La foto della trisavola (prima parte)

   di Vittorina Castellano

Emily era rientrata a casa affranta.  Dopo settimane di lavoro stressante per l’ultima campagna pubblicitaria si augurava di trascorrere una piacevole serata con colui che immaginava sarebbe diventato il compagno della sua vita.

«A giorni partirò per New York, ho accettato un lavoro importante, sarò socio in uno studio legale affermato. L’occasione della mia vita. Non mi sono sentito di rinunciare.»

Emily lo guardò sgomenta e con voce tremante.

«Congratulazioni! Che sarà di noi?»

Una gelida atmosfera avvolse la coppia seduta al tavolo del ristorante. Quella che sarebbe dovuta essere una romantica cena era mutata in un clamoroso addio.

Un pallido raggio di sole filtrò dalla finestra, quasi volesse asciugare il cuscino madido di lacrime. Emily aveva pianto per tutta la notte, aveva svuotato la sua mente, i suoi sogni si erano sciolti nelle gocce salmastre che, copiose, avevano inzuppato il cuscino. La giovane donna, sollecitata dal tepore luminoso, socchiuse gli occhi cerulei, era come imbambolata, si sentiva quasi fluttuare nella stanza, non era immersa in un sogno, aveva le labbra riarse, sentiva il bisogno di un buon caffè. Emily aveva trentadue anni, era una fotografa affermata di una nota agenzia pubblicitaria londinese, aveva girato il mondo per servizi fotografici ma le origini italiane della sua famiglia le imponevano, dovunque si trovasse, un gustoso e corroborante espresso al risveglio. Dopo una doccia purificatrice, la ragazza raccolse i lunghi capelli neri in una coda di cavallo e come colpita da illuminazione, tirò giù dal soppalco la valigia e iniziò ad aprire e chiudere i cassetti dell’armadio per riempirla di tutto il necessario per almeno una settimana. Sentiva il bisogno di estraniarsi dalla routine quotidiana, aveva urgenza di ritrovare il suo equilibrio psicofisico immergendosi nella quiete e nella natura incontaminata. La nonna Maria le aveva lasciato in eredità un incantevole cottage nel paese più romantico d’Inghilterra. A Castle Combe era nata la bisnonna Elena dalla trisavola Concetta che nel 1909 aveva lasciato il suo paese abruzzese, Cocullo, per seguire, per amore, un giovane fotografo inglese. Le donne della famiglia avevano insegnato alle figlie la lingua e le tradizioni del paese d’origine, per questo Emily parlava correntemente l’italiano e amava la cucina abruzzese. Da bambina impastava la farina insieme alla nonna e alla mamma per realizzare gustose fettuccine e maccheroni alla chitarra.

