Italiani brava gente?….
Italiani brava gente?….Per una conclusione
di Raffaele Simoncini
Italiani brava gente? No. Direi proprio no. Tutto ciò che è stato ricordato nei precedenti articoli sul razzismo verso gli emigrati italiani sembrerebbe convalidare il “no” secco e irrevocabile. Particolarmente odiosi sono risultati i pre-giudizi, ovvero i giudizi offerti prima di conoscere realmente come fossero gli italiani emigrati e quali fossero anche le loro qualità umane e sociali. Gli italiani certamente vivevano, nei primi tempi di emigrazione, in condizioni precarie, in promiscuità, raggruppati in tanti entro rifugi di fortuna, spesso sporchi, malsani e maleodoranti, in condizioni igieniche a dir poco insufficienti. Furono particolarmente duri gli inizi della loro permanenza in territori sconosciuti, in mezzo a persone sconosciute, in ambienti di lavoro sconosciuti, nei quali era abituale essere sfruttati. Quel mondo appariva ostile, nemico, opprimente e si tirava avanti, in mezzo a mille difficoltà, pur di mettere da parte qualcosa, che potesse offrire un minimo di benessere e una prospettiva di futuro per le famiglie al seguito o rimaste in Italia. Gli italiani furono anche quelli che manifestarono istintiva violenza, arroganza, tendenza a delinquere, atteggiamenti e comportamenti riduttivamente detti “mafiosi”. Tutto ciò non può essere negato e fu uno degli elementi più pesanti, per dare forza al violento razzismo che si scatenò verso gli immigrati tutti. Si trattava di una parte minima di connazionali emigrati, ma questi risultavano un grave disturbo dell’ordine sociale, in mezzo alla stragrande maggioranza di lavoratori seri e onesti. La sociologia, d’altra parte, insegna che in ogni società organizzata è necessario che vi siano gruppi trasgressivi, più o meno estesi, perché possa essere consolidato il rispetto ampio e condiviso di regole e di valori. Questa, che è una considerazione del tutto condivisa nel mondo delle scienze sociali, non era e non è argomento accessibile ai razzisti dell’epoca e a quelli del nostro presente!!!
Ora torniamo al fatto di cronaca da cui siamo partiti: lo sgombero del palazzo di via Ariosto, a Montesilvano. Che senso ha avuto?
Dal punto di vista pratico, non ha avuto alcun significato: anzi, ha mostrato la superficialità e l’improvvisazione di quella scelta politica. Quelle persone che hanno subito lo sgombero non sono scomparse nel nulla, non si sono eclissate, come ha ampiamente dimostrato la cronaca di questi ultimi mesi: hanno solo cercato e forse trovato una sistemazione diversa, in luogo diverso. Però, dal punto di vista emotivo-razzista, ormai così diffuso nel tessuto sociale degli agglomerati urbani, quello sgombero è stato un atto di “giustizia”: quella gente, infatti, era l’emblema del “male”….Fatte le debite differenze storiche e sociali, quella gente ha avuto il trattamento che “meritava”!!!
Non occorre andare oltre: se si rilegge quanto è su riportato, ci accorgiamo che i “diversi” che sono tra di noi, “quella gente”, subisce le stesse condanne, le stesse umiliazioni, le stesse emarginazioni: insomma, gli stessi abusi toccati in sorte agli italiani emigrati. Le situazioni non possono essere equiparate solo dal punto di vista meramente numerico: i nostri emigranti, nei due periodi storici di massima emigrazione (l’età giolittiana e il secondo dopoguerra), furono alcuni milioni e solo una minoranza rese definitiva e stanziale la propria emigrazione; infatti, in gran parte, i nostri emigranti non restarono all’estero, perché, dopo un po’ di anni di sacrifici enormi, tantissimi tornarono in patria, in condizioni economiche senza dubbio migliori. La situazione attuale dell’emigrazione dai Paesi africani e dal Medioriente è numericamente esplosiva: molti organi di stampa hanno parlato e parlano di “esodo biblico”, riferendosi, in modo improprio, alla diaspora degli ebrei, ovvero alla dispersione degli ebrei e alla loro schiavitù in terre straniere. In effetti, si tratta di una migrazione di milioni e milioni di persone, che non accenna a diminuire, nel corso degli anni. L’Italia, per la sua particolarissima collocazione nel Mediterraneo, subisce in massima parte questo flusso costante di emigranti, con una risposta fortemente insufficiente, riguardo all’accoglienza e all’eventuale “movimento di transito”, verso altri Paesi europei. Su questa insufficienza incidono pesantemente alcune scelte europee assurde – tra l’altro, condivise, nei documenti ufficiali, dalle stesse classi dirigenti italiane!!! – e il diffuso malcostume della classe politica, pronta a trovare il tornaconto economico anche in tragiche situazioni esistenziali.
