Lo ius soli per Elizabeth Lee
Lo ius soli per Elizabeth Lee
Ius soli, letteratura e stato della scuola italiana: sono solo alcuni degli argomenti al centro della nostra intervista a Elizabeth Lee, classe 1998, finalista al concorso letterario ‘Scintille di Minerva’. In un periodo in cui si discute di integrazione e cittadinanza, la cultura e l’arte devono fare la loro parte. Elizabeth ci spiega come, insieme a Maura D’Isidoro, docente di lettere presso il liceo scientifico Corradino D’Ascanio
di Andrea Giammaruco
D. Ciao, Elizabeth, e grazie per questa chiacchierata. Penso sia il caso di iniziare a parlare raccontandoci chi sei, le tue origini, quali sono i tuoi sogni.
R. Sono nata qui anche se la mia infanzia l’ho vissuta in Cina. All’età di dieci anni i miei genitori mi hanno riportata in Italia e all’inizio ho impiegato un po’ di tempo per reimparare la lingua. Però già da piccola scrivevo racconti in cinese e, ovviamente, la mia professoressa ha spinto molto per farmi scrivere anche in italiano. Da quel momento ho iniziato a partecipare a diversi concorsi, per esempio arrivando finalista al primo al quale ho partecipato, “Montesilvano scrive”. Ho gareggiato anche nel concorso di poesia “Micol Cavicchia”, vincendo, e naturalmente all’ultimo “Scintille di Minerva”. Ora mi appresto a frequentare il politecnico di Milano.
D. Ecco, questo è particolare. Scrivevi fin da piccola, hai partecipato a diversi concorsi letterari ma hai frequentato il liceo scientifico e ora ti appresti a continuare a studiare materie scientifiche. Come mai questa scelta?
R. Io ho sempre disegnato, fin da piccola. Molto spesso la scrittura serve per esternare ciò che sento mentre percepisco che l’arte è proprio il mio essere. La scelta di fare architettura è però dovuta anche alle esperienze che mi ha fatto vivere il professor Natalucci. Con i suoi metodi di insegnamento ha instaurato in me un forte amore per l’arte, soprattutto grazie alle gite dove ci portava sul campo a vedere gli edifici che spiegava in classe. L’architettura, per me, è un punto di equilibrio tra la mia parte razionale e quella irrazionale.
D. La scelta di partecipare al concorso “Scintille di Minerva” è stata tua o hai avuto qualcuno che ti ha spinta a partecipare?
R. Il professor Marco Tabellione mi ha cercata e mi ha detto: “Per il 20 dicembre devi darmi un romanzo”. Io mi sono chiesta se sarebbe stato possibile scrivere un romanzo in soli due mesi, pensavo di non farcela. Però lui ha insistito. Allora ho ripreso un romanzo che avevo lasciato in sospeso dopo aver scritto solo il primo capitolo, ma ai primi di dicembre ero ancora in alto mare. Tabellione ha continuato a spronarmi fino a quando non sono riuscita a concluderlo e devo dire che alla fine è andata bene.
D. Ma questo romanzo di cosa parla? Cosa ci racconta?
R. Innanzitutto va detto che ha una impronta foscoliana, quindi riprende il tema del ricordo e della memoria. Parla di una ragazza morta che non sa di essere deceduta e viene vista solo dalle persone che portano in loro stesse il suo ricordo. Quando torna nel “mondo materiale” si accorge di come per le persone che lei riteneva importanti fosse diventata oramai invisibile, mentre era ricordata da individui che la protagonista riteneva solo come passeggeri nella sua vita. Questo romanzo è una denuncia nei confronti di una società che troppo spesso dà importanza solo alle apparenze, ma vengono trattate anche altre tematiche.
D. Poiché hai scritto diversi romanzi e racconti, viene spontaneo chiederti se essi contengano diversi elementi autobiografici.
R. Sicuramente sì, anche se il romanzo che mi ha portata a essere finalista al concorso “Scintille di Minerva” non è propriamente autobiografico. La costruzione della protagonista si rifà abbastanza a me, con la sua voglia di partire e di analizzare il mondo con un occhio critico. Però negli altri romanzi sicuramente la mia vita ha fatto da base per lo sviluppo delle storie.
D. Hai già pubblicato qualche romanzo o hai intenzione in futuro di pubblicarne uno?
R. Non ne ho pubblicato nessuno, ma spero di pubblicare l’ultimo che ho scritto. Sicuramente mi farebbe piacere vedere i miei romanzi pubblicati, ma non vorrei diventare una scrittrice solo per vendere i miei libri. Questo è un altro motivo per cui ho deciso di iscrivermi ad architettura, non vorrei diventare una scrittrice solo per fare soldi.
D. Tu sei nata in Italia, ma i primi dieci anni li hai vissuti in Cina. Ultimamente si sta discutendo molto di ius soli. Pensi che sia giusto o ritieni che debba essere più difficile ottenere la cittadinanza?
R. Io la cittadinanza l’ho ottenuta l’anno scorso. Secondo me, per avere la cittadinanza di un paese bisogna avere un forte legame culturale con la nazione in questione. Per esempio, mia sorella è nata in Francia, ma non ha avuto la cittadinanza, perché non è cresciuta lì. Per me non è stato difficile integrarmi, anche perché ero bambina quando venni qui. Però l’aver incontrato due culture mi ha aiutato molto e mi ha aperto la mente, agevolando la mia produzione artistica.
Grazie. Ora vorrei porre un paio di domande alla tua professoressa Maura D’Isidoro.
D. Lei insegna lettere, come le sembra l’attuale situazione del mondo umanistico in Italia?
R. Secondo me, le materie umanistiche stanno diventando un po’ le cenerentole della cultura in Italia. Questo perché siamo portati a seguire i modelli degli altri paesi europei che puntano più all’informatica, alle scienze, e forse è anche giusto così. Ma le nostre radici sono profondamente umanistiche e questo penso sia innegabile. E nella nostra società, dove oramai si predilige il pensiero scientifico, sento voglia e nostalgia della poesia, dell’arte. Sono sentimenti però che vanno un po’ ritagliati, bisogna trovarsi gli spazi per godere delle materie umanistiche. Probabilmente anche l’attuale crisi economica e la sfiducia nei confronti della politica porta i ragazzi a scegliere di seguire la strada delle materie scientifiche, perché potrebbero dare un ritorno economico maggiore. Ci vuole coraggio per scegliere una materia umanistica e portarla avanti, consapevoli che tanti settori saranno preclusi. Le soddisfazioni saranno altre però; io non rimpiango di aver scelto lettere, anche perché la mia professione mi tiene in contatto con la parte migliore della nostra società, i ragazzi.
D. La scuola italiana è sempre al centro di tentativi di riforme da parte dei vari governi che si susseguono. Però quasi mai si parla di cambiare la modalità di scelta dell’indirizzo superiore. La scelta di cosa fare in futuro avviene troppo presto?
R. Ci sono strumenti per cambiare indirizzo, soprattutto al biennio. Sì, sicuramente è più complicato cambiare, ma se un ragazzo si accorge di aver sbagliato la propria scelta va incoraggiato a prendere la sua strada. Facendogli perdere un anno? Magari lo riguadagna dopo. Spesso la scelta viene influenzata dai genitori o dalla tenera età, ma quando si cresce si possono sempre sistemare le cose in qualche modo.