da subito avviata per quanto possibile: ogni grande viaggio inizia con primi passi. Lotto per questo obiettivo da circa 40 anni e mi è sempre stato risposto che “sarebbe giusto” ma talmente grande e dispendioso da essere irrealistico. Mi domando: in questi 40 anni quante volte sono state aperte le strade per fare o ri-fare fognature? E se avessimo iniziato a separare da allora, oggi non saremmo almeno al 60% della risoluzione del problema?

3 Adottare diffusamente tecnologie naturali di depurazione e, in particolare, i FITODEPURATORI che hanno bassissimo impatto ambientale e paesaggistico, non richiedono energia elettrica né parti meccaniche, hanno una buona efficienza, hanno costi irrisori o nulli di manutenzione, e che sono la soluzione per depurare gli scarichi dalla singola abitazione ad agglomerati di qualche migliaio di persone. Insomma solo la possibile risposta per il governo degli scarichi originati dallo straordinario disordine urbanistico, allacciandosi alle esistenti fosse settiche (Imhoff) che invece la regione ha in corso previsioni e pratiche di smantellamento. Per tutte queste caratteristiche questa tecnologia è “sempre auspicata” dalla normativa vigente…ma nonostante questo è pochissimo attuata in Italia mentre è dilagante in tutti i Paesi industrializzati.

 

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