CON E SENZA (5)
Episodio 5 – La banda delle due ruote
di Emilio Pirraglia
Un uomo si ritrova per animale domestico la sua coscienza. Scegliere di lasciarla a casa o portarla con sé cambia le cose…
Si mise a letto con la testa che gli girava forte. Il fresco ricordo della scenata di Angela e la notizia della morte di Michele gli facevano tenere la mente vigile e il sonno lontano. Chiuse gli occhi. Quasi subito riaffiorò nella memoria quel giorno di tanti anni fa, quando Michele era passato con gli altri a chiamarlo per andare in bici fino al Colle Tagliato. Avevano avuto una decina d’anni non di più. Alex aveva una vecchia bicicletta che gli aveva passato il fratello più grande, passato ormai al motorino. Aveva la forcella coperta di pustole di ruggine e frenava solo con il freno davanti. Erano partiti a razzo, lungo la discesa del quartiere adagiato sulle colline, da dove si vedeva il mare luccicare nel sole di luglio. Erano stati sei o sette bambini, non se lo ricordava bene. Lui parlava solo con Michele, che faceva amicizia facilmente con tutti ed era cercato da tutti. Alex non si spiegava il motivo per il quale quel ragazzo così magnetico, passasse a chiamare proprio lui tutti i giorni.
Lungo la discesa presero parecchia velocità e si misero tutti a pedalare forte. La strada diventò piana all’improvviso, allungandosi in un rettilineo stretto di asfalto. Correvano veloce e il sudore iniziò ad inzuppare le magliette di cotone colorato. Girarono a sinistra, tutti, all’improvviso. Alex sgranò gli occhi e strinse le gambe, si piegò il più che poté. Non fu abbastanza, uscì fuori strada e ruzzolò sopra delle pietre, sbalzato di sella, battendo forte un ginocchio contro una grossa pietra. Gli altri neanche se ne accorsero, furiosi in quella specie di gara per raggiungere il Colle Tagliato. Il bambino si mise a sedere, stringendosi forte il ginocchio in una smorfia di dolore. Non voleva piangere, ma le lacrime iniziarono a rotolare giù dalle guance senza permesso. Guardava, attraverso gli occhi bagnati, l’immagine sfuocata degli altri bambini che si allontanavano senza essersi accorti del suo incidente. Abbassò la testa lasciando andare le lacrime e i singhiozzi. Sentì un tocco sulla spalla, sollevò il mento e vide Michele che gli sorrideva. «Ehi Alex, ma i freni non li usi?» Gli chiese scherzoso. Al bambino il dolore al ginocchio passò di colpo. Ricambiò il sorriso, deglutendo. Si pulì il naso con l’avambraccio. Michele lo aiutò a tirarsi su. Si rimisero in sella e pedalarono insieme piano, per raggiungere gli altri.
Riaprì gli occhi e si accorse di essere tornato al presente. Alcune lacrime avevano bagnato il cuscino filtrando dalle palpebre chiuse. Decise che non poteva starsene nel letto. Si rivestì in fretta. Bevve una lunga sorsata d’acqua da un grosso bicchiere in cucina. Vide Taco accoccolato sul divano, che alzò la testa a guardarlo. «Non riesco a dormire. Vado sotto casa di Michele.» Lo informò Alex. «Vengo con te. – Rispose l’animale scendendo dal divano. – A quest’ora non dovremmo incontrare anima viva.»
Raggiunsero a piedi casa di Michele, camminando sul marciapiede umido di pioggia, illuminato da fiochi lampioni. Una ventina di minuti e furono sotto l’abitazione del presunto suicida. Tutto era tranquillo. Nessun segno di caduta dell’amico dal balcone, lo spiazzale era deserto, c’erano parecchi parcheggi liberi. Si sarebbe aspettato di trovare la polizia, l’ambulanza, una sagoma disegnata col gesso per terra, come aveva visto tante volte in tivù. Niente di niente. Si disse che forse era tardi e ormai anche se moriva qualcuno ci mettevano poco a sgombrare la strada. Mica si poteva intralciare la circolazione, o dare fastidio ai vicini, con scene disgustose di morti suicidi spiaccicati sull’asfalto? La città aveva già inghiottito e digerito tutto. Non poteva dirsi lo stesso per lui.
Fine episodio 5 (…segue…)
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