Arsenale delle conoscenze

di Elio Fragassi (https://www.eliofragassi.it/)

 

Non molto tempo fa, avendo necessità di verificare alcune idee su un argomento d’interesse mi sono recato in biblioteca per consultare dei testi che potessero confermare o smentire le mie idee sull’argomento.

Ricordando le mie frequentazioni partite negli anni ’60 del ‘900, continuate con gli anni universitari, ed anche dopo fino al primo decennio del corrente secolo; mi sono preparato a fare lunghe attese sia per avere i testi e i giornali da consultare, sia per la ricerca di un posto adatto alla lettura.

Sorpresa 1. L’ampio luogo dei cataloghi cartacei (dove era necessario fare la fila) è risultato completamente vuoto. Incuriosito chiedo al personale addetto il motivo. Egli, senza scomporsi, mi dice che le schede cartacee sono superate e mi cerca il testo su una postazione p.c. dove hanno scaricato e memorizzato i vecchi cataloghi cartacei.

La darsena della cultura si è presentata priva dei lavoratori.

Sorpresa 2. Preso il testo da leggere mi reco verso la sala di lettura passando per il locale dell’emeroteca vuoto. Entrato nella sala grande di lettura vedo la presenza di sole tre persone che, invece di libri sul tavolo e voltare le pagine per leggerli, trafficano con mouse e tastiera di p.c. portatili. L’aula è vuota, il fruscio del voltare le pagine completamente assente; mi ritrovo da solo a leggere e sfogliare le pagine del libro che, essendo fresco di stampa, tende a richiudersi. L’immagine della biblioteca, come arsenale culturale, che avevo cominciato a frequentare negli anni ’60 del secolo scorso, col suo brusio di sottofondo dei pensieri che agitano le menti dei frequentatori, era, ormai, estinta.

La locuzione virgiliana “mens agitat molem” ([1]) è sostituita dalla moderna operazione del “mouse scrolling page”.

Lo scorrere veloce delle pagine senza fatica conduce il lettore a perdere di vista il proprio universo interiore, la sua sensibilità culturale, le sue caratteristiche riflessive di operatore critico per divenire soggetto passivo di molte e, spesso, contrastanti informazioni come le fake news. Diversi anni fa, infatti, ad un esame di stato uno studente nel presentare la sua tesina alla commissione disse: “l’ho tutta scaricata da internet”, ma ne ignorava i contenuti. Aveva fatto la stessa inutile operazione di come acquistare un libro, best-seller, e porlo in bella vista, nello scaffale senza aprirlo o, come minimo, leggerne l’indice.

Allora mi chiedo: A che serve oggi una biblioteca?

Oggi il sapere e la cultura si apprendono (anche con le notizie false) sui social e su una marea di siti presenti su internet. La biblioteca, come emerso dal racconto di questo mio accesso di cui sopra, è un mucchio di libri vecchi (anche se ordinati e catalogati), impolverati (perché nessuno li tocca), pesanti che spesso puzzano di vecchio e/o di stampa. Per leggerli devi girare le pagine, non hanno link ma note a piè pagina con riferimenti bibliografici consultabili su altri testi e un indice da leggere e capire.

Sui social e sui siti di internet trovi subito tutto, senza spostarti, pulito, senza la fatica di girare le pagine (che non si possono richiudere) e con un semplice click attivi un link che ti porta altrove, puoi scorrere avanti, dietro, a destra e a sinistra semplicemente sfiorando lo schermo o muovendo il mouse senza fatica.

Poi basta mettere una parolina, pigiare un tasto o fare click ed ecco subito che, magicamente e senza fatica lo strumento ti restituisce tutto quello che cercavi. Ora, in più, con i programmi della cosiddetta “intelligenza artificiale” ti risolve problemi, ti scrive testi, relazioni, musica, sviluppa tesine, disegna ecc. ecc.

Mentre questi strumenti diventano sempre più potenti e capaci il nostro motore mentale è sempre più misero e meno pronto al discernimento tanto da farsi condizionare, facilmente, da “influencer” e “tiktoker” dimenticando completamente la lezione che Dante espresse, con alcuni versi, nel canto V del Paradiso “. . . se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate, e non pecore matte”([2]).

Peccato, però, perché se è vero che “. . . la creatività si identifica, in gran parte, con il coraggio di ragionare . . .”([3]) come sosteneva Albert Einstein, è anche vero che per ragionare abbiamo bisogno di conoscenze decantatesi nella nostra mente.

Poiché ragionare significa “Servirsi della ragione per riflettere, pensare, argomentare con rigore logico”([4]) la riflessione, la discussione o l’argomentare sono possibili solo se si hanno conoscenze. Siccome le conoscenze non si trasmettono con il DNA, vanno acquisite mediante un percorso faticoso e lungo che si chiama “studio”. Lo studio è, quindi, un atto, un uso del tempo, un’applicazione del pensiero intesa ad acquisire saperi e conoscenze che differenziandosi e differenziandoci l’uno dall’altro ci fa unici e diversi. Lo studio, pertanto, ci fa ricchi della nostra individualità e della nostra unicità di pensiero perché l’uniformità appiattisce e mortifica mentre la ricchezza; specialmente quella dell’intelletto risiede nella diversità e non in una squallida uniformità di pensiero unico e dominante (vedi tiktoker e influencer).

Peccato che lo “scrolling page”, attuato tramite uno strumento informatico mediatore, non ti fa capire nulla perché, come analfabeta di ritorno, saltando da un link all’altro leggi ma non capisci. In compenso hai scaricato un “sacco di informazioni” di “cose importanti”, di “notizie rilevanti e significative” che sono le conoscenze umane ottenute con fatica di pensiero sedimentatesi, con il tempo, nei manoscritti e nei libri a stampa delle biblioteche come arsenali delle conoscenze. Lo “scrolling page” porta a ritenere, erroneamente, che “più informazione” faccia “più conoscenza” dimenticando che la “conoscenza” è “La facoltà di intendere e ragionare” ([5]). Ma “intendere” significa capire e “ragionare” significa saper svolgere un processo mentale, spesso, faticoso. Infatti “Degli insegnanti raccontano di essersi accorti che alcuni studenti usavano il chatbot dal fatto che i loro scritti erano diventati poco originali e assai carenti dal punto di vista del pensiero critico”([6]).

E qui casca l’asino.

In realtà avere “più informazione” (ciò che trovi velocemente, in abbondanza e senza fatica sui social e sui siti internet) non significa ottenere “più conoscenza” ma affidarsi ai virtuali. . . cantieri delle illusioni intellettuali e culturali.

In ogni modo sia chiaro:

Io non sono contro la tecnologia ma contro ogni forma di abuso, contro ogni forma di eccesso, contro un uso stupido e stolto, quindi potenzialmente pericoloso, contro ogni forma di delega in bianco alla tecnologia, contro ogni riconoscimento di “dominus” in questa società avanzata che tende, sempre più, ad umanizzare le macchine e macchinizzare l’uomo.

 

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Mens_agitat_molem

[2] https://www.edu.lascuola.it/edizioni-digitali/DivinaCommedia/data/files/m2_3/para_05.pdf

[3] http://rivistamatematica.pagine.net/ProgettoAlice-online-preview/files/basic-html/page98.html

[4] https://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/R/ragionare.aspx?query=ragionare

[5] https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=conoscenza

[6] https://www.ilpost.it/2025/03/31/chatgpt-intelligenza-artificiale-scuola/

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