La legge n. 16 del 2025 della Regione Toscana: il suicidio medicalmente assistito (prima parte)

   di Dario Antonacci*

Il tema del suicidio medicalmente assistito è stato oggetto di provvedimento normativo da parte della Regione Toscana, la quale è stata la prima regione italiana in cui si è concluso positivamente l’iter che ha portato all’approvazione di una norma finalizzata alla disciplina delle modalità organizzate ed operative per l’accesso alle procedure del suicidio medicalmente assistito.

Il primato della Regione Toscana nel legiferare su un tema così importante e delicato assume rilievo ancora di più se si pensa, per contro, all’inerzia del legislatore nazionale il quale, per l’appunto, nonostante le recenti statuizioni della Corte Costituzionale (si v. sentenza n. 242 del 22 novembre 2019 e n. 135 del 18 luglio 2024) non ha adottato alcuna norma in tal senso volta a regolamentare la materia del suicidio medicalmente assistito, lasciando, peraltro, spirare inutilmente il termine concesso dalla consulta al legislatore per adoperarsi in tale direzione nel rispetto dei limiti e delle condizioni comunque imposte dalla medesima Corte Costituzionale.

La norma adottata dalla Regione Toscana che si occupa di legiferare in ordine alle modalità organizzative per la procedura di accesso al suicidio medicalmente assistito è la legge n. 16 del 2025 recante norme in materia di Modalità organizzative per l’attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024 promulgata in data 14 marzo 2025 e pubblicata in data 17 marzo 2025 sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana (B.U.R.T.) n. 18.

Un primo aspetto da tenere in considerazione è rappresentato, senza ombra di dubbio, dalla competenza legislativa delle regioni rispetto al legislatore nazionale nella materia del fine vita.

Ebbene, occorre ricordare che tra le materie di competenza esclusiva dello Stato vanno considerate quelle di cui all’art. 117, comma 2, lettere “l” e “m”, della Costituzione vale a dire rispettivamente quelle relative all’ordinamento civile e penale nonché quelle inerenti la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale

Invece, per quanto concerne le materie di competenza regionale concorrente in questa sede assume rilievo l’art. 117, comma 3, della Costituzione che attribuisce alle regioni competenza legislativa concorrente relativamente alla tutella della salute.

In ordine alla competenza delle regioni a legiferare sul tema del fine vita sono sorti non pochi dubbi, tuttavia, nella norma stessa, viene espressamente prevista la clausola di “cedevolezza invertita” in ordine alla definizione dei principi fondamentali visto che – come si legge dal preambolo della norma stessa e, quindi, dalle considerazioni iniziali – il provvedimento normativo in parola riconosce la propria cedevolezza rispetto ad una successiva normativa statale che regoli la materia, fissandone i principi fondamentali.

Ciò con il chiaro intento da parte del legislatore regionale toscano di fugare ogni dubbio in ordine agli aspetti relativi alla competenza e, dunque, con la conseguenza che, un eventuale e futuro intervento normativo da parte del legislatore nazionale finalizzato alla definizione dei detti principi fondamentali della materia, andrebbe a prevalere sempre rispetto alla norma regionale n. 16 del 2025 della Regione Toscana.

Ma vi è di più.

Invero, l’approvazione della legge in oggetto è intervenuta anche a seguito di ulteriore vaglio.

Infatti, in riferimento a tale provvedimento normativo è stato richiesto vaglio di conformità al Collegio Regionale di Garanzia Statutaria di verifica di conformità allo Statuto della Regione Toscana a seguito della quale il Collegio adito – deputato a valutare eventuali violazioni statutarie della Regione Toscana – con la deliberazione n. 2/2025 del 11 marzo 2025 ha dichiarato che la legge recante norme in materia di Modalità organizzative per l’attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024 non presenta violazioni statutarie e che, dunque, è conforme allo Statuto della Regione Toscana.

Prima di analizzare il contenuto della norma regionale in parola è opportuno procedere per gradi.

In quest’ottica pare doveroso prendere in considerazione le due pronunce della Corte costituzionale che hanno trattato il tema del suicidio medicalmente assistito.

Invero, la Regione Toscana con l’approvazione e l’attuazione della legge in oggetto ha voluto dare piena attuazione alla tutela della dignità della vita della persona nel rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana e in conformità alle leggi dello Stato, garantendo, anche nella fase terminale della vita, l’assistenza necessaria nel rispetto della legge n. 38 del 2010 – recante Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore – nonché, all’interno delle strutture pubbliche, il sostegno e, quando richieste, l’assistenza spirituale o laica.

All’uopo la Corte costituzionale con la sentenza n. 242 del 2019 ha individuato una circoscritta area in cui l’incriminazione per aiuto al suicidio, ex art. 580 del codice penale, non è conforme alla Costituzione.

Nello specifico, alla luce della statuizione della consulta da ultima menzionata, la predetta area di non rilevanza penale risulta tale allorquando l’aspirante suicida si indentifichi in una persona “(a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche e psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli.”

La stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 135 del 2024, inoltre, ha evidenziato come non possa esservi “[…] distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può pretendere l’interruzione, e quella del paziente che, per sopravvivere, necessiti, in base a valutazione medica, dell’attivazione di simili trattamenti, che però può rifiutare.”

Nondimeno, la Corte costituzionale, nel pronunciare le statuizioni appena sopra richiamate cita espressamente la legge n. 219 del 2017 – recante Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento – la quale prevede che il paziente può già decidere di lasciarsi morire chiedendo l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sottoposizione a sedazione profonda continua, che lo pone in stato di incoscienza fino al momento della morte, decisione che gli operatori sanitari e, in particolare, il medico sono tenuti a rispettare.

A ciò si aggiunga che, nell’ambito della sentenza n. 242 del 2019, la Corte costituzionale ha altresì ritenuto che la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio e delle relative modalità di esecuzione debba restare affidata, in attesa dell’intervento legislativo, a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale e che, a tal fine, debba essere acquisito il parere del comitato etico territorialmente competente, in linea con quanto già stabilito in altre precedenti pronunce, relative a situazioni analoghe.

È così che si sono delineati i cosiddetti principi orientatori statuiti dalle decisioni della Corte costituzionale volti a fissare le condizioni di non punibilità dell’assistenza al suicidio.

In realtà, la Corte costituzionale ha assolto una essenziale funzione di orientamento del legislatore – sia esso regionale che nazionale – il quale dovrebbe attenersi a tali dettami nel regolare le procedure di accesso alla pratica medico sanitaria del suicidio medicalmente assistito nonché in riferimento a tutti quei vincoli e a quelle cautele che l’organo di giustizia costituzionale ha fornito nel supremo interesse di rispetto dei principi espressamente contenuti nella carta costituzionale nonché nel parimenti supremo interesse della tutela dei soggetti in chiara condizione di vulnerabilità.

La norma regionale in analisi serve a definire i tempi e le modalità inerenti alla procedura indicata dalla Corte costituzionale e, dunque, a eliminare eventuali residui di incertezza e problematicità rispetto all’erogazione di una prestazione sanitaria suddivisa in più fasi, dalla verifica delle condizioni alla verifica delle modalità di autosomministrazione del farmaco che possa garantire una morte rapida, indolore e dignitosa.

I tempi e le procedure rappresentano, infatti, elementi fondamentali affinché la facoltà riconosciuta dalla Corte costituzionale sia efficientemente fruibile, accedendo a condizioni di malattia, sofferenza ed estrema urgenza.

Con ciò, tuttavia, non si apre la strada all’eutanasia.

Invero, la pratica eutanasica che sta ad indicare l’atto di procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte a chi ne faccia esplicita ed espressa richiesta consapevole e libera e, quindi, l’uccisione di un soggetto consenziente in grado di esprimere la volontà di morire.

L’eutanasia è espressamente vietata dall’ordinamento giuridico italiano tanto che tal tipo di condotta ha rilevanza penale tenuto conto delle previsioni contenute dagli articoli 579 – omicidio del consenziente – e 580 c.p. – istigazione o aiuto al suicidio.

Fermo restando quanto sopra detto appare doveroso delineare la differenza tra la pratica medico sanitaria del suicidio medicalmente assistito e quella eutanasica.

Orbene, entrambe sono accomunate della volontarietà della pratica e, al contempo, procurano la morte di un soggetto.

Tuttavia, il suicidio medicalmente assistito, a differenza dell’eutanasia, è l’atto con cui si pone fine alla propria esistenza, in modo libero e consapevole, mediante l’autosomministrazione di dosi letali di farmaci da parte di un soggetto che viene, giustappunto, assistito medicalmente da un operatore sanitario e, dunque, da un medico.

Nondimeno, l’eutanasia non necessita della partecipazione del soggetto che ne fa richiesta mentre il suicidio assistito prevede la partecipazione diretta e attiva del soggetto suicidario.

In sostanza, l’eutanasia è posta in essere direttamente da un soggetto terzo, vale a dire il medico mentre nel suicidio medicalmente assistito il soggetto terzo si limita ad assistere preparando il farmaco letale che il paziente poi assumerà direttamente per conto proprio.

Analizzato l’iter che ha portato all’adozione del provvedimento normativo di cui si tratta è ora opportuno entrare nel merito della norma stessa.

Preliminarmente giova evidenziare che la legge promulgata si manifesta molto più articolata e dettagliata rispetto a quella che era l’originaria proposta di iniziativa popolare, anche perché nella versione definitiva il legislatore regionale tiene conto pure, fra le altre cose, di aspetti concreti e applicativi già emersi nella quotidianità della pratica medico sanitaria. (continua….)

 

 

*Cultore della Materia in Diritto Notarile nell’Università degli Studi di Bologna

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