L’ARCOLAIO (prima parte)
La mattinata era iniziata con un terribile temporale. Cumulonembi, neri più della pece, si rincorrevano nel cielo, si urtavano scatenando orrendi brontolii e vampate accecanti di luce. Il sibilo del vento accompagnava l’incessante scroscio della pioggia, una vera e propria bomba d’acqua. Arianna fu colta dal nubifragio nel traffico caotico, mentre, come ogni mattina, si recava a Piazza di Spagna per raggiungere il suo ufficio nella Maison di Moda più famosa della capitale. La giovane donna era una stilista di talento, si era formata in Accademia e aveva studiato anche teatro. Le sue idee innovative l’avevano portata in breve tempo a dirigere il laboratorio di Design più ambito e seguito nel campo dell’abbigliamento. Fissava il tergicristallo che le suscitava una sensazione ipnotica allucinante. Era in ritardo, riuscì ad arrivare nel parcheggio a lei riservato ma, uscendo dalla portiera, fu travolta dagli ultimi spiovazzi che ingenerosamente la inzupparono dalla testa ai piedi. Entrò nel proprio ufficio cercando di evitare incontri con colleghi, non amava mostrare una sua immagine disordinata e impresentabile.
Era sempre perfettina in ogni sua manifestazione, sia nei riguardi della sua persona che per il lavoro. S’infilò nel bagno, con un asciugamano strofinò i lunghi capelli neri per assorbire l’acqua della pioggia che li aveva resi informi e appiccicosi.
Ritoccò il trucco ma non aveva con sé un ricambio, per etica professionale non era solita indossare abiti che realizzavano in sartoria. Tentò di rimediare con il fohn, quando sentì bussare alla porta. «Arianna, sei qui? Apri, sei desiderata in Consiglio di Amministrazione, c’è aria di promozione!».
La donna si guardò di nuovo allo specchio, era quasi presentabile, tirò un sospiro di sollievo e si decise a uscire dal bagno.
«Grazie, Elena, non so come farei senza di te, avevo proprio bisogno di un buon caffè!».
Con una mano prese la tazza fumante e con l’altra continuò ad allisciarsi la camicetta ancora umida e stropicciata.
Stava già meglio, quella sferzante bevanda le aveva infuso il giusto ritmo, l’aveva riequilibrata e resa di nuovo attiva e propositiva. Era pronta a varcare la soglia della Direzione.
«Buongiorno, ho dimenticato l’ombrello, non avevo sentito le previsioni del tempo, non fissatemi, vi prego, sono molto imbarazzata, non avevo idea che…».
«Si rilassi, la prego, signorina Arianna, lungi da noi l’intenzione di farla sentire a disagio, lei è sempre carismatica e affascinante anche quando viene strapazzata dalla pioggia!».
Il Capo era riuscito a strapparle un sorriso, ora andava decisamente meglio, non percepiva affatto pesanti sguardi inquisitori che la percorrevano dalla testa ai piedi.
«Cara Arianna, non è un mistero il motivo di questa riunione, sappiamo del suo impegno e della sua genialità, in poco tempo hai fatto conoscere con le tue creazioni, il nostro marchio in tutto il mondo. Non possiamo più fare a meno di lei, per questo, il Consiglio di Amministrazione ha deciso di promuoverla a Marketing Manager».
Un fragoroso applauso troncò il discorso del Presidente. Colleghi e dirigenti, desiderosi di esprimere la loro approvazione, si accalcarono intorno ad Arianna per stringerle la mano e abbracciarla. Un colpo secco alla vetrata della porta interruppe le fragorose manifestazioni di stima e di affetto.
«Una raccomandata per lei, signorina ».
Arianna aprì nervosamente la lettera, – questo genere di missiva non promette mai niente di buono – pensò. Lesse attentamente, strabuzzando gli occhi. I colleghi la osservarono in religioso silenzio, qualcuno trattenne anche il respiro!
«Che diavolo vorrà?» «Non tenerci sulle spine, di cosa si tratta?»
Ognuno partecipava con curiosità, le voci si sovrapponevano all’unisono.
«Si tratta di una convocazione presso uno studio notarile in una cittadina abruzzese. C’è scritto solo orario e indirizzo. No, se lo scorda, il notaio, non ho proprio tempo, c’è tanto lavoro da programmare qui».
«La solita stacanovista, ma non sei curiosa di sapere il motivo della convocazione?
Chiama, ci sarà un numero telefonico dello studio».
«Città Sant’Angelo… ricordo di esserci andata da bambina, con mia nonna, a trovare sua sorella. I ricordi sono sfocati, ero troppo piccola, avrò avuto cinque anni! Dopo la morte della nonna non ho saputo più niente di quella prozia».