La giovane donna, con la speranza nel cuore, si mise in viaggio di buonora. Il verde del paesaggio si faceva sempre più intenso e variegato, rispecchiando il risveglio primaverile.  Stava già percorrendo la Contea del Wiltshire, di lì a poco avrebbe visto spuntare nel verde i comignoli di pietra dei cottage allineati e addossati gli uni agli altri in un armonico abbraccio architettonico. Emily aveva trascorso tante vacanze spensierate in quel luogo da fiaba che l’aveva, si può dire, stregata: era proprio lì che aveva scattato con la macchina fotografica del nonno, prelevata di nascosto, le sue prime foto naturalistiche. La ragazza guidava adagio per ammirare il paesaggio, erano diversi anni che non si recava a Castle Combe, aveva evitato che dolorosi ricordi la turbassero. Non avrebbe trovato più l’amata nonna e ogni angolo di quel cottage le avrebbe parlato di lei. All’improvviso, dopo una svolta tra gli alberi secolari, come per magia, un romantico ponte di pietra su un rutilante e limpido ruscello, immetteva nel borgo incantato. Sembrava un dipinto: case tutte in pietra, dalle mura al tetto, tutte della stessa forma, con comignoli svettanti dai vertiginosi spioventi, tutt’intorno prati e macchie di boscaglia scrupolosamente curati. Un paesetto molto affascinante. Girò la chiave nella toppa, il cuore le pulsava a mille, un odore penetrante di lavanda inebriò la ragazza. La vicina di casa, che si prendeva cura del cottage, informata del suo arrivo, aveva provveduto alla fragrante accoglienza. Non era cambiato proprio niente, c’era ancora il solito divano con i coloratissimi cuscini realizzati dalla nonna all’uncinetto, posizionato davanti al grande camino. Il pavimento in pietra contrastava con enormi travi e la scala in legno rustico che conduceva al ballatoio della zona notte. Entrò nella camera da letto, il profumo di lavanda era ancora più intenso aprì la finestra per respirare un fresco soffio di vento. Stava già meglio, aveva voglia di mangiare una fetta di dolce che sicuramente la gentile vicina le aveva preparato. In cucina intriganti effluvi sovrastavano ogni altro odore: sul ripiano in pietra del tavolo era in bella mostra la torta di mele con la cannella, una caraffa di tè allo zenzero e limone e una romantica tazza con cuoricini, la sua preferita fin da bambina. Emily aveva inviato un messaggio alla madre per informarla che il viaggio era andato bene e poi aveva spento il cellulare. Non voleva avere contatti con un mondo che in quel preciso momento della sua vita, sentiva ostile, avvertiva il bisogno di staccare la spina e rigenerare l’autostima resettando il passato recente. Decise di ispezionare ogni stanza del cottage, voleva assorbire emozioni visive e tattili. In fondo al ballatoio scorse sul soffitto una botola con un gancio, ricordava di aver visto un’asta uncinata nel ripostiglio, corse a prenderla e provò a tirare lo sportello. La botola si aprì mettendo in mostra una scala in legno allungabile che la ragazza fece scivolare fino a toccare il pavimento. Non era mai salita nel sottotetto, a dire il vero non ne sapeva dell’esistenza, non aveva mai visto i nonni aprire quella botola. Riaccese il cellulare per farsi luce, non sapeva come fosse l’illuminazione in soffitta. Scoprì un nuovo mondo. Trovò l’interruttore, fece luce e tra scatole e vecchie valigie notò un antico baule di legno. Provò ad alzare il coperchio che dopo una lieve pressione si sollevò. Emily, curiosa ed emozionata, affondò le mani nella cassa e si rese conto che conteneva abiti femminili tradizionali abruzzesi, pacchetti di lettere avvolti nel nastrino rosso e diverse foto un po’ sbiadite dal tempo. Lo spirito della fotografa prese il sopravvento, scese nel soggiorno e alla luce naturale iniziò a osservare attentamente quelle immagini. C’erano foto di sposi, di bimbi e altre persone del passato, tanto caro ai bisnonni. All’improvviso Emily sobbalzò, si trovava tra le mani un’istantanea che aveva ammirato più volte nelle mostre antologiche dedicate a Thomas Ashby. L’archeologo inglese dal 1901 al 1923 viaggiò in Abruzzo scattando migliaia di foto, descrivendo minuziosamente, in tal modo, un ambiente spettacolare e incontaminato, cogliendo le solide tradizioni e i profondi valori morali di una civiltà composita dalle dimensioni antropologiche straordinarie. Sollevò a favore di luce la foto degli sposi, era molto scolorita ma il suo occhio esperto le fece percepire una palpabile somiglianza della sposa con la ragazza in abito abruzzese che sfilava in processione per le vie di Cocullo. Quella giovane donna doveva essere la sua trisavola che, dal racconto della nonna, aveva seguito per amore un giovane fotografo inglese. Probabilmente quell’uomo era un compagno di viaggio di Ashby che dopo aver fotografato la ragazza ha regalato una delle istantanee al suo amico che provava un certo interesse per lei. Emily stringeva delicatamente la foto tra le dita, aveva paura di rovinarla, non riusciva a crederci, per anni aveva studiato i contrasti di luce e ombre su riproduzioni di foto di Ashby esposte nelle Mostre e ora ne contemplava una originale. Fremiti di gioia e commozione la scuotevano mentre continuava a fissare la foto, aveva l’impressione che le donne avanzassero lentamente con lo sguardo magnetico verso l’osservatore. Percepiva quasi il rumore ritmico dei passi e le giaculatorie recitate sottovoce in processione. La magia di quell’immagine aveva teletrasportato la ragazza nel tempo, si sentiva lì, dietro un obiettivo, pronta a immortalare le donne in posa. Emily decise che doveva indagare per saperne di più. L’archeologo inglese era stato in diverse occasioni in Abruzzo e in tempi diversi, in studio aveva un catalogo con tutte le date degli scatti effettuati nelle varie località, aveva bisogno di trovare quella della foto della trisavola per verificare che corrispondesse con la data del trasferimento della trisavola in Inghilterra. (continua…)

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