Dottor Paris: autismo, iperattività e vaccini
Dottor Paris: autismo , iperattività e vaccini
di Gennaro Passerini
Abbiamo intervistato il dr. Paris, pediatra con una esperienza clinica notevole nel settore dell’autismo e dell’iperattività. Ci ha raccontato qual è il suo convincimento rispetto alle cause scatenanti la sindrome dell’autismo cosa è possibile fare e quando intervenire per evitarla. Una chiacchierata davvero illuminante con un lucidissimo pediatra più che ottantenne. Vi raccomando di leggere tutta l’intervista con attenzione.
D. Buongiorno, dottor Paris, ci racconta il suo percorso professionale?
R. Nasco come pediatra lavorando in clinica pediatrica a Roma, ma la vita della grande città non mi piaceva e sono tornato ad Avezzano, dove un gruppo di genitori coraggiosi, negli anni ‘62-63, a causa di una epidemia di poliomielite, contribuì a creare un centro di riabilitazione; il mio ruolo fu di consulente pediatra.
In quel centro arrivavano oltre ai bambini colpiti dalla polio, anche bambini down o colpiti da cerebropatie spastiche e altre patologie. Nel 1967 vidi per la prima volta in vita mia una bambina con una sintomatologia strana, descritta qualche anno prima da Kanner a Baltimora e da Asperger a Vienna, che in seguito venne definita sindrome autistica. Ma avevo i miei dubbi e poiché la mia caporeparto si era specializzata in neuropsichiatria infantile con Anna Freud a Londra, la figlia di Sigmund Freud, la feci visitare a lei e mi confermò la diagnosi, si trattava di autismo.
All’epoca la soluzione era la psicoterapia o il ricovero e si diceva che la causa fosse dovuta ad una mamma frigorifero e cioè all’assenza di rapporti tra mamma e figlio. Mi sembrò davvero strano perché ero certo che la mamma che io conoscevo fosse quanto di più lontano dalla mamma frigorifero. Per vedere un altro bambino autistico ci misi ben due anni. La bambina mi spronò a prendere la specializzazione in neuropsichiatria infantile.
Da consulente pediatra divenni il direttore del centro di riabilitazione. Dopo 3-4 anni seguii un bambino di Roccaraso e una bambina di Sulmona, entrambi autistici, che andavano a Filadelfia al centro per il pieno sviluppo del potenziale umano diretto tra gli altri dal dr. Delacato. Seppi che Delacato aveva scritto un libro sull’autismo lo lessi e mi trovai subito d’accordo con le sue tesi. All’epoca si recava una volta all’anno in Europa a Colonia e a Barcellona, e in Israele; pertanto decisi di fargli arrivare la proposta di venire in Italia e con mia grande sorpresa accettò. Subito nacque una bella relazione di amicizia e rispetto che mi permise di averlo ad Avezzano con costanza. Per dieci anni, dal ‘73 all’83, avemmo una stretta collaborazione con il dr. Delacato e al centro di Avezzano venivano la maggior parte dei bambini autistici d’Italia. Per questo motivo credo di aver visto più bambini autistici di chiunque altro.
Trent’anni fa si tenne ad Avezzano un convegno sull’autismo intervennero molti colleghi e il presidente dell’associazione degli autistici italiani: in quell’occasione, per la prima volta, parlai della possibilità di fare prevenzione suscitando la sorpresa generale
Mi ero reso conto, nel raccogliere le storie dei bambini autistici, che dal concepimento alla diagnosi, c’erano state sempre degli episodi che potevano far pensare ad una azione tossica sul cervello. Non ho fatto pubblicazioni e ho continuato a fare il clinico e mi sono reso conto che il numero di autistici è andato crescendo sempre più, tanto che si dice che fra qualche anno ci sarà un bambino autistico in ogni classe scolastica. Tutti gli studi più recenti stanno confermando quello che pensavo allora.
Nel 2000 durante un congresso mondiale si è giunti alla conclusione che l’autismo non è una malattia psichiatrica, bensì legata a lesioni e disfunzioni cerebrali, e ora sono quasi tutti d’accordo che l’ambiente può incidere molto.
D. Quando parla di ambiente, cosa intende?
R. Intendo dalle emozioni materne, alle medicine assunte dalla madre, alle anestesie e persino alle otturazioni fatte con l’amalgama (materiale contenente il mercurio) e per terminare l’uso eccessivo e inopportuno nel piccolo lattante di cortisonici, antibiotici, antinfiammatori, e alle vaccinazioni.
D. Vaccini assunti dalla madre o dal bambino?
R. Anche dalla madre. Mi sono capitati in Albania molti bambini figli di madri vaccinate contro il morbillo con un vaccino utilizzato tanti anni fa, oggi non più, che conteneva mercurio.
Sia chiaro io sono favorevolissimo ai vaccini.
D. Mi faccia comprendere, lei afferma che la sommatoria di azioni tossiche ambientali possono facilitare lo sviluppo dell’autismo?
R. Corretto. Oggi si fa riferimento anche al meccanismo e cioè all’azione deteriorata dei neuroni specchio, scoperta tutta italiana. Questi importanti neuroni iniziano a funzionare, ma nel tempo si accumula l’azione tossica e se non si interviene per tempo non si riesce a bloccare il meccanismo del loro deterioramento.