«Ma allora sicuramente ti avrà nominata nel suo testamento, fossi in te partirei subito!».
«Anche se fosse, sarebbero solo seccature, in questo momento non mi servono altre cose da sbrigare o risolvere.
Ci dormirò su, deciderò domani ».
Arianna ripiegò la lettera, la rimise nella busta, salutò i colleghi che con abbracci e strette di mano le rinnovarono le congratulazioni per la carica dirigenziale che aveva appena accettato.
La giovane donna, finalmente sola nel suo ufficio, rielaborava le parole del suo Capo che le aveva affidato un lavoro di grande responsabilità.
Un sogno, il suo, che si realizzava. Aveva reclinato la testa sullo schienale della poltrona e già iniziava a programmare. I profondi occhi azzurri fissavano il cielo tempestoso che invadeva la stanza dall’enorme parete a vetri. Arianna, come da abitudine acquisita da bambina, avvolgeva ripetutamente una ciocca di capelli intorno al dito. Questo gesto, automatico e compulsivo, la proiettava in una sorta di isolamento creativo, una specie di autoipnosi. Le migliori idee delle sue realizzazioni si materializzavano davanti ai suoi occhi sognanti, come immagini su uno schermo, non le restava che trasferirle con i pennarelli su carta.
Un vento pungente aveva spazzato tutte le nuvole e un pallido tramonto illuminava i cieli di Roma. Arianna aveva deciso cosa fare, arrivata a casa, iniziò a preparare il trolley, la curiosità aveva prevalso sulla razionalità.
Stentò a prendere sonno, con il pensiero cercava di rievocare ricordi di un’infanzia non troppo remota. Le immagini di quei giorni trascorsi in quel borgo abruzzese erano sbiadite, quasi sfocate, le tornavano in mente solo i vicoli stretti tra case in mattoni: un sali e scendi sinuoso che la proiettava in un misterioso passato. Finalmente si addormentò.
Il suono della sveglia fece sobbalzare, come ogni mattina, Arianna che, prima di fare colazione, si preoccupò di chiamare la segretaria della Maison di Moda per comunicare la sua assenza.
«Buongiorno, sono Arianna, mi assenterò per un paio di giorni. Le cartelle con i bozzetti per le sfilate sono sulla mia scrivania. Per qualsiasi problema sarò reperibile sul cellulare. A presto».
Avrebbe impiegato un paio d’ore da casello a casello, il percorso era tutto in autostrada fino a Pescara Nord e poi a sinistra per Città Sant’Angelo.
Aveva studiato il percorso per ottimizzare i tempi, non lasciava mai nulla all’improvvisazione o al caso, la programmazione era parte integrante del suo essere. Durante il viaggio tentò di richiamare alla mente i ricordi del passato ma rivedeva nitido solo il volto della nonna a cui era molto legata: il suo sorriso rassicurante la confortava in ogni circostanza.
Forse, ripercorrendo le strade del paese, rivedendo la casa della zia, le sarebbero riemersi ricordi sopiti dal tempo. Aveva percorso più volte quel tratto di autostrada, conosceva le bellezze del paesaggio abruzzese che, questa volta, non riuscivano a distrarla dai suoi pensieri. Lasciato il casello si trovò a percorrere una strada collinare che attraversava centri commerciali e piccoli gruppi di case, fino ad arrivare al borgo medievale di Città Sant’Angelo. Si era documentata, era andata a leggere sul sito del Comune e aveva appreso che la cittadina era stata classificata tra i Borghi più belli d’Italia, riconosciuta come Città dell’Olio e Città del Vino e aveva ottenuto anche il marchio di Bandiera Verde per l’Agricoltura.
Una autorevole rivista americana l’aveva inserita al sesto posto tra i luoghi in cui si vive meglio al mondo.
– Niente male – pensò, avrebbe respirato e aspirato tutta la magia di un posto incantevole e affascinante che le avrebbe riservato sorprese imprevedibili e gratificanti. Si ritrovò nell’area parcheggio e poi nell’ascensore che la portò in un vicolo stretto che si affacciava sul Corso principale della città. Arianna guardò l’ora, era abbastanza presto, non aveva trovato traffico in autostrada ed era arrivata prima del previsto. L’appuntamento con il notaio sarebbe stato tra un’ora e così decise di fare un giro per il Corso e magari di fermarsi a prendere un caffè. Davanti alla facciata della Collegiata di San Michele Arcangelo senti un brivido e un tuffo al cuore.
Era un déjà-vu, si rese conto di avere avuto la stessa sensazione tanti anni prima: quella meraviglia l’aveva piacevolmente scossa fin da bambina.
L’aria era gradevole e pungente, leggere folate di vento si incrociavano tra i vari vicoli che si snodavano tra le case. Arrivò davanti a un Palazzo a mattoni pieni a vista, con frontoni e aperture coronate. Un bel Palazzo storico che ospitava lo Studio notarile dove era attesa.
