I FABERGE’E LE UOVA IMPERIALI

 A cura di Giulia Anna Cerretani

I Fabergé erano francesi, ugonotti, che vivevano nel piccolo villaggio di La Bouteille in Piccardia, nella Francia settentrionale, a circa 90 km a nord di Reims. 

Nel XVII secolo il loro cognome nel 1685 era Favri e la loro religione, la protestante. I documenti conservati negli archivi della famiglia Fabergé rivelano che il loro nome cambiò nel corso degli anni cinque volte fino ad arrivare, nel 1842, a Faberge.

Perché i primi Favri lasciarono la Francia? Erano perseguitati per motivi religiosi.

Nel 1598, Enrico IV aveva promulgato a Nantes una legge che concedeva ai suoi sudditi protestanti un’ampia libertà religiosa conferendo così anche agli ugonotti pieni diritti civili. Quando l’Editto fu revocato nel 1685 la Francia perse circa un quarto di milione di cittadini protestanti. La famiglia Favri cercò rifugio prima nella Germania nord-orientale e, nel 1796, Pierre Favri si registrò a Pernau (ora Pärnu) in Livonia – l’attuale Estonia – come Peter Fabrier. Qui sposò Maria-Louisa Elsner e il matrimonio fu registrato in municipio, dove il cognome di Peter era “germanizzato” in Faberg (con la “g” dura): erano i genitori di Gustav.

Pietro e Maria Luisa ebbero quattro figlie e due figli. L’ultimo ad arrivare fu Peter Gustav, nato il 18 febbraio 1814 a Pernau. 

La seconda figlia della coppia, Catharina Jacobine, cambiò il suo nome nel 1826 in Fabergé (preferendo una “g” morbida) quando a sua volta si sposò: è questa la prima volta che il nuovo cognome appariva su un documento ufficiale.

Intorno al 1830 Gustav partì per San Pietroburgo per formarsi presso l’orafo Andreas Ferdinand Spiegel, specialista nel creare scatole d’oro. Terminato il suo apprendistato rimase a San Pietroburgo e nel 1836 ottenne un posto presso la ditta Keibel che produceva gioielli e oggetti in oro e argento e forniva gli imperatori di Russia di spade e bastoni da feldmaresciallo. L’azienda, nel 1841, ottenne il titolo di Orefice di Corte e Gustav si guadagnò il titolo di Maestro Orafo.

La sfida successiva di Gustav fu di aprire una sua gioielleria.

Ciò che Gustav aveva capito è che la vecchia Russia teneva molto ai francesi poiché durante il regno di Caterina l’aristocrazia aveva adottato non solo la lingua francese ma anche la sua cultura: non c’è dubbio che Fabergé fosse molto francese!

La gioielleria che Gustav aprì nel 1842 fu nell’elegante via Bolshaya Morskaya, al piano interrato. Il 1842 fu un anno intenso per Gustav perché si sposò con Charlotte Jungstedt, figlia di Carl Jungstedt, pittore di origine danese e, il 18 maggio 1846, nacque il loro primo figlio, battezzato secondo la tradizione russa Peter Carl Gustavovitch, ma in seguito conosciuto a livello mondiale come Peter Carl Fabergé.

Inizialmente, il giovane Peter Carl fu formato da un impiegato dell’azienda paterna, Hiskias Pendin, di origine finlandese, molto stimato da Gustav che andò in pensione nel 1860 e trasferì a Dresda la famiglia.

Peter Carl intraprese un viaggio di due anni dal 1862 al 1864 in giro per l’Europa, visitando i centri storici dell’arte della gioielleria quali Firenze e Parigi e ricevendo lezioni da noti orafi in Germania, Inghilterra e Francia dove frequentò un corso di specializzazione presso il College Commerciale dello Schloss a Parigi.

Nel 1866, dopo aver completato il suo Grand Tour, Peter Carl, ventenne, ritornò a San Pietroburgo e, per i successivi sedici anni, il maestro operaio di suo padre, Hiskias Pendin, continuò a fungere da suo mentore e tutore.

Peter Carl divenne responsabile a titolo gratuito della catalogazione, del restauro e della riparazione dei tesori d’oro sciti del VII al IV secolo a.C. conservati nell’Ermitage – il museo di corte fondato da Caterina la Grande – e ciò gli permise di studiare le tecniche antiche; in seguito restaurò e riparò gli oggetti d’arte del XVIII secolo presenti nella collezione di corte, comprese le squisite tabacchiere francesi in oro e smalto.