In un bambino altamente sensibilizzato, il vaccino quadruplo può essere la goccia che fa traboccare il vaso. Per questo motivo sono sorte associazioni di genitori che credono l’ autismo sia causato dal vaccino.
Quando ciò accade il vaccino è l’elemento scatenante di una situazione già compromessa, non la causa..
D. Possiamo dire che l’ambiente che ci circonda è responsabile di questa sindrome?
R. Ora ti risponde il pediatra con 57 anni di esperienza, ci sono tre patologie in netto aumento. I bambini allergici, passati dal 5% al 45%, gli iperattivi o con disturbi dell’attenzione in netto aumento ora sono quasi il 20%, per finire con i bambini autistici. Per me sono tutte manifestazioni correlate all’ambiente e forse in futuro si esprimeranno malattie correlate all’ambiente anche in età avanzata. L’epigenetica è la scienza che, comprendendo come l’ambiente influenza il patrimonio genetico, permetterà di trovare il modo di superare queste sindromi.
D. Come si può comprendere che si è prossimi al punto di espressione della sindrome autistica?
R. È molto difficile ma possibile, a mio avviso i pediatri dovrebbero avere una preparazione neurologica molto più approfondita. Se per la diagnosi i pediatri non attendessero i 18/24 mesi, si potrebbero sottoporre i pazienti a cure che contrasterebbero l’azione tossica, senza controindicazioni. Mi riferisco all’assunzione di antiossidanti.
Quando visito un bambino di uno o due mesi chiedo alla mamma di farlo ridere. Già in quella relazione madre figlio ad un mese di età, si può manifestare un primo segnale. A decidere le vaccinazioni, quali e quando farle, dovrebbero essere i pediatri di base, perché solo loro conoscono bene il bambino, nella storia familiare e personale.
Prendiamo ad esempio i lattanti settimini: vengono chiamati a fare il vaccino a tre mesi, quando non sono pronti essendo il loro stadio di sviluppo equivalente a quello di un bambino di un mese, con il sistema immunitario non completo. Oppure è inammissibile vaccinare un bambino a una settimana da una terapia antibiotica o quando non sappiamo se quel bambino può essere allergico.
D. Lei afferma che la vaccinazione va fatta, ma va costruito un piano vaccinale su misura differente per ognuno, piano che tenga conto della storia del bambino, è corretto?
R. Esatto. Se un bambino è nato con parto cesareo e non beve latte materno, al minimo bisogna permettergli di costruire la flora intestinale e bisogna proteggerlo dall’anestesia che ha subito.
D. Quindi l’iperattivo e l’autistico sono due facce della stessa medaglia?
R. Il limite tra l’autismo e l’iperattività non è così netto, si tratta sempre di un problema neurologico. A mio avviso, sono entrambe manifestazioni di intossicazione da fattori ambientali.
D. Qual è l’età ideale per intervenire per evitare la manifestazione della sindrome autistica?
R. Durante il primo anno di vita è il momento giusto e comunque non bisogna andare oltre i diciotto mesi, altrimenti l’azione tossica danneggia irrimediabilmente le funzioni neurologiche. A patto d’intervenire rapidamente è possibile evitare l’espressione della sindrome autistica. Personalmente penso che la causa sia un accumulo di tossine, i famosi radicali liberi, e se li combattiamo con gli antiossidanti le cellule neuronali possono essere recuperate alla normale funzionalità.
D. Non conosco la sindrome autistica, mi spiega quali sono le caratteristiche?
R. I canali sensoriali di un autistico non funzionano bene e il bambino non impara, per esempio a parlare o a relazionarsi, come gli altri. Per esempio alcuni bambini autistici si mettono continuamente le mani sulle orecchie perché possono sentire un rumore fastidioso oppure si fanno una ferita e non dicono nulla perché non sentono dolore oppure stanno sempre ad annusare perché non sentono odore o lo sentono distorto. Questo lo sappiamo perché ci sono bambini che lo hanno scritto o lo hanno comunicato in qualche modo.
D. Come fanno a comunicare?
R. Con la riabilitazione si riesce a farli parlare o scrivere. Se non ci riescono, possono comunicare utilizzando il computer con la comunicazione facilitata.
D. Concludendo: come ritiene possibile arginare la sindrome autistica?
R. È una patologia in grande evoluzione.
Innanzitutto dovremmo tornare a mangiare come una volta. Quando vado al supermercato e vedo quei carrelli, con i bambini a cavalcioni, pieni di dolci, bevande dolcificate come la coca cola, e alimenti preconfezionati, comprendo che sarà difficile arginare la sindrome. Ci sono molti composti che andrebbero eliminati dalla nostra dieta, per esempio il glutammato monosodico che si usa per migliorare la sapidità e che, anche se presente in piccole quantità in molti preparati, nell’uso continuato fa parecchi danni sulla retina e sul cervello. Così anche i bisolfiti o i solfiti, gli acidificanti, i coloranti e gli aromi. Tutti questi composti alterano la flora batterica e, se non funziona l’intestino, non funziona il cervello e di conseguenza tutto l’organismo.
Poi, come già detto, dovremmo evitare l’uso eccessivo di cortisonici, antibiotici, antinfiammatori e anestesie e dovremmo far decidere ai pediatri quando e come vaccinare i bambini.
Sono certo che in futuro l’epigenetica si lascerà l’autismo alle spalle