Tesoro
Voglio cominciare il pezzo di questo numero con una citazione della studiosa trentina Maria Odorizzi Coraiola del 1979: «Ci sono nomi nella toponomastica di ogni paese che sono nati e vivono per il fascino che esercita sulla fantasia della gente il colpo di fortuna che metta fine a tante situazioni difficili di cui è intessuta la vita degli uomini, o che, comunque, ne cambi in meglio il corso. Questi toponimi, in genere, fanno parte del mondo della leggenda o dell’immaginazione, ma spesso sono giustificati da effettivi ritrovamenti, magari casuali, avvenuti in tempi lontani, di monete o di tesori nascosti in tempi fortunosi di guerre e di fughe. Sono nomi di lunga durata: resistono anche quando sono cadute le illusioni dell’esistenza del tesoro; sono i portafortuna fra i toponimi, per ciò che di allettante suscita il suono del nome, quindi difficilmente vengono sostituiti o storpiati; è più facile che succeda il contrario e cioè che venga lucidato, nobilitandolo, un nome comune qualsiasi (es. crona in corona, resina in regina ecc.).»
Questa riuscita definizione si applica bene al caso di Montesilvano. Abbiamo già visto (Il Sorpasso, n. 2) un esempio di «nome comune qualsiasi» spesso nobilitato: il caso di Coronule e corona. In questo numero parliamo invece di un «nome di lunga durata», sempre per usare la terminologia della Odorizzi, e cioè il nome della contrada Tesoro. Si tratta di un colle situato tra Collevento e Santa Venere, punteggiato da qualche abitazione rurale a guardia della Vestina. Quale tesoro si nasconde nelle viscere di questa collina?
Non possiamo saperlo con certezza, ma tutto porta a pensare che l’origine del nome abbia a che fare con l’effettiva antichità del popolamento della contrada. Negli anni ‘90 gli archeologi della Sovrintendenza di Chieti portarono alla luce resti di un impianto industriale per la produzione della ceramica, anfore in particolare, utilizzato tra il I secolo a.C. ed il V secolo d.C. Furono rinvenuti anche mosaici, dal che si capì che la fornace era situata presso una grande villa. Addirittura il rinvenimento di alcuni bolli permise di riconoscere il nome del proprietario della fornace: Gnaeus Herranius Geminus, il primo ‘montesilvanese’ di cui si conoscano le generalità. Con ogni evidenza, Herranius usava il vicino approdo di Ad Salinas, le foci del Saline, per commercializzare i suoi prodotti.
E’ forse a causa degli oggetti di epoca romana che affioravano dalla terra che le popolazioni succedutesi nei secoli battezzarono quella collina col nome attuale. Non a caso un articolo del Messaggero del novembre 2000 che parlava dei ritrovamenti della Sovrintendenza titolava: «Archeologia: un tesoro romano in contrada Tesoro».
Contrade chiamate «Tesoro» compaiono anche altrove. Ad esempio, senza andare troppo lontano, tra Tollo ed Ortona (CH), proprio in corrispondenza di un antico tracciato viario che collegava le città romane di Ortona e Teate/Chieti. Ma anche a Gamberale (CH) e a Roseto degli Abruzzi (TE) esistono altrettante località chiamte Tesoro. In Molise, poi, esistono diversi ‘Colle Tesoro’. Località Tesoro caratterizzate da tombe antiche, ritrovamenti di monete argentee ed auree, affiorano quà e là anche nel Lazio, in Toscana, in Basilicata…
E’ tutto oro quello che luccica? Difficile dirlo. Ma è certo che mai nessuno studioso ha proposto finora etimologie alternative a quella ‘ovvia’ appena esaminata. Non esiste, a nostra conoscenza, alcun appellativo latino diverso da thesaurum che possa giustificare un toponimo del tipo Tesoro. Ho provato a cercare eventuali significati ‘concreti’ di tensorium, che avrebbe regolarmente prodotto il nostro toponimo, ma non ne ho trovato traccia nei dizionari. Ho trovato piuttosto tentorium nel senso di ‘tenda’, ma da questo avremmo avuto tënzorë, non tësorë. Quanto a tonsorium, che potrebbe essere interpretato come ‘luogo dove si tosano le pecore’, avrebbe dato nei nostri dialetti piuttosto tusorë.
In definitiva, tutto ci obbliga a fantasticare sugli antichi tesori lasciati dal nostro lontano antenato, il sig. Gneo Herranio Gemino.
di Antonio Sciarretta
(autore di Toponomastica d’Italia.
Nomi di luoghi, storie di popoli antichi,
Mursia, 2010)