Tornando al nostro discorso, mi si potrebbe obiettare: come risolvere il problema? Non sono un politico, non ho possibilità di scegliere eventuali strategie, investimenti e forme diverse e “umane” di accoglienza e integrazione, non ho soprattutto esperienza. Probabilmente, il problema non può essere nemmeno risolto, in tempi brevi e in modo definitivo: si dovrebbe pensare a seguirlo, capirlo, interpretarlo e accompagnarlo in modi e tempi che ogni Paese civile dovrebbe saper scegliere e mettere in pratica. Chiudere le frontiere o i porti, far finta di niente – tanto ci deve pensare l’Italia! …– o sparare sui migranti che sono sui barconi (purtroppo, mi è capitato di sentire anche scemenze clamorose di questo tipo! Ce l’immaginiamo se europei, americani, australiani, canadesi etc. avessero scelto di accogliere i bastimenti carichi di emigrati italiani con cannonate?) è la stessissima cosa che sgomberare il palazzo di via Ariosto: molto, moltissimo fumo e nient’altro. Comprendo anche l’obiezione più forte fatta dai razzisti nostrani: ma queste persone vivono nella delinquenza, spacciano, gestiscono il mercato della prostituzione, hanno in mano il gioco d’azzardo, spesso uccidono e altro ancora. Certamente: questo accade, lo si vede, lo si vive, lo si legge spesso sulla stampa o lo si sente in televisione: ma, guarda caso, è proprio quello che veniva imputato agli italiani emigranti, in ogni parte del mondo! Ma tutti gli italiani emigrati non erano così, così come tutti gli emigrati non sono così. Ognuno di noi ne conosce tanti e sa che non è e non può essere così.
La paura del “diverso” è senza dubbio una paura di doversi confrontare con l’altro e di dover mettere in discussione tutti i pregiudizi e le false opinioni. Di questo dovrebbero parlare, con cognizione di causa, gli psicologi sociali, perché l’argomento è di assoluto interesse. Allora, razzismo degli italiani verso gli “estranei” in genere: siamo sicuri che sia completa questa breve ricognizione sul tema? No, direi proprio di no. Facendo una ricerca sul portale della Rai (cosa che è alla portata di tutti, se si vuole….), mi è capitato di ritrovare alcuni filmati e documentari sugli spostamenti di italiani, dal sud verso il nord, negli anni del cosiddetto boom economico, dal 1958 al 1963. Allora ci fu una emigrazione interna di oltre novecentomila persone, prevalentemente verso il Piemonte (seicentomila persone solo a Torino, quasi tutte inserite a Mirafiori) e la Lombardia (trecentomila persone). Particolarmente rilevante è constatare il violento razzismo che gli italiani del nord manifestarono verso gli italiani del sud. Un esempio: cartelli scritti sui portoni delle case: “Non si affitta ai meridionali”. Come si deve chiamare questa forma di razzismo tutto interno al mondo italiano? Non mancano esempi positivi, amore per il prossimo, vicinanza agli ultimi, impegno umano e sociale: tuttavia sono esempi sempre riferibili a una piccolissima minoranza, invisi ai più, in un mare di diffidenza e, ahimè, di ostilità, se non di odio. Dunque: italiani brava gente? No, direi proprio di no.