«Buongiorno, sono Arianna Campesi »
«Buongiorno, la stavo aspettando»
L’uomo si alzò, le andò incontro porgendole la mano. Un sorriso accattivante la rassicurò, probabilmente si sarebbe sbrigata presto, in tempo per ripartire e rientrare a Roma in serata.
«Signorina Campesi, non è stato facile rintracciarla, la sua prozia non aveva avuto più sue notizie da anni, da quando era venuta a mancare sua nonna. Sono Roberto Saleni, notaio della signora Anna»
«Mi spiace per la zia, nemmeno io, di recente, ho avuto notizie sul suo stato di salute. Mia nonna faceva da tramite e, scomparsa lei, si sono interrotte le comunicazioni.»
«Immagino intuisca il motivo di questa convocazione, si accomodi, la informo più dettagliatamente. Sua zia era una donna sola, senza legami sentimentali ma era molto affezionata alla sorella, aveva intenzione di lasciarle in eredità il palazzo di sua proprietà. Dopo la morte di sua sorella, però, decise di nominare sua erede lei, Arianna, a cui aveva voluto molto bene, e di cui parlava sempre.
Anche se una bambina, le era entrata nel cuore quando veniva a trascorrere quelle settimane di vacanza qui.»
«Lo immaginavo, francamente però non ricordo dove la zia abitasse, sono confusa, non ho idea della casa.»
«Il Palazzo è questo dove ci troviamo, entrando nel chiostro lei si è diretta verso la scalinata di sinistra. Quella a destra invece porta ai piani abitati da sua zia.»
«Fantastico, un palazzo incredibilmente bello non sarà difficile venderlo! »
«Senza dubbio ma prima devo informarla di una clausola del testamento. Dovrà rimanere qui, a vivere in questa casa, per almeno un mese perché possa diventarne la legittima proprietaria.»
«Impossibile, non ci penso nemmeno, è una clausola capestro per me. Solo una mente diabolica poteva architettare un piano così! Avrebbe fatto meglio a lasciare la sua eredità a qualcun altro! Ci rinuncio, mi faccia firmare così riparto per la mia città»
Il notaio, un giovane uomo dai folti capelli scuri, leggermente brizzolati sulle tempie, la guardò con stupore ma abbozzò un sorriso
«Sua zia mi aveva anticipato la sua reazione, perciò mi ha raccomandato di farla ragionare. Intanto l’accompagno a visitare la casa, magari rivedendola le torneranno in mente dei ricordi. Si fermi almeno una notte, non abbia fretta di fuggire, si goda questa nuova occasione che il destino le propone. Avrà modo di riflettere e domani avrà le idee più chiare sul da farsi. Segua il mio consiglio. »
Gli occhi profondi e persuasivi di Roberto la fissarono nel tentativo di carpirle qualche segno di assenso. Arianna percepì che la forza di persuasione dell’uomo iniziava a fare presa su di lei, afferrò la maniglia del trolley e seguì il notaio.
Niente da dire, la casa era bellissima, infondeva un non so che di familiare, un tepore di altri tempi, avvolgente e intrigante. Le pareti erano affrescate con disegni floreali e il soffitto era a cassettoni lignei dipinti. Arianna con emozione, sentiva dissiparsi il velo che offuscava i ricordi d’infanzia, corse a tuffarsi, come faceva da bambina, sul grande sofà ricoperto da decine di cuscini realizzati all’uncinetto.
«E va bene, visitiamo la casa, rimarrò solo una notte però, non si illuda di avermi convinta a restare per il tempo previsto dalla perfida clausola! »
Il notaio poggiò le chiavi sulla consolle dorata, salutò, con un sorriso e un cenno di mano, la giovane donna e la lasciò sola a meditare. Arianna avverti un senso di angoscia e di solitudine, sola, in quella grande casa, si sentiva soffocare dall’atmosfera pregna di emozioni. Afferrò le chiavi, la borsa e corse in strada, aveva bisogno di sentire l’aria tra i capelli e di respirare libera da ogni condizionamento. Nel vicolo, scosceso a gradinata che costeggiava il palazzo, notò dei gatti neri, una decina, tutti uguali, sdraiati a ronfare coccolati dal tepore solare. La donna adorava quelle affascinanti creature, mini pantere dagli occhi dorati e magnetici, l’avevano conquistata fin da bambina: le immagini del passato tornarono nitide, lei che giocava felice con una splendida colonia felina “total black” con accanto un bambino, un po’ più grande di lei, che le tirava affettuosamente le treccine. Si chinò ad accarezzarne uno che, docilmente, si rotolò sul dorso in segno di amicizia. (..continua..)