La foto della trisavola (seconda parte)
(… continua) La giovane con determinazione rientrò a Londra, tramite la sua agenzia prenotò un volo per Roma, prese il catalogo dalla libreria, lo avrebbe consultato durante il volo, preparò una nuova valigia per la trasferta in Italia, chiamò un taxi per l’aeroporto. Durante il tragitto informò la madre dei suoi programmi di viaggio ma non le specificò né il luogo né la motivazione. Sull’aereo ebbe modo di confrontare la foto con quella del catalogo di Ashby. L’archeologo l’aveva scattata nel 1909 a Cocullo, durante la Processione dei Serpari dedicata a San Domenico: la data corrispondeva, era proprio la sua antenata. A Fiumicino noleggiò un’auto per raggiungere in autostrada Cocullo. Il paesaggio montano abruzzese era incantevole, il verde delle faggete, il giallo delle ginestre e il bianco del calcare si mescolavano in armoniche cromie. All’uscita di una lunga galleria, improvvisamente apparve Cocullo, un agglomerato di case su un colle nell’alta valle del Sagittario. Il paese svettava su un fondo di montagne ricoperte di boschi.
“ Non male – pensò Emily – ma così diverso da Castle Combe! Come si sarà sentita la trisnonna ad affrontare un così radicale cambiamento?”
In paese trovò uno slargo dove parcheggiare e decise di fare un giro a piedi alla ricerca di un alloggio dove sistemarsi. Tra il sali e scendi delle stradine ebbe un sussulto, il suo occhio allenato da fotografa aveva individuato il vicolo della foto. La casa con blocchi di pietra dietro la donna di destra ora era tutta intonacata e dipinta come pure le abitazioni sullo sfondo ma la struttura architettonica era la stessa. Si avvicinò al portone che di colpo si aprì.
«Buon pomeriggio, ha bisogno di una visita?» Un uomo sulla quarantina si affrettò a chiederle.
Emily scorse la scritta – Ambulatorio Medico – Dentistico – e subito rispose con gentilezza
«Buon pomeriggio, no, grazie, sono alla ricerca di un alloggio ma sto girando a vuoto da diversi minuti e non ho letto insegne di B & B.»
«In paese si affittano solo case per le vacanze ma siamo a pochi giorni dalla Festa dei Serpari e sono già tutte prenotate.»
La fotografa emise un sospiro di sconforto e quasi piagnucolando farfugliò
«Sono venuta da Londra, sono una fotografa professionista, sono qui per rintracciare i luoghi in cui era nata la mia trisavola per conoscere le tradizioni del suo paese d’origine e ora…»
L’uomo prese la foto che Emily agitava nel discorso, la guardò attentamente ed esclamò
«Ma questa è la mia casa! Dove ha preso questa foto, dovrebbe essere dei primi del novecento. Che bella!»
«Era in un baule della mia trisnonna insieme all’abito che indossava nell’immagine, ecco, è la ragazza al centro. Questa foto è stata scattata dall’archeologo Ashby, una simile fa parte della collezione della British School at Rome – continuò con aria triste e sconsolata Emily – non potevo immaginare di trovare una situazione ricettiva sold – out! Dove vado ora? Non conosco il territorio sono completamente disorientata.»
«Mi chiamo Gianni, sono il medico – dentista del paese, se, per te va bene, posso ospitarti, ho una stanza per gli amici, sarebbero dovuti arrivare per la festa del primo maggio ma hanno avuto un contrattempo.» Le tese e strinse delicatamente la mano.
«Mi chiamo Emily, se non creo disturbo accetto volentieri e ti ringrazio immensamente per la cortese offerta di ospitalità. Mia nonna mi diceva sempre che gli abruzzesi sono forti e gentili, non si sbagliava!»
Andarono a prendere la valigia in macchina. La stanza degli ospiti era accogliente, sul letto era poggiata una tipica coperta abruzzese con disegni floreali, tessuta al telaio, alle finestre erano appese delle romantiche tendine lavorate all’uncinetto, in un angolo un grazioso caminetto in pietra e una porticina che immetteva in un inaspettato bagno con doccia. Una vera suite.
«Sistemati con comodo, sarai stanca del viaggio. Quando vuoi mi troverai sotto, in studio, a dopo.»
Gianni era figlio del medico di Cocullo, aveva rilevato lo studio del padre e ristrutturato completamente la casa di tre piani. I genitori erano andati a vivere a Sulmona dove abitava sua sorella. Il giovane amava la sua professione come il suo paese, aveva studiato a Roma ma aveva sempre desiderato tornare a vivere nei luoghi della sua infanzia e giovinezza: ora che era un uomo di trentanove anni si sentiva realizzato.
Emily, dopo aver disfatto la valigia, si concesse una doccia e un riposo rigenerante tra le morbide e candide lenzuola di lino ricamate. Mise in pausa il cervello e si abbandonò tra le braccia di Morfeo.
Il suono di una campana destò la ragazza che, sentendo bussare alla porta, si affrettò a rispondere
«Puoi entrare, Gianni, sono sveglia.»
«Buongiorno! Ieri sera ti aspettavo per la cena ma a quanto pare la stanchezza del viaggio ha avuto il sopravvento sullo stimolo della fame! Sono le otto, devo scendere in ambulatorio, in cucina troverai il caffè pronto e una colazione sostanziosa. A più tardi.»
Gianni le sorrise e richiuse la porta. In paese c’era un viavai di uomini che portavano dei sacchetti di iuta semoventi, si salutavano e ne mostravano vicendevolmente il contenuto. Emily, uscita per una passeggiata esplorativa, si avvicinò incuriosita. Gli uomini le spiegarono che portavano le serpi prelevate nelle loro tane per poterle utilizzare per la processione di San Domenico, dopo averle marchiate per riportarle nel luogo esatto da dove erano state catturate.
«Sono animali innocui, si lasciano accarezzare!» Così dicendo un giovane tolse dal sacchetto un Cervone e lo poggiò sulle spalle di Emily come se fosse una sciarpa. Una sensazione di freddo e di caldo allo stesso tempo pervase il collo della giovane che con stupore si rese conto di non temere la mite bestiola accoccolata come una collana sul suo décolleté. C’era fermento in paese, i preparativi per la festa dei Serpari erano in atto da giorni e con la guida di Gianni, la fotografa ebbe la possibilità di scattare un’infinità di istantanee per un reportage professionale.
I due giovani passavano gran parte delle successive giornate insieme, raccontavano le loro esperienze passate e palesavano le speranze per il futuro. Emily si sentiva rigenerata e propositiva, nemmeno per un istante il pensiero dell’infelice passato le sfiorava la mente, tutto resettato. Nessuno del luogo aveva notizie della trisnonna Concetta, non esistevano documenti in parrocchia da consultare, erano andati distrutti da un terremoto. Emily stava bene a Cocullo, si sentiva a casa, circondata da attenzioni e affetto. Il suo cuore le diceva che non sarebbe andata più via, aveva ritrovato le sue radici grazie all’amore di un uomo gentile e meraviglioso. (fine)



