ANGELA NANETTI E “IL FIGLIO PREDILETTO”

ANGELA NANETTI E IL FIGLIO PREDILETTO

di Erminia Mantini

Sabato 3 febbraio, la libreria On The Road si è trasformata in un piccolo salotto letterario: le titolari, Antonella e Cinzia Buccigrossi, invitano la scrittrice Angela Nanetti a presentare, in anteprima assoluta, l’ultimo suo romanzo, Il figlio prediletto. Alla chiacchierata culturale partecipano Alessio Romano, già alunno della Nanetti, nonché discepolo d’arte e numerosi presenti interessati e partecipi.

Il retrocopertina del romanzo sintetizza: Due storie di resistenza e ribellione ai pregiudizi magistralmente intrecciate tra la Calabria e l’Inghilterra degli anni Settanta e dei giorni nostri. Un romanzo intenso, commovente, di feroce malinconia.

I protagonisti Nunzio Lo Cascio e Annina, sua nipote, non si sono mai incontrati, ma entrambi, pur in modo diverso, vivono lo strappo dalla terra d’origine, la Calabria e, nella città londinese, la lenta, contorta, dolorosa ricerca di una propria identità. Due vite che lottano, come possono, per sottrarsi alla schiacciante violenza di una mentalità che vuole indirizzare, costringere, dirigere; una mentalità ancorata all’etica della ‘ndrina, che, in quegli anni, assumeva aspetti oltremodo spietati, con esemplari, famosi e terribili sequestri.

E la tragedia di Nunzio comincia lì, dove il padre e due fratelli, per punirlo del suo peccato di omosessualità gli hanno spezzato le ossa e frantumato l’anima. Sarà poi spedito a Londra e dichiarato morto in paese, con tanto di finto funerale. Di lui resta solo una foto con tutta la squadra del campionato del ’69, in bellavista nella pescheria dei genitori. Il suo vivere londinese è un muoversi affannoso tra luoghi e persone, tra ricordi, sogni, frustrazioni, passioni, ricadute e speranze, col sottofondo straziante di un affetto perduto per sempre: Antonio, amore mio. La scrittrice entra nel suo intimo, ne scandaglia le emozioni, con una scrittura misurata, senza luoghi comuni, in cui la carica espressiva viene dal sentire e dal saper raccontare. A ciò convergono, con sapiente sinergia, le minuziose descrizioni, come pronte per andare in scena, di ambienti, persone, angoli di città; le anticipazioni, le omissioni; lo scavo sempre più a fondo volto a cogliere le più sottili vibrazioni dell’animo; la rinuncia all’indugio descrittivo degli amplessi; l’uso della metafora, magico strumento di comunicazione, per immediatezza e incisività.

Bellissimo il montaggio di continuità tra Nunzio e Annina: uno squarcio sulla umanità offesa e sul riscatto possibile. Annina, giovane e determinata a sfuggire a un matrimonio imposto, è una creatura coraggiosa e aperta all’avventura. È lei che tiene ancora qualche legame con la terra d’origine, attraverso la nonna Carmela e la madre, così respinta e disprezzata. Tutto è dentro di sé, in quel doloroso peregrinare londinese. Nel finale, il romanzo torna al punto di partenza, perché, come la scrittrice dichiara in una intervista a Il Venerdi di Repubblica:…,ha una struttura narrativa circolare, sciogliendo alcuni nodi e lasciandone altri in sospeso per affidarli al lettore…con un registro narrativo un po’ surreale ….

Angela Nanetti, nata a Budrio, ha insegnato per trent’anni nelle scuole di Pescara e di Montesilvano. È una delle più importanti scrittrici italiane per ragazzi, vincitrice per tre volte del Premio Handersen. Ha scritto più di trenta storie e romanzi, tradotti in numerose lingue, con importanti riconoscimenti. Dal fortunato esordio del 1984 de Le memorie di Adalberto, attraverso L’uomo che coltivava le comete, Mio nonno era un ciliegio, tradotto in nove lingue, e tanti altri, ha costruito gradualmente una ricca varietà di registri narrativi, che le hanno consentito di arricchire e affinare le sue doti creative. Si è quindi cimentata con produzioni per adulti come Il Bambino di Budrio, finalista nel premio letterario Neri Pozza: una mirabile ricostruzione dell’Italia seicentesca, con l’efficace tratteggio di un allievo-prodigio.

Angela Nanetti dispone ormai di un ricco bagaglio, come ama definirlo, che le consente di continuare la delicata esplorazione dell’animo dei suoi personaggi, articolandola su piani narrativi che si rincorrono come onde.

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