Grandi e piccoli uomini
di Mauro De Flaviis
Sono a presentarvi il numero estivo con poche energie a valle di una caldissima giornata lavorativa in Val di Sangro, preceduta da un passaggio dalla bella Ortona dei Marsi, dove ho accompagnato mia figlia al campo estivo dello straordinario gruppo scout Montesilvano 2.
I capi scout continuano ogni volta a stupirmi per come riescano gratuitamente e serenamente a servire una comunità, mettendo al centro della loro esistenza l’attività di formatori dei nostri cuccioli. Lo stupefacente è lo stato d’animo gioioso e apparentemente libero da condizionamenti di chi si assume una gravosa responsabilità nei confronti di genitori, sempre più esigenti e probabilmente non disposti a perdonare alcun errore. Personalmente continua ad affascinarmi la serenità di chi antepone la possibilità di costruire il benessere dei cuccioli d’uomo alle proprie esigenze. Io conosco loro e credo siano un gruppo speciale, ma probabilmente anche altri gruppi e altri capi avranno lo stesso approccio. Grandi uomini! GRAZIE!
In questo numero di fine luglio abbiamo voluto affrontare il tema della povertà e della sua accettazione da parte della comunità, perché ci ha profondamente colpito l’atteggiamento di chi ha organizzato una protesta contro l’apertura della “Casa della solidarietà Madre Teresa di Calcutta”, dotata di emporio solidale e sala mensa da 60 posti, gestita dalla CARITAS diocesana. Piccoli uomini. Ci risulta che è stato molto complesso localizzare questo centro, voluto e co-finanziato dalla CARITAS, sul territorio comunale a causa delle resistenze dei quartieri o dei loro rappresentanti in Consiglio Comunale. Vi rimando agli articoli di approfondimento e vi segnalo la mia personale sensazione di smarrimento nel paragonare la ferrea determinazione dei capi scout con la ignavia di chi protesta contro l’apertura della mensa e dell’emporio per i poveri.
Lo scontro tra le posizioni immigrati sì, immigrati no, fomentato giornalmente dai media, sembra essere giunto ad un punto di non ritorno. La nostra comunità è sempre stata caratterizzata da un’elevata tolleranza, tanto da aver integrato negli anni rom, albanesi, senegalesi, romeni, e tanti altri, ma ora iniziano a percepirsi chiari segnali di rigetto. Ne sono un chiaro esempio le due marcie andate in scena di recente. Il non aver governato adeguatamente i fenomeni correlati all’immigrazione ha portato inevitabilmente a una crescita dei sentimenti contrari alla stessa; eppure, come ha ricordato il presidente dell’INPS di recente, l’Italia ha bisogno di immigrati. Ciò perché molte posizioni lavorative non sono appetibili: si pensi ad esempio alle badanti e ai lavori nei campi, per non parlare del bassissimo tasso di natalità italiano.
Ci ha colti di sorpresa la lettera del Primo Cittadino al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Interno e, poiché lo riteniamo un buon tentativo, la pubblichiamo integralmente nelle pagine interne. Riteniamo corretto chiedere pubblicamente al livello amministrativo superiore di svolgere fino in fondo il ruolo di contrasto sul territorio alla presenza di immigrati irregolari.
Abbiamo accettato le non scelte per decenni: è forse arrivata l’ora di fare scelte e accollarsi i relativi rischi. Abbiamo scelto di far entrare chiunque senza opporre uno stretto controllo, tolleriamo gli irregolari sfruttati nei campi e accettiamo l’emissione di decreti di espulsione senza applicarli. Forse dobbiamo cambiare approccio e decidere quanto necessario senza rimandare al successivo organo rappresentativo la decisione?
Senza voler essere estremamente critico appare che a tutti i livelli amministrativi le decisioni impopolari non vengano assunte. Appare che il criterio di valutazione non sia il gestire e risolvere i problemi della comunità, ma sia il possibile consenso da lucrare per vantaggio politico nella successiva campagna elettorale.
Per non rimanere sul vago porto ad esempio la ‘telenovela’ prosecuzione SS16 verso Città Sant’Angelo. Tutti la vogliono, a parole, ma poi nessuno si decide a definire il tracciato con atti tali da mettere l’ANAS nella condizione di realizzare il progetto di dettaglio e cercare i relativi finanziamenti. Ci risulta che ad oggi l’ANAS non abbia mai ricevuto l’accettazione formale o il rigetto, con proposta alternativa, del progetto di fattibilità inviato dall’ANAS al Comune nello scorso decennio. Sarebbe piacevole scoprire se siamo nel torto, ma nessuna decisione è stata assunta e nessun vincolo è stato apposto sul Piano Regolatore Generale a riguardo del tracciato della circonvallazione sulla valle Vestina. A quando assumersi la responsabilità di decidere per il meglio della collettività, accettando di dover scontentare alcuni con i necessari procedimenti di esproprio?
La mia percezione è che non si decida per non scontentare alcuni, ma io ricordo agli amministratori che amministrare correttamente vuol dire fare il bene dei più, non di tutti. Perseguire il bene della collettività vuol dire essere pronti a scontentare alcuni facendosi carico del bene dei molti, e ciò sarebbe probabilmente pagante dal punto di vista del consenso.