Nel 1872, alla morte di Hiskias Pendin, Peter Carl Fabergé assunse la responsabilità esclusiva della gestione dell’azienda che divenne la più grande impresa di gioielleria del paese. Il negozio più importante e l’ufficio rimasero in via Bolshaya Morskaya, la via alla moda di San Pietroburgo, e presto le sedi in Russia si quadruplicarono, con oltre cinquecento lavoratori e, tra il 1903 e il 1906, nacquero succursali a Parigi e Londra.

Lo zar Alessandro III, dopo aver visto la produzione della Maison Fabergé all’Esposizione Pan-Russa di Mosca del 1882, ordinò che fosse esposta all’Hermitage quale esempio di maestria artigianale russa contemporanea e, nel 1885-1886, commissionò all’azienda un Uovo di Pasqua per l’Imperatrice Dagmar di Danimarca – poi Maria Fëdorovna. Fabergé ebbe il titolo di “orafo per nomina speciale della Corona Imperialeche gli consentì di utilizzare il proprio marchio oltre a quello dell’azienda di famiglia e l’Imperatore ordinò un secondo Uovo di Pasqua l’anno seguente e così fu negli anni a seguire.

Il primo uovo detto Gallina sembra proprio un uovo comune, bianco con smalto opaco, e contiene un tuorlo d’oro con una gallinella ricoperta d’oro e smalti e occhi di rubino, con all’interno una miniatura della corona imperiale e un piccolo rubino ovoidale.

Quando salì al trono il figlio Nicola II furono da lui ordinate due uova ogni anno: uno per la zarina sua moglie, Alice d’Assia e del Reno – poi Aleksandra Fëdorovna, e l’altro per l’imperatrice madre.

Fra il 1885 e il 1917, per trentadue anni, furono realizzate tre Uova Fabergé l’anno, sia per la corte imperiale sia per committenti privati, per un totale di sessantanove uova di cui quarantasei ancora esistenti, e furono utilizzati materiali pregiati e smalti colorati, pietre e metalli preziosi oppure trasparenti.

Le uova si aprono longitudinalmente, trasversalmente oppure ad ante, contengono di solito sorprese: immagini, orologi, giocattoli o altro e sono poste su piedistalli più o meno elaborati. La maggior parte di esse è esposta al pubblico in vari musei del mondo, ma alcune sono conservate in collezioni private come a Monaco presso i Grimaldi o a Londra presso i Windsor.

Con lo scoppio della Grande Guerra ci fu un calo della domanda di beni di lusso e mancarono i metalli preziosi per cui Fabergé produsse anche siringhe e attrezzature per l’esercito, tra cui granate mentre le poche uova prodotte in quel periodo risentono della carenza di materiali di pregio, anche se la fantasia del suo ideatore cercò di supplire con genialità.

Negli anni della rivoluzione d’ottobre, dopo l’uccisione dello zar Nicola II e dell’intera famiglia imperiale nel 1918, la Casa Fabergé fu nazionalizzata, le sue scorte confiscate e Peter Carl Fabergé, travestito da corriere dell’ambasciatore britannico, si trasferì a Pully, il vicino a Losanna, in Svizzera dove, due anni dopo, morì ed è sepolto a Cannes. I suoi figli, Eugène e Alexander, nel 1924, fondarono a Parigi la Fabergé & C. per la produzione di gioielli, oltre che per restaurare gli oggetti appartenuti alla Maison Fabergé: l’azienda operò fino al 1984, quando perse una causa contro la statunitense Fabergé Inc. circa l’uso del marchio.

Dopo la fine dell’impero russo molte uova andarono disperse: alcune furono acquisite dal nuovo governo, altre vendute dentro e fuori la Russia, altre ancora perse o distrutte.

L’imprenditore russo Viktor Veksel’berg nel 2004 acquistò nove uova e le fece esporre nel Palazzo Šuvalovskij, inaugurato come Museo Fabergé il 19 novembre 2013, con numerosi reperti di proprietà degli ultimi Imperatori. Altre collezioni più piccole si trovano in vari musei negli Stati Uniti d’America, nel Regno Unito e in Svizzera e uova sono conservate in Germania, Lichtenstein, Principato di Monaco e Qatar.

Oggi il nome Fabergé continua in tutto il mondo con gioielli ed orologi preziosi.

Attorno alle uova Fabergé ruota la trama di numerosi film in cui uova (realmente esistenti o ideate per l’occasione) sono vittime di furti: Octopussy – Operazione piovra (1983), Ocean’s Twelve (2003), Detective Conan – L’ultimo mago del secolo (1999), The Code (2009) e Quasi amici – Intouchables (2011